venerdì 3 agosto 2007

La guerra di Spagna nelle foto dei fascisti

Dal Quotidiano LIBERO 3 agosto 2007


LEGIONARI

La guerra di Spagna nelle foto dei fascisti




Per la prima volta in mostra le immagini scattate al fronte dal tenente Sandri, sbarcato a Cadice nel 37





PIERO MENARINI




8 febbraio 1937: dopo vari giorni di assedio l'eserci­to nazionalista libera Malaga dai "rossi". Tra i liberatori, malgrado si trattasse di una guerra civile, c'erano però pochi spagnoli e molti italia­ni, i legionari comandati dal generale Rossi (ironia di un cognome). L'operazione fu una prova di forza e di orga­nizzazione militari tali che persino la stampa anglosas­sone, ostile come si sa a qual­siasi concessione filo‑musso­liniana, parlò chiaramente di «una vittoria tutta italiana» ("Manchester Guardian").
Il Duce e Ciano, eccitati dal successo, si illusero che la partita si potesse chiudere in fretta a tutto beneficio del­l'immagine del regime nel mondo.

In appoggio ai nazionalisti

Fu così che già alla fine dello stesso mese iniziarono le partenze per il fronte spa­gnolo di nuove forze italiane, 44/60mila unità a seconda delle fonti, sotto il nome ge­nerico e prudenziale (visto che ufficialmente si procla­mava il non intervento) di C.T.V., cioè Corpo Truppe Volontarie, che comprende­va di 2 brigate e 3 divisioni. Una di queste era la celebre Divisione "littorio", presen­tata come una sorta di élite, ma della cui efficienza in realtà lo stesso generale Ber­gonzoli, al quale era stato af­fidato il comando, ebbe a la­mentarsi, visto che i 2/3 dei soldati non solo avevano mo­glie e figli, ma denunciavano un addestramento lacunoso, essendo basato principal­mente sulla partecipazione come comparse per la batta­glia di Zama del celebre film di Carmine Gallone, "Scipione l'Africano".
Ricordiamo questo episo­dio della guerra di Spagna perché proprio in questi gior­ni è stata inaugurata al Mu­seo d'Història de Catalunya di Barcellona una particolare mostra fotografica, "Legiona­ri. Italians de Mussolini a la guerra d'Espanya (1936­1939) ", che si chiuderà il 23 settembre, dopo aver toccato altre città spagnole, e che in autunno dovrebbe aprirsi a Bolzano, nel cui Archivio Provinciale si conservano le foto in questione. Tale mo­stra presenta per la prima volta al pubblico un centi­naio di fotografie (scelte tra più di 4 mila) scattate dal 1937 al 1939 proprio da uno dei legionari della "Littorio" e miracolosamente salvate dal­la distruzione.
Con un'indagine quasi po­liziesca, lo storico bolzanino Andrea Di Michele (già autore dell'importante saggio "L'italianizzazione imperfet­ta" e ora del catalogo della mostra) ha potuto ricostruire che il fotografo si chiamava Wilhelm Schrefier, nato a Merano nel 1905, il quale, verso la metà degli anni Trenta, decise di italianizzare il proprio nome in Guglielmo Sandri (forse in onore del ce­leberrimo e coevo campione motociclista).



L’incredibile ritrovamento

L' 11 febbraio 1937 Sandri sbarcò a Cadice col grado di tenente del Secondo Reggi­mento della "Littorio".
I suoi compagni sopravvis­suti lo ricordavano bene per­ché era ossessionato dalla fo­tografia e perché, parlando tedesco, era il collegamento con le unità naziste. Sandri rimase in Spagna sino al maggio del 1939 prendendo parte alle più importanti azioni militari italiane in ap­poggio ai nazionalisti. Torna­to in patria, si sposò nel 1941 a Bologna; poi di nuovo al fronte, prima in Jugoslavia, quindi in Africa, dove prese parte alla battaglia di El Ala­mein, nel corso della quale rimase ferito. Terminata la guerra risiedette ancora qualche anno a Bologna e in­fine si trasferì a Vipiteno do­ve, col nome di Willi Sandri, visse fino al 1979. Oggi è se­polto a Merano.

