giovedì 11 settembre 2008

La ribellione all'armistizio

Da

La ribellione all'armistizio



Ai primi di settembre del 1943 c'erano in armi non meno di 13.000 paracadutisti di tutte le FF.AA. suddivisi fra la "Nembo", la più consistente unità in armi della specialità, la costituenda Divisione Paracadutisti"Ciclone" che do­veva sostituire in organico la perduta "Folgore" immolatasi ad El Alamein, le Cp. Arditi Paracadutisti 101^, 111^, 121^, 122^, 131^,132^ del X° Rgt. Arditi, il Btg. NP del Rgt. S.Marco della Marina, il Btg. "Adra" della Regia Aeronautica. Questi reparti erano operativi o in fase addestrativa e di ricostituzione e risultavano così dislocati: 184^ Div. Par. "Nembo" - Sardegna (ad eccezione del 185° Rgt.e dei reparti complementari fra Livorno, Firenze, Pistoia); 183^ Div. Par. "Ciclone" (4 Btg. e 1 Gr. Art.) - Viterbo, Tarquinia, Firenze (Scarperia); Cp. Arditi Paracadutisti del X° Rgt. fra Santa Severa, Bosa Marina e Roma; Btg. NP S. Marco - La Spezia, Puglia, Sardegna, Minturno e Viterbo; Btg. "Adra" fra Tarquinia e Centocelle.
L'unico reparto che si trovava direttamente impegnato in combattimento 1'8 settembre, era il 185° Rgt. Par. della "Nembo" dislocato in Calabria, a contrastare l'avanzata delle unità britanniche sui contrafforti dell'Aspromonte. Ed è dalle vicissitudini del 185° Rgt., che inizia la storia dei paracadutisti della RSI.
Inviato in Sicilia a seguito dello sbarco alleato nel mese di luglio, il 185°, comandato dal Col. Giannetto Parodi e composto dai Btg. 3° (Cap. Edoardo Sala), 8° Bis (Cap. Gianfranco Conati) e 11° (Cap. Luciano Della Valle), rinforzato dalla Cp. c/c da 47/32 e dalla Cp. Comando e Servizi con un organico di circa 1.600 paracadu­tisti, doveva svolgere azioni di sabotaggio nelle retrovie alleate, frazionato sui contrafforti dell'Etna o nella cate­na delle Madonie, ipotesi questa poi abbandonata dai superiori comandi per obiettive difficoltà di impiegare, oc­cultare, alimentare e coordinare l'azione di guerriglia di un così grosso reparto e dall'iniziato contatto fra il Governo Badoglio e gli alleati per ottenere un armistizio.
Traghettato in Calabria, con grosse difficoltà derivanti dai bombardamenti e mitragliamenti alleati sullo stretto di Messina, il 185° ora al comando del Magg. Angelo Massimino, che aveva sostituito il Col. Parodi, ri­masto ferito a Messina con una ventina di paracadutisti da un'esplosione che aveva anche causato la morte del Cap. Caforio e di altri paracadutisti. Rimaneggiato nei comandi dei dipendenti battaglioni, il reggimento si tra­sferiva quindi sull'Aspromonte dove contrastava ai primi si settembre lo sbarco di unità britanniche, e specifica­mente della 1^ Div. Ftr. canadese. Combattimenti di retroguardia si svolsero poco prima dell'armistizio, ai Piani di Milea, a S.Cristina, ai Piani Alati, a Pian dello Zillastro, a Platì, dove il mattino dell'8 settembre mori in un corpo a corpo, il Cap, Ludovico Picolli de' Grandi dell' 8° Btg., caduto assieme ad altri paracadutisti, contro i ca­nadesi del Rgt. "Nuova Scozia". Questi, in numero preponderante, riuscirono a frantumare la compagine del bat­taglione, il cui comandante Cap. Conati, venne catturato dopo dura lotta assieme ad un gruppo di paracadutisti
in gran parte feriti. La ritirata proseguì sulla rotabile per Cittanova - Mongiana - Cardinale - Soveria Mannelli e fu in prossimità di quest'ultima località che la notizia del­l'armistizio fu appresa dagli italiani e dai soldati tedeschi della 29^ Pz-Gr. Div. che si ritiravano sulle strade della Calabria in lunghe colonne motorizzate forti di numerosi mezzi corazzati e artiglieria pesante. Il consuntivo della tragica giornata era stato molto pesante: il 185° era rima­sto frazionato su almeno 30 Km. di strada, il suo reparto più provato - l'8° Btg. - era stato in parte smembrato, po­chi i superstiti scampati alla cattura, molti gli sbandati nei boschi dell'Aspromonte, numerosi