lunedì 8 settembre 2008

L'IMPOSSIBILE DIFESA. E LE FAZIOSITA'

L'IMPOSSIBILE DIFESA.
Il maresciallo Badoglio, prima in un discorso, a Brindisi, più tardi in un giornale 3), affermò, che si sarebbe avviata un'inchiesta sulla « mancata difesa di Roma ». Aveva perduto la memoria o riteneva utile astutamente scordare, che, la mattina del 9 settembre, Roatta, con ordine a lui conosciuto, aveva stabilito, che la capitale non si poteva difendere? Avevano, sino alla sera dell'8, preparato tutto non solo per sostener­la con le armi, speculando su un da nessuno promesso e fantastico sbarco angloamericano, atteso nelle sue vicinanaze, ma anche per prendere da essa lo slancio a congiungersi con gli alleati in un attacco contro i tede­schi. All'ultimo momento invece e d'un trat­to, svanite le fantasie, annullati i calcoli, su­bentrata la paura, Badoglio e Roatta, d'accordo con gli altri generali, avevano deciso di mutare lo schieramento. Ora volevano un'inchiesta sulla « mancata difesa » Ma al­lora contro se stessi, che l'avevano soppres­sa? Più uno avanza dentro gli avvenimenti di quelle tragicissime giornate di settembre e più trova piccoli uomini, travolti dalla grandezza dell'uragano, spaventati, anna­spanti tra menzogne, errori, inganni, retto­rica, capaci di dimenticare tutto quanto li può danneggiare, pronti sempre .a danneg­giare gli altri. Il che, purtroppo, è ingua­ribile abitudine di molti italiani.
Per la difesa a oltranza di Roma s'ebbero manifestazioni di rètori malinconici e pateti­ci, di comunisti e di repubblicani quarantot­tizzati, sitibondi di sangue tedesco, di citta­dini fautori del morire in bellezza, di uomi­ni perversi, che, standosene essi a casa, so­gnavano tricolori sventolanti tra le nuove ro­vine di Roma e migliaia di soldati immolati inutilmente sull'altare della gloria. Ma tutto ciò, poichè la città non era più sede della Corona, nè del Governo, era puro sentimen­talismo romantico e teatralismo politico. Si disse persino che, se Roma teneva, si salvava l'Italia, quando i tedeschi, prima di entrare nella capitale, avevano già occupato tutta la Penisola non ancora invasa dagli angloame­ricani. Il fatto è che, essendoci stato comun‑
que un combattimento intorno a Roma, a posteriori si sentì il bisogno di poter vantare che esso prendesse carattere di vasta azione eroica, con una lunga resistenza armata da parte delle numerose divisioni ivi radunate, affinchè almeno questo sminuisse il disonore di quei giorni e si potesse appendere in casa un'oleografia con Roma loricata, che in mez­zo alle macerie impavida offriva il petto ai nuovi barbari teutonici. Ma più vero è, che la difesa di Roma fu domandata soprat­tutto da elementi dei gruppi di sinistra, i quali, sapendola impossibile o già stroncata, dal reclamarla, allegando un inesistente fu­rore popolare, e dal non ottenerla traevano l'argomento politico da usare contro gli al­tri partiti e contro la Corona. Ma quella di­fesa, mancando ogni soccorso, persino aereo, degli alleati 4), era tecnicamente impossibile, anzi, ci disse uno dei migliori nostri genera­li, il volerla senza che intorno a Roma ci fosse un largo campo trincerato o un com­piuto sistema di fortificazioni armate modernamente, era una buffonata. Però si vo­leva creare il mito eroico a spese della ve­rità storica e a vantaggio di alcuni partiti o di qualche associazione distributrice infla­zionista di tessere al valor militare.

L'affermazione su citata di Badoglio aveva uno scopo: poichè l'impressione lasciata dal­la partenza del Re e dalla fuga dei generali era infamante, e la caduta di Roma si at­tribuiva all'averla lasciata i « fuggiaschi » senza difesa, montandosi così un affare di pe­ricolose dimensioni, si sentì il bisogno di ro­vesciare su qualcuno la responsabilità e di farne un capro espiatorio. L'individuo scelto per scaricargli addosso tanto peso fu il gene­rale Carboni. Il quale, per il suo carattere e per i suoi errori, si prestava a tutte le accu­se, anche alle ingiustizie. Che egli abbia reso più difficile la situazione di Roma e grave­mente mancato ai suoi doveri, è indubbio: ma è altrettanto certo, che Roatta gli pro­mise ordini, che poi non gli fece trovare, e che i « fuggiaschi » lo lasciarono nei pa­sticci. Ci si poteva anche domandare, perchè gli avessero affidato così grande incarico, quando sapevano che, dati i suoi precedenti, non era uomo da fidarsene. Già il 6 settem­bre, quand'egli affermò che, per le condi­zioni morali delle sue truppe e per la man­canza di mezzi e di carburante, la capitale non si poteva difendere, dovevano intendere, che l'animo suo era contrario alla missione assegnatagli e che egli, con l'intelligenza pervertitrice tanto tipica degli italiani, si preparava in anticipo la purgazione del male che avrebbe fatto più tardi. Era noto come ufficiale turbolento, indisciplinato, avido di lussi e di piaceri, specializzato nel sabotag­gio delle azioni, a cui doveva partecipare combattendo, quale s'era già mostrato nel­l'affare Taylor, e prima, quando aveva fru­strato la spedizione progettata contro Malta, essendo allora comandante della divisione « Friuli », una delle unità scelte per la gran­de prova.


FAZIOSITÀ.
E' appena credibile fino a qual punto la faziosità abbia alterato gli avvenimenti del 9 e del 10 settembre. Le peggiori e più fantastiche voci corse nella città, avviluppata dalle armi e messa in pericolo, furono accolte e registrate nei libri e nelle riviste come cose vere, a scopo politico. Si stampò così, che i granatieri, mentre correvano al combattimento, furono presi a fucilate dai fascisti in Piazza Navona e che eguali fascisti mitragliarono in più luoghi la popolazione romana 5). Si legge, che un cannone tirava sulla città dal giardino dell'ambasciata germanica e che la « quinta colonna » tedesca seminava panico. C'era una tale combustione e un tale disordine morale, che qualcuno ci telefonò d'aver « visto » gli angloamericani sul ponte Garibaldi. Mettendo assieme i racconti stampati e tirando le somme, risulterebbe che migliaia di romani furono uccisi, migliaia derubati, centinaia di case svaligiate e dio sa quanta roba di­strutta. Si giunse a credere e non ci si peritò di pub­blicare, che una turba di ragazzini aveva messo in fuga i carri armati tedeschi a Santa Maria Maggiore 6). Sempre mentendo a scopo politico, un opuscolo edito, dal partito d'azione narrò, che il Re la notte dell'8 set­tembre s'era rifugiato al Ministero della Guerra tra­vestito da vescovo e con tan­to panico addosso, da scon­certare gli altri e togliere a tutti ogni volontà di difen­dere Roma. Lo stesso farse­sco opuscolo registrò, al­l'uso mitologico antico, una fiaba come possibile ragione dell'urto italo - tedesco in­torno a Roma: un soldato tedesco, salito su un albero di fichi per farne una scor­pacciata, era caduto e nel cadere il suo fucile s'era scaricato d'un colpo ed egli aveva emesso un grido, dal che impressionati i suoi ca­merati, credutolo attaccato dagli italiani, avevano spa­rato, provocando la risposta delle armi italiane 7).
Non meno puerilmente fantastiche le illazioni trat­te dai propagandisti di sinistra: ad esempio, che Roma fosse deliberatamente consegnata ai tedesci dal Re per scopi dinastici 8). La vana iattanza dei partiti, in cui uomini ri­masero, i più, nei rifugi raggiunti già la sera dell'8, volle fare il popolo romano, di cui fu grandissima l'apatia e l'indifferenza, una massa di eroi, fermi nel proposito di resi­stere e di battersi fino all'ultimo sangue, ma traditi dai capi militari o disarmati dalla polizia 9). I letterati, alla loro volta, ricama­rono tante frasi e tante parole intorno a ogni schioppettata, che, a forza di minutis­simi particolari descritti con abbondanza, trasformarono piccoli scontri di pochi solda­ti in combattimenti grandiosi. Uno, dando a Roma un'aria da peste di Milano, rappre­sentò il Sospetto, la Diffidenza, la Fuga e il Tradimento (sempre con maiuscole) mesco­lati agli uomini, resi nemici gli uni agli al­tri 10). Un altro ancora fece dell'epoca de­scrivendo il disordine, il nervosismo e l'ina­zione dei giovani, che andavano a veder che cosa stesse succedendo e non facevano nulla 11). Un terzo narrò come impresa eroica una perlu­strazione fatta in bicicletta dentro la città quando tutto era già finito.
Forse lo stesso nome di Roma, così immane, così esaltante, ma anche così opprimente, altera inevita­bilmente le proporzioni de­gli avvenimenti, che in essa occorrono. La breccia di Porta Pia, che fu un even­to storico grandissimo, ma dove militarmente tutto andò come per incanto, non ven­ne forse magnificata per de­cennii come splendida ope­razione militare, e quei ber­saglieri, che vi entrarono con tutta facilità e con po­chissimi morti, non furono, per questo fatto, esaltati in­finite volte come eroi? Tut­to quanto accade a Roma si ripresenta dentro prospet­tive speciali, amplificatrici, ed è come se la immensa gloria accumulata in essa si riversasse anche sulle mi­nori cose presenti, quasi per una riversibilità di me­riti di tante e tante gene­razioni, che vi hanno lotta­to e sofferto.
Vedendo come sia stata travisata la realtà da molti presunti testimoni diretti, come si sieno diffusi quali verità i « si dice » di quella giornate e narrate come sto­ria le invenzioni eroiche deg1i uni e le vili degli altri, noi, che fummo presenti in più parti, ci domandiamo in che modo si possa attingere alle avvelenate fonti contemporanee, in che modo scrivere storia. Se riesce difficile il dipanare la matassa dei falsi e delle cose ignote a noi, che ricor­diamo quanto fossero vani e mobili gli aspet­ti dei casi emergenti e quanto si diceva e quanto poco si sapeva, come riusciranno i futuri autori, ridotti soltanto alle carte stam­pate o ai documenti, sovente affatturati, dei quali moltissimi già spariti?

(3) « Il Corriere » di Salerno, 14 marzo 1944
(4) Carboni accusa Castellano di aver frustrato il soccorso aereo degli alleati, non ricevendo a tempo il maggiore Briatore, che aveva l'incarico di chie­derlo, e non presentandolo subito ai comandi anglo. americani. Questi, quantunque fosse stata la nostra
implorazione, non l'avrebbero ascoltata, perché 'subito informati della piega presa dagli affari italiani, seccati di non aver trovato nessun aiuto italiano a Salerno, costretti a adoperare su quella fronte sino all'ultimo dei loro apparecchi.
(5) Cfr. « L'Unità » clandestina del 12 settem­bre 1943.
(6) Baracco, La capitale perduta in « Mercurio », dicembre 1944, p. 23.
(7) G. L., La « difesa » di Roma, p. 15 e 20. traditi dai capi militari o disarmati dalla polizia
(8) Bertolla, in « Folla », 24 maggio 1945.
(9) (Comandini), op. cit., p. 36 - « L'Unità », nu­mero su citato.
(10) de Mattei, Ingrato interregno, in ,< Mercu­rio «, dicembre 1944, p. 37.
(11) Gabrieli, Settembre 1943, in « Mercurio », di­cembre 1944, p. 25.

Testi di volantini

ARMISTIZIO
Un armistizio è stato firmato dai debiti rappresentanti dei Governò Italiano e dal Comandante in Capo delle Forze Alleate.
Questo armistizio segna la fine di un'era vergognosa della storia italiana. La guerra di Mussolini a fianco della Germania nazista e contro le democrazie è finalmente terminata. tI stata creata la base necessaria pPr la ricostruzione di un'Italia libera e unita.
Ma la guerra contro la Germania non è finita. L'armistizio non apporta immediatamente la pace all'Italia per la sola ragione che in Italia vi sono ancora truppe di IrLtler. Ilitler tenta eli ritardare la disfatta inevitabile della Germania tras­formando l'Italia intera in un campo di battaglia.
L'armistizio è una nuova e magnifica occasione per gli Italiani, soldati e civili, di riconquiStare le proprie libertà accelerando la cacciata dill'Italia del TEDESCO,
L'ETERNO NEMICO.
Manifestino lanciato dagli aerei angloamericani all'in­domani della capitolazione italiana.



FUORI I TEDESCHI!

Grandi eserciti americani, britannici e canadesi stanno sbar­cando in vari punti, nel cuore dell'Italia.
L'arrivo di questi eserciti, poderosamente armati, protetti dall’in­vincibile Forza Aerea Alleata e da tutta la potenza delle Forze Navali Mediterranee Alleate, offre a voi, Italiani, l'ultima grande -occasione. FIANCHEGGIATA DALLA POTENZA DEGLI ALLEATI, L'ITALIA HA ORA LA POSSIBILITA DI VENDICARSI. DELL'OPPRESSORE TEDESCO, e collaborare alla cacciata dell'eterno nemico dal suolo italiano.
Italiani, ecco i vostri ordini di lotta per guaina case della guerra per la liberazione dell'Europa :
1. Ovunque sono forze Alleate, date loro la vostra cooperazione e piebedite esattamente gli ordini del Comandante della zona.
2. Ovunque sono forze tedesche, non aiutatele in alcun modo, Data prova della vostra unità nazionale e della vostra volontà di resistere, rifiutando disciplinatamente e unanimemente di essere complici del tiranno tedesco.
SOLDATI : fate la votra parte e ubbidite ai vostri ufficiali.
LAVORATORI : la vostra parte nella guerra è la e battaglia del • trasporti e. Chi vince la « battaglia dei trasporti vince la guerial. In questa battaglia, il popolo italiano e in particolare í lavoratori,''; dei trasporti (lavoratori ferroviari, lavoratori portuali, lavoratori stradali) possono avere ed avranno una parte dr4éGi,9i V R.
LAVORATORI FERROVIARI : non lasciate passare un solo tre­no che trasporti truppe o materiale tedesco.
LAVORATORI PORTUALI : non caricate nè scaricate una sola navi di truppe o materiale tedesco.
LAVORATORI STRADALI : nell'area in cui lavorate, impedite il movimento di qualsiasi autotreno carico di truppe o materiale tedesco.
ITALIANI : gli Eserciti Anglo-Americani della Liberarione, sono sbarcati nel cuore dell'Italia. Fate un eroico sforzo suprerao ora, nella prossima settimana, che sarà una settimana cruciale. Gole una resistenza disciplinata contro í Tedeschi, potete parallezare le linee di comunicazione dell'invasore tedesco e contribuire atta vittoria nella GUERRA ITALIANA Dl LIBERAZIONE.


Lo stesso manifestino, nel retro, incitava i civili alla ribellione e al sabotaggio.

Nessun commento:

Posta un commento