venerdì 5 settembre 2008

Galli Della Loggia "Note brevi sulla morte della Patria

Note brevi sulla morte della Patria.
25 Aprile 2008 No Comment
di
Tommaso Gazzuolo

Non posso nè voglio riproporre l’ormai classico dibattito che -aperto da Renzo De Felice- ebbe il suo effimero periodo di mediatico bagliore con la pubblicazione di Galli della Loggia: ne parlarono anche i giornali, e questo bastò a farlo scadere nel tempo, banalizzarlo, e renderlo una questione de lana caprina tra i partiti di allora -gli stessi di oggi-.L’8 settembre ‘43 segnò però non solo l’inizio di una lirica guerra civile, combattuta da minoranze, ma anche la morte dell’idea di nazione. La Resistenza ha una colpa storica profonda e definitiva: l’aver posto il fascismo come Anti-Nazione, come un movimento di non-italiani, di un manipolo di criminali, di Predappiofesso e dei suoi scherani.La ri-costruzione della patria avvenne allora attraverso l’idea che i partiti della Resistenza potessero rappresentare l’Italia nella sua identità nazionale. E’ questo progetto che palesemente fallì: non eravamo solo democristiani, comunisti, socialisti o liberali, non eravamo solo antifascisti. Eravamo invece -e soprattutto- fascisti.Il fascismo è stato un momento della storia dello Stato italiano e degli italiani, e non una parentesi anti-nazionale. Non vi fu un peso alcuno delle forze partitiche antifasciste nella caduta del Regime del 25 luglio -che anzi fu la rappresentazione teatrale, in una notte, di un meccanismo puramente interno allo Stato, fu un momento istituzionale e non un complotto (come quello che in Germania tentò l’uccisione del tiranno l’anno dopo), perchè atto di due istituzioni del regime, il Gran Consiglio e la Monarchia-.L’idea della nazione italiana -come bene vede Galli della Loggia- non ha avuto il medesimo percorso che in Germania o in altri Paesi: la nazione nasce in collegamento stretto, in identità, con lo Stato (ciò spiega anche i rapporti tra partito e Stato così diversi nella teoria fascista ed in quella nazionalsocialista). La nazione degli italiani è stata sempre una struttura amministrativa e burocratica, che ebbe inizio, dopo il capolavoro risorgimentale (anche qui, ad opera di una minoranza), con la estensione delle strutture pubbliche del Regno sabaudo alla penisola intera: l’identità degli italiani è sempre, in altre parole, una identità dall’alto, burocratica, antidemocratica.Le forze della Resistenza pensarono di potere depositare la nuova patria nell’idea di democrazia antifascista, di repubblica, fondata sulla nuova carta costituzionale. In questo Paese si è sempre avuta la silenziosa sensazione che la Costituzione fosse un mero documento normativo, o un appello retorico, o al limite un richiamo astratto a valori universali, e non un concreto richiamo a valori particolari, della nazione italiana. Forse ciò è dipeso dalla morte della patria, dall’avere rigettato il fascismo, venti anni cruciali nella storia di questo Paese, nell’anti-nazione, nell’essere un momento non-italiano.Ma il nostro è stato un Paese che, tutto, nella sua intera espressione, ha perduto una guerra -e non l’ha vinta o si è liberato (fummo, sotto il profilo della conduzione militare delle operazioni, colonia anglo-americana da quell’8 settembre) - macchiandosi di incompetenze tecniche, episodi di viltà, piccole astuzie e complottiglia da tre soldi, c’è da meditare sul senso politico di quella guerra. La sua rimozione, il suo imputarla ad un’Altra Nazione -la nazione fascista- ha la colpa di farci perdere il senso dell’essere un Paese vinto, che non ha ancora ritrovato se stesso.La Germania, nel suo essere vinta, non rifiutò il nazismo, ma lo assimilò nell’incubo storico: la meditazione sul “passato che non vuole passare” è una delle massime prese di coscienza che una nazione può avere. I tedeschi sanno di essere stati nazionalsocialisti, di avere condotto il mondo in una guerra ideologica e sanguinaria, e di essere -nonostante questo, o proprio per questo- una nazione.Chissà quanto gli italiani si accorgeranno di avere un passato recente scomodo, e di non essere solo i figli della Resistenza, della democrazia.

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