La straordinarietà dell'e­vento non risiede solo nella qualità e consistenza del pa­trimonio fotografico di San­dri ‑ che ritrae la campagna italiana in Spagna dallo sbar­co a Cadice al trionfale rien­tro a Napoli ed è di gran lunga superiore a quello conser­vato nell'Archivio Militare Nazionale ‑, ma anche nel­l'incredibile storia relativa al suo ritrovamento. Nel 1992, alla morte della moglie Nor­ma, l'intera collezione foto­grafica di Schrefier/Sandri (10 album) fu casualmente ritrovata dalla storica dell'arte ed etnologa Samantha Schneider in una custodia di legno abbandonata accanto ad un bidone dei rifiuti a Vi­piteno. La Schneider salvò così il prezioso materiale che nel 2004 fu acquisito dall'Archivio Provinciale di Bolza­no, per il quale Di Michele realizzò le sue esemplari ricerche.
Per capire la rilevanza di scoperte di questo tipo vorrei ricordare due affermazioni di Enzo Collotti pubblicate sul catalogo della importante mostra bolognese del 1999 sulla guerra di Spagna, " Im­magini contro". Ecco la pri­ma: «Sul ruolo del fascismo italiano in Spagna tutto è già stato detto dalla storiogra­fia».
È ovvio che poche o molte fotografie non necessaria­mente cambiano la storia, ma forse sì la valutazione sto­riografica. Mi pare infatti si­gnificativo che un archivio di tale imponenza abbia dovuto rimanere rigorosamente ine­dito e nascosto per tanti anni in quanto materiale fascista, mentre si usavano quelli de­gli altri volontari italiani in Spagna, gli antifascisti. Quin­di, sarà anche vero che tutto è già stato detto, ma sulla ba­se di dati discriminati. L'altra affermazione è la seguente: «l'equiparazione dell'antifa­scismo allo stalinismo è menzognera. L'allusione al tanto temuto (dalla sinistra) revisionismo è evidente, ed è giusto invitare ad evitare confusioni di concetti.

Storia scritta a senso unico

Ma qui non si tratta di re­visionismo, bensì di accetta­re un fatto assai semplice e cioè che le foto di Sandri di­mostrano inequivocabil­mente che non solo i "gari­baldini" comunisti, ma an­che i legionari fascisti pote­vano partire volontari per la terra di Spagna per difendere un ideale di libertà, ma op­posto. Oppure dobbiamo pensare che la partecipazio­ne ad una guerra di liberazio­ne dalla dittatura comunista dovrebbe essere meno legit­timata di quella di liberazio­ne da una dittatura fascista­-nazista?


MARCE SFIBRANTI ESPOSTI A BOLZANO IN SETTEMBRE


Per gentile concessione dell'Archivio provinciale di Bol­zano e del Fondo Guglielmo Sandri pubblichiamo alcune delle immagini tratte dalla mostra "Legionari. Italians de Mussolini a la guerra d'Espanya'; visitabile fino al 23 agosto al Museu d'Hystòria de Catalunya, a Barcellona. Le foto scattate da Gugliemo Sandri (in alto, un legionario; sotto a sinistra soldati italiani in marcia e a destra un piccolo fascista in divisa) arriveranno in Italia, a Bolzano, in autunno, dopo aver toccato varie sedi europee

giovedì 2 agosto 2007

L'incredibile impresa del Comandante Arillo con il sommergibile "Ambra" nella tana del lupo per uscirne indenne e vittorioso

Nuovo FRONTE n°262


"Uomini Gamma" e "Siluri umani" all'attacco nel porto di Algeri



‑ Fulvio Candia ‑




I1 4 dicembre 1942 il sommergibile "Ambra", al comando del tenente di vascello Mario Arillo, salpava da La Spezia per un'azione sulla base inglese di Gibilterra. Questa la notizia, che ad arte era stata fatta trapelare per ingannare la sempre attenta osservazione inglese, accuratamente informata dall'efficiente rete diretta dal nostro ammiraglio Franco Maugeri, capo del Servizio Segreto Italiano per la Marina (in seguito scoperto ed a fine guerra processato). Venivano cosi consegnati al nemico i piani di navigazione e di attacco delle nostre navi.