i caduti, i feriti, i pri­gionieri. L'Il° Btg. del Cap. Della Valle era nei pressi di Cardinale e il 3° Btg. del Cap. Sala, in posizione avanza­ta, sostava a Soveria Mannelli. Nella sua marcia di ripie­gamento sulle strade della Calabria, il 185° Rgt. "Nembo" era stato inserito fra i reparti del 31° Corpo d'Armata (Gen.Camillo Mercalli) con sede di comando a Soveria Mannelli, che aveva a disposizione la Div. Ftr. "Mantova" e le Div. Cost. 211^, 212^, 214^, 227^ reparti e servizi, gruppi e unità autonomi. L'annuncio dell'armistizio generò profondo smarrimento morale in tutti i reparti; per la mancanza di ordini dai superiori comandi, il proseguimento o meno delle operazioni di guerra con le unità inglesi che seguivano e tallonavano a breve di­stanza il ripiegamento del 31° Corpo d'Armata. I tedeschi, presenti con la 29^ Pz-Gr. Div. (Gen.Fries) e più a nord, verso la Campania, con la 26^ Panzer Div. (Gen.Von Luttwiz), alla notizia dell'armistizio, cercarono di frapporre la maggiore distanza possibile dalle avanguardie britanniche, per portarsi velocemente verso le spiag­ge di Salerno dove gli alleati stavano sbarcando con 4 divisioni (Operazione Avalanche).
Il giorno 9 la ritirata proseguì. Gli animi erano tesi e turbati, le coscienze lacerate, ma a scuotere i dubbi e a schiarire le menti intervenne la realtà della guerra che continuava implacabile. Nei pressi di Tiriolo la lunga colonna di camions italo-tedeschi venne improvvisamente attaccata da aerei alleati e mitragliata a lungo con più passaggi rasoterra che causarono morti, feriti, incendi ed esplosioni. Quel giorno si decise la sorte del 3° Btg. edell'11°, ormai divisi materialmente su due strade opposte. L' 11° Btg. (comandante il Cap. Della Valle) applicò nella forma più ortodossa le clausole armistiziali: decise di attendere gli eventi senza rivolgere le armi nè contro i tedeschi, nè contro gli alleati. Il 3° Btg. del Cap. Sala decise diversamente. A breve distanza era accampato un reparto corazzato della 29^ Pz-Gr. Div. comandato dal Magg. Ziegler. Questi invitò il Cap. Sala ad un colloquio per conoscere il suo punto di vista sull'armistizio, anticipandogli confidenzialmente, di aver ricevuto ordini precisi di disarmare le truppe italiane nel caso avessero frapposto intralci alla ritirata dei reparti tedeschi. Il Maggiore Ziegler propose poi a Sala di continuare a combattere contro il comune nemico e Sala si riservò di rispondere do po aver interpellato, nella stretta osservanza della gerarchica militare, il suo diretto superiore Magg. Massimino. Egli si recò pertanto a Soveria Mannelli, ma non ebbe la possibilità di parlare con il comandante di reggimento, che era per ispezione fuori sede.Tornò allora all'accanto­namento del suo battaglione e volle conoscere il pensiero dei suoi paracadutisti. Parlò dell'armistizio, di cosa rap­presentava per il soldato italiano una pagina così infaman­te, delle conseguenze che sarebbero ricadute un giorno sull'Italia e sul giudizio che gli altri popoli avrebbero dato su tale disonorante comportamento, parlò di alleanze, di coerenza etica, di onore militare, della mancanza di ordini e dei doveri che in simili circostanze un capo deve assu­mersi. Il battaglione, unanimamente, decise per la conti­nuazione della guerra al fianco dell'alleato germanico. Intimamente sollevato da tale collettiva decisione, il Cap. Sala tornò nuovamente al comando e, non trovando ancora il Magg. Massimino, spiegò, scrivendo in un biglietto con­segnato all'aiutante maggiore Cap. Manfredi, i motivi che lo avevano spinto a prendere la decisione: "Sig. Maggiore, il nemico non deve avere le nostre armi e noi le portiamoin salvo perchè alla Patria possono ancora servire e la nostra vita anche. Per l'onore d'Italia. Cap. Edoardo Sala. 9 settembre 1943 - ore 22". La sera stessa il Cap. Sala comunicava al Magg. Ziegler la sua decisione di respingere la resa incondizionata, di continuare a combattere il nemico di sempre, di mantenere fede all'alleanza. In quei giorni alcuni paracadutisti del 3° Btg. che passavano per le strade di un paesino calabrese, trovarono abbandona­ti a terra in quanto ritenuti inutili, alcuni rotoli di nastro per decorazioni; li raccolsero e li portarono al Cap. Sala. Uno di questi nastri colpì l'immaginazione dell'ufficiale per i suoi significativi colori: al centro il nero, ai bordi il tricolore. Da quel giorno quel nastro che rappresentava visivamente il dolore e il lutto dell'Italia per la pagina disonorante della sua storia, divenne un simbolo di riscossa, un pegno d'amore, un impegno morale consacrato dalla significativa frase già scritta dal Cap. Sala sul biglietto lasciato al comando di reggimento: Per l'Onore d'Italia. Ciascun paracadutista del 3° da quel momento, ebbe un pezzo di nastro tricolore da portare sul braccio sinistro dell'uniforme al di sotto del piccolo paracadute dorato. Quel semplice motto,voluto, pensato e realizzato dal Comandante Edoardo Sala, completato dalla data infausta - 8.9.1943 - divenne un simbolo sorto spontanea­mente in quei tragici giorni dell'armistizio, e doveva divenire più tardi, un impegno d'onore per tutti i soldati della RSI.
Gli avvenimenti accaduti in Calabria ebbero un aspetto parallelo a quelli che i paracadutisti degli altri reggi­menti della "Nembo" vissero in Sardegna.
Nell'isola era stata dislocata sin dall'estate, la Divisione "Nembo" al comando del Gen.Ercole Ronco. L'unità aveva preso il posto della "Folgore" nell'organico dell'esercito italiano e contava nel suo ordinamento 3 reggimenti di paracadutisti: 183°, 184°, e 185° (dislocato quest'ultimo in Calabria), il 184° Artiglieria e reparti minori, con una forza, al 31 agosto 1943, di 6.400 paracadutisti e 1.200 uo­mini dei servizi. Suddivisa in gruppi tattici d'impiego e gruppi mobili d'intervento, la "Nembo" era stata assegna­ta dal Comando militare dell'isola quale unità di manovra assieme alla Div. Ftr. "Bari" in previsione di eventuali sbarchi nemici, ed operava tatticamente assieme alla 90^ Pz.Gr. Div. (Gen.Lungerhausen). Le forze tedesche nel­l'isola assommavano a circa 24.000 uomini con 120 can­noni e 165 mezzi corazzati. Numerose esercitazioni tatti­che in comune fra i granatieri corazzati e i paracadutisti del­la "Nembo" avevano suggellato vincoli di affiatamento, creato emulazione o reciproco rispetto nell'ambito di un so­lido cameratismo e di una identica finalità: la difesa di un'i­sola italiana al centro delle minacce d'invasione degli an­glo-americani. L'annuncio dell'armistizio provocò grande emozione in tutta la "Nembo", generando una comune vo­lontà di respingere il vergognoso voltafaccia, soprattutto dopo che una pattuglia di paracadutisti catturò i componenti di una missione militare americana comandata dal Gen.Teodoro Roosevelt paracadutata in Sardegna per prendere accordi con il comando dell'isola circa l'arrivo di reparti dell'USAAF sugli aeroporti del Cagliaritano. Il 12° battaglione del 184^ Rgt. ruppe ogni indugio per pri­mo e il suo comandante Magg. Mario Rizzatti, informò per telefono il Gen.Ronco della sua decisione di non sot­tostare agli ordini di Badoglio e di continuare la guerra al fianco dei tedeschi, lui che, suddito austriaco, nella pri­ma guerra mondiale aveva disertato dall'esercito imperiale austriaco per combattere in quello italiano, era stato condannato a morte dall'Austria, mentre un suo fratello era stato imprigionato per gli stessi motivi ideali. In un e­stremo tentativo di convincere Rizzatti a recedere dalle sue decisioni, il Gen.Ronco si recò a Serramanna senza però ottenere alcun risultato. Il colloquio, a volte fraterno e drammatico, a volte minaccioso e suadente, si chiuse con questa frase di Rizzatti: "Non desidero rimanere in attesa del nemico che ho sempre combattuto in questa guerra. Generale, lasciatemi morire per la mia Patria." Non restò altro al comandante della "Nembo" che tornare al comando di Villanova Forru dove altri fermenti minacciavano di minare irreparabilmente la compagine divisio­nale. Furono arrestati dai CC.RR. il Col. Tantillo, vicecomandante della "Nembo", già valoroso comandante del 186° Rgt. della "Folgore" ad El Alamein, il Ten. Col. Ademaro Invrea comandante di raggruppamento, e numero­si ufficiali, sottufficiali e paracadutisti rei di aver manifestato contro l'armistizio. Vennero successivamente di­sciolti: il 184° Rgt. Artiglieria, il Btg. 10° bis, la 284^ Cp. Ciclisti, il Gruppo corazzato "Cadeddu", la 186^ Cp. Mista Genio e ristrutturati i restanti reparti. Rizzatti col suo 12° Btg. un centinaio di parà del 13° Btg. rinforzato da una batteria del 184° Rgt. Art. e da un plotone Mortai da 81, si unì ai tedeschi della 90^ Pz-Gr. diretti verso i porti d'imbarco della Sardegna settentrionale.
A questo punto si inserisce in quei drammatici giorni dell'armistizio badogliano, la dolorosa vicenda della morte del capo di S.M. della "Nembo", Ten. Col. Alberto Bechi Luserna, già valoroso comandante del 4° Btg. della "Folgore" a El Alamein, che nell'estremo tentativo di recuperare il II Btg. "Rizzatti", si fece accompagnare da 3 ca­rabinieri armati di mitra che avevano ricevuto precise istruzioni di sparare ad un suo ordine qualora avesse incontrato resistenza. La vettura Fiat 1100 del comando divisionale con a bordo Bechi Luserna, raggiunse nella serata del 10 il bivio di Borore a S.Lussorio, sulla S.S. 131 "Carlo Felice" dove venne fermata da un posto di blocco di paracadutisti comandato dal Serg. Magg. Nicola Monno e dai Cap. Magg.Onorio Bisegna e Benedetto Cosimo, i quali avevano ri­cevuto dal Cap. Alvino l'ordine tassativo di non far passare nessuna macchina per nessun motivo. Il posto di blocco aveva anche il compito di fermare e requisire autoveicoli militari in transito sulla SS. 131 per sopperire alle necessità di trasporto del Gruppo Rizzatti. La Fiat 1100 mimetica con capote abbassata, venne fermata dai paracadutisti, ed il Col. Bechi, una volta riconosciuto, chiese di parlare con il maggiore Rizzatti, in quel momento assente, invitando un paracadutista a rintracciarlo. La macchina a lento moto, superò con forza l'ostruzione avanzando per una trentina di metri, seguita ai lati dai paracadutisti allarmati dal movimento e sul chi vive mentre arrivavano altri paracadutisti at­tratti dal movimento con i tenenti Orbani e Grimani, cui si aggiunse poco dopo il Cap. Alvino avvisato della presen­za del Ten. Col. Bechi. Ci fu un breve, burrascoso colloquio fra il Col. Bechi e il Cap. Alvino sopraggiunto nel frat­tempo e i paracadutisti.
Ad un tratto il Cap. Alvino cercò di impedire con la mano destra l'intenzione del Col. Bechi di impugnare la pi­stola, mentre con la mano sinistra afferrava contemporaneamente la canna del mitra sollevata dal carabiniere seduto sul sedile posteriore lato destro (dietro al Bechi) dalla cui arma partiva una raffica deviata verso l'alto. Alvino sorpreso dagli spari, indietreggiava e incespicava su un mucchio di pietrisco posto da un lato della carreggiata, cadendo ri­verso all'indietro, mentre da un mitragliatore partiva una raffica diretta contro l'autovettura sparata da un paracaduti­sta, che feriva mortalmente il Col. Bechi, l'autista in più parti e più leggermente il secondo carabiniere mentre il pri­mo rimaneva illeso. Soccorso dal S. Tenente medico Fusarpoli, Bechi moriva poco dopo mentre i due feriti veni­vano ricoverati al vicino ospedale di Macomer dopo una sommaria medicazione. Il Magg. Rizzatti dovette suo mal­grado prendere atto dell'accaduto alcune ore più tardi e continuare la marcia portandosi dietro la salma del Ten. Col. Bechi, mentre uno dei carabinieri chiese di seguire il 12° Btg. Questi divenne più tardi lo scritturale del comando di battaglione e descrisse nei particolari l'organizzazione del tentativo di convinzione.
Il carabiniere superstite -Salvatore Montrone- interrogato sulla vicenda dal Ten. Grimani, confermava la dinamica dell'incidente e le modalità del fatto, chiedendo di unirsi al Gruppo Rizzatti (morirà in novembre a seguito mitraglia mento aereo nella zona di Maccarese NdA) (Cfr. testimo­nianza del S. Ten. Lucio Grimani al tribunale Militare - lettera al Giornale dell'11.3.1987). "Nella lenta corsa nottur­na da Macomer a Ozieri fummo fatti segno - scrisse Rizzatti nel diario di guerra del 12° Btg. - a diversi colpi di arma da fuoco e dalla testa della colonna rispondemmo con un uragano di fuoco e già nella giornata dell'Il settembre a­vemmo i primi feriti. Io ero sul camion di testa accanto alla mitragliatrice e ad un palo che inalberava il tricolore. Come mi bruciava di non aver preso la bandiera del reggimento! A Tempio Pausania tutto un reggimento di artiglie­ria badogliana si era preparato a riceverci. Ma i cannoni corazzati germanici han fatto subito abbassare le ali. Abbiamo avuto due morti." Lo stesso giorno il Btg. "Rizzatti" con i suoi 600 paracadutisti s'imbarcava a S.Teresa di Gallura su MZ per traghettare in Corsica alla volta di Bonifacio, e durante la traversata la salma del Ten. Col. Bechi, alla cui memoria sarà conferita più tardi la M.O. v.m., fu calata in mare avvolta in un telo mimetico con gli onori mi­litari resi dai paracadutisti. La sepoltura in mare, fu una dolorosa necessità motivata dal rifiuto opposto in più occa­sioni dai preti e religiosi, interpellati dal Cap. Alvino sull'itinerario di ritirata del Gruppo Rizzatti, ad accogliere la salma provvedendo alla tumulazione. Si concludeva in tal modo un tristissimo episodio che ebbe gravi ripercussioni sull'intera compagine della "Nembo", ormai in fase di disgregazione morale e materiale, divisione che venne addirit­tura circondata e minacciata con le armi da reparti di altre unità del XIII° Corpo d'Armata nel timore di una defezio­ne generale. Si ebbe per ritorsione l'uccisione del tutto ingiustificata del M.llo Pierino Vascelli - libico, valoroso fol­gorino, ferito e decorato al valore, ucciso a tradimento perchè di sentimenti fascisti.
Furono allontanati dalla "Nembo" 600 paracadutisti ritenuti "politicamente inaffidabili", rinchiusi poi nel campo di Uras, altri 410 furono radiati dalla Specialità e assegnati ai Rgt. 45° e 236° a Iglesias, altri 300 furono trasferiti ad altri reparti. Una trentina di ufficiali furono arrestati e imprigionati.
La "santa e giusta ribellione" della "Nembo" all'avvilente armistizio, che frustrava i sacrifici fatti da tutti i combattenti in 3 lunghi anni di guerra, rinnegava i morti e i mutilati, gli ideali e le alleanze, non fu però un isolato episodio: nei drammatici giorni del settembre 1943 altre migliaia di sol­dati italiani dai Balcani all'Egeo, dalla Francia a Creta, dalla Madrepatria alla base atlantica di Betasom, scelsero la via dell'onore e della fedeltà ai patti militari e tornarono a com­battere. Ma per restare ai reparti paracadutisti, protagonisti più tardi della storia del Rgt. "Folgore", dobbiamo citare an­che i giovani paracadutisti della costituenda Div. "Ciclone" in addestramento a Viterbo o dislocati a Scarperia Toscana, che rimasero in armi al momento dell'armistizio. Fra questi i paracadutisti del 19° Btg. del Magg. Blotto e del 20° del Cap. D' Abbundo che confluirono più tardi nel Raggruppamento Arditi Paracadutisti "Nembo", e inoltre i complementi della "Nembo" dislocati fra Viterbo, Pistoia e Ghisonaccia
(Rovezzano di Firenze, gli arditi paracadutisti del X° Rgt. di Santa Severa, i quali scelsero vie diverse: la 111^ Compagnia dislocata all'E.42, combattè alla difesa di Roma contro la 2^ Div. Fallschirmajager, mentre la 122^ e la 131^ contribuirono alle operazioni di guerra che la stessa grande unità germanica svolse nella zona di Roma nelle fa­si immediatamente successive alla proclamazione dell'armistizio. Uguale sorte ebbe il Btg. "Adra", che posto dallo SME a difesa dell'aeroporto di Centocelle, fu smembrato dopo che il suo comandante Ten. Col. Edvino Dalmas era stato catturato dai paracadutisti tedeschi della 2^ Divisione "Ramcke". Identica dolorosa divisione delle coscienze si manifestò fra il personale delle Scuole Paracadutisti di Tarquinia e Viterbo: un gruppo di istruttori si diede alla mac­chia sui monti del Viterbese; altri, più numerosi, si dichiararono solidali a respingere l'armistizio e a continuare l'al­leanza militare con la Germania. Vicissitudini similari si ebbero a La Spezia,Tarquinia e Minturno nei ranghi del Btg. N.P./S.Marco da poco tempo rientrato da Tolone dove si trovava di presidio nella zona occupata della Francia.

SI RITORNA A COMBATTERE
Dopo la scelta fatta, "bruciando i ponti alle loro spalle", i due battaglioni della "Nembo" ripresero la lotta in due diversi settori operativi. Il 3° Btg. si diresse con le colonne della 29^ Panzer Grenadieren verso la testa di ponte di Salerno, dove gli alleati avevano iniziato sin dal mattino del 9 settembre l'operazione "Avalanche" che mirava a bloccare prima ed annientare successivamente, le unità tedesche ancora in Italia meridionale.
Durante la marcia dalla Calabria alla Lucania andarono per­duti gli uomini delle Cp. 7^ e 8^; in parte perchè rimasti ta­gliati fuori avendo dirottato la marcia sulle rotabili calabresi intasate di veicoli, ed in parte, come accadde alla 8^ Cp., per una crisi di coscienza del suo comandante, Cap. Gay che an­teponeva ad ogni altra considerazione, il giuramento di fe­deltà al Re. Una decisione accettata con serena valutazione dal comandante di battaglione. Schieratasi in un settore di­fensivo nella testa di sbarco, la 29^ divisione iniziava a com­battere nel contesto del piano controffensivo approntato dal Feldmaresciallo Kesselring per respingere in mare gli inva­sori anglo-americani ed al 3° Btg. fu affidato un tratto difen­sivo nel settore di Altavilla, che tenne sino al 14 settembre allorchè il reparto venne assegnato alla 1^ Div. Fallschirmjager del Gen.Heydrich, che dalla Puglia si era trasferita nella zona di Salerno. Lo stesso giorno, alle prime ore del mattino, formazioni da trasporto alleate aviolancia­vano fra Altavilla, Albanella, e il fiume Tusciano 3.200 para­cadutisti americani dei Rgt. 504 e 505 della 82^ Airborne enellazna diavellin, situatanelle retrovie del fronte tedesco, altri 500 parac dutisti americani del 509° Btg. che furono rapidamente catturati e coloro che riuscironoad evitare la prigionia vagaronosbandati pe più giorni. in pochi giorni di lotta il 3° Btg. aveva avuto 12 caduti.

1 commento:

  1. 6 parà nembo caduti alla periferia di altamura(ba)11/09/1943. Che ci facevano lì? Fuoco amico? 82 airborne? L'impiegato di anagrafe dell'epoca scrisse : ferito dai tedeschi è morto alle 11,30 di oggi 11 settembre 1943".
    Se sapete qualcosa aiutatemi. Gruppo Ricerche Storiche della Puglia . Nino Zefilippo grspuglia@Gmail.com

    RispondiElimina