L' "Ambra", secondo le istruzioni ricevute, lasciò gli ormeggi portandosi in mare aperto, in attesa delle segnalazioni via radio che non tardarono ad arrivare: venne comunicato che ad Algeri era fermo in porto un grosso convoglio pronto a riprendere il mare. Bisognava far presto. Arillo ordinò subito la massima velocità con rotta su Algeri. Per guadagnare tempo navigava in emersione di notte ed in immersione di giorno.

Alla partenza aveva imbarcato sedici elementi in più: dieci "uomini‑gamma" e sei piloti dei "siluri umani" (detti "maiali") per un'azione combinata. 1 tre "maiali" erano stati sistemati in coperta, chiusi in robusti contenitori ben fissati allo scafo.

Nella notte tra 1'8 ed il 9 dicembre, il battello venne investito da una furiosa tempesta che produsse notevoli e gravi danni agli strumenti di bordo e, come si constaterà dopo, anche ai delicati congegni ed ai manometri dei "maiali" che in coperta venivano investiti da enormi ondate. In quelle condizioni, la navigazione diventava particolarmente difficile e con l'idrofono fuori uso non era possibile rilevare la presenza di navi in superficie.

Ma Arillo non se ne dette per inteso e continuò la rotta mantenendosi a quota periscopica, appena in tempo per accorgersi di un caccia nemico a poca distanza che puntava nella sua direzione. L'immersione rapida portò il battello sul fondo, mentre il caccia gli passava sopra senza sganciare le bombe di profondità: 1' "Ambra" non era stato avvistato.

All'alba del giorno successivo, in vista di Algeri, Arillo fece ridurre la velocità al minimo, proseguendo in immersio­ne. Si sapeva che la rada era protetta da un ampio sbarramento di mine di cui non era nota la zona. Il rischio era notevole e bisognava avanzare molto lentamente, privi del prezioso au­silio dello scandaglio ultrasonoro andato in avaria per la tem­pesta. Bisognava procedere quindi in assoluto silenzio con l'orecchio teso ad ogni sonorità, con particolare attenzione ai rumori prodotti dal vorticare delle eliche delle navi che pas­savano sopra. Era in atto una stretta sorveglianza aeronavale in funzione antisommergibile: impossibile tentare di infiltrarsi a quota periscopica ed altrettanto rischioso navigare a poca profondità.
Arillo non se ne preoccupò e si buttò in profondità fino a toccare il fondo, sul quale s'impattò di colpo con violen­za. Era a 90 metri. L'urto improvviso mandò tutti a gambe all'aria. L'incidente per fortuna non provocò danni. Erano le 17,00. Per il comandante ci fu una sola soluzione: strisciare a lento moto sul fondo, risalendo alla cieca lo zoccolo costiero sino ad una profondità tra i 15 ed i 20 metri, quella necessaria per consentire la fuoriuscita degli assaltatori.
Così fu fatto, ed Arillo portò lo scafo a fermarsi su un fon­dale di 18 metri. Ma era una profondità a rischio di essere sco­perti. Era necessario rendersi conto della situazione in rada. Mandò in superficie il tenente di vascello Jacobacci ed il suo secondo, chiusi in una tuta di gomma, con l'autorespiratore e con un microfono collegato con la camera di manovra. Dopo aver scrutato l'orizzonte per 360 gradi, comunicarono che in­torno c'era solo mare desolatamente deserto.
Ad Arillo non rimase che proseguire alla cieca continuan­do a strisciare "sul fondo come un verme" ‑ così come ebbe a scrivere in proposito l'ammiraglio Virgilio Spigai ‑ assistito di tanto in tanto da un'emersione di Jacobacci. In una di queste puntate in superficie, Jacobacci sorpreso urlò al microfono: "Comandante, ci troviamo nel bel mezzo del convoglio. Ci sono numerose navi all'ancora e vi è un gran movimento di imbarcazioni. Credo che dovremmo agire subito!". Jacobac­ci ne contò sei e di grande tonnellaggio. Si capiva che erano pronte a partire. Rientrato Jacobacci, il comandante Arillo impartì ordini immediati. Fece uscire subito i dieci uomini gamma (che nel frattempo si erano preparati) al comando del sottotenente delle armi navali Agostino Morello. Subito dopo fece uscire i piloti dei "maiali" che, sganciati i loro mezzi (detti S.L.C., cioè siluri a lenta corsa) si avviarono alla caccia di navi di grande tonnellaggio, incrociatori ed eventuali por­taerei presenti in rada.
Gli operatori agli S.L.C. erano: il tenente di vascello Gior­gio Badessi, con il sottocapo palombaro Carlo Pesel, il tenen­te del genio navale Guido Arena, con il sottocapo palombaro Ferdinando Cocchi e il guardiamarina Giorgio Reggioli con il sottocapo palombaro Colombo Pamolli.

Poco dopo le ore 24, l'intero gruppo era partito all'assalto. L' "Ambra" avrebbe atteso il ritorno in immersione, adagia­to sul fondo, ma con Jacobacci in superficie per indicare il punto del rientro al ritorno degli operatori. Dopo un po' gli ancoraggi andarono in allarme: razzi, fasci luminosi dei riflet­tori frugavano nelle tenebre la superficie del mare; scoppi di cariche di profondità, raffiche di mitragliatrice. Gli assaltatori dovevano essere stati scoperti e si era scatenata la caccia.
La situazione dell' "Ambra" in bassi fondali e con gli ap­parati di scandaglio in avaria diventava sempre più pericolosa e precaria. L' "Ambra" sarebbe rimasto in attesa fino alle ore 1,00 per il recupero degli operatori. Passò l'ora fissata ed Aril­lo decise di prolungare l'attesa di qualche ora, ma fino alle 2.30 nessuno rientrava. Jacobacci in superficie aveva udito delle voci, ma queste ebbero solo l'effetto di mettere in al­larme la nave più vicina. Arillo trepidava, preso dal desiderio di non abbandonare i suoi uomini e attendere ancora al di là degli orari fissati, e la coscienza del dovere di provvedere in primo luogo alla sicurezza del sommergibile e dell'equipag­gio.
Vennero le 2.45 e 1' "Ambra" era sempre lì ad attendere, mentre in superficie era tutto un incrociarsi di unità navali a caccia degli assaltatori e dei loro mezzi. Alle 2.54, dopo circa due ore di attesa, Arillo dovette cedere: il suo dovere di comandante glielo imponeva. Con rammarico, sempre stri­sciando sul fondo lentamente iniziò il ripiegamento con molta difficoltà, aggravata dalla mancanza di quegli strumenti per l'orientamento andati in avaria a causa della tempesta che aveva dovuto affrontare in rotta di avvicinamento.
Procedendo alla cieca, il momento più drammatico si ebbe quando il battello andò a scontrarsi contro un relitto sommer­so. Ma l'abilità ed il sangue freddo del Comandante ebbero la meglio e 1"'Ambra" potè raggiungere il largo da dove prese la rotta verso casa.

Alle 19.45 il sommergibile emerse dopo essere stato im­merso per ben 36 ore in condizioni difficilissime.
Dopo tre giorni 1' "Ambra" si ormeggiò alla banchina sommergibili dell'Arsenale di La Spezia.
In quella impresa emerse la perizia marinaresca, l'abilità di comando, il coraggio del comandante Arillo.

L'Ammiraglio Spigai (divenuto poi Capo di Stato Mag­giore della Marina) descrisse e portò alla luce la coraggiosa ed incredibile impresa: affondate tre navi per 16.000 tonn. Una da 7000 tonn. danneggiata. I "gamma" partiti prima tra­scinandosi dietro i bauletti esplosivi, non disponendo di molta autonomia, puntarono sulle navi più vicine alle quali "ebbero cura" di applicare i "bauletti" ed innestare il congegno a tem­po per l'esplosione: la conseguente, inevitabile confusione tra il naviglio nemico avrebbe favorito il transito dei "maiali" diretti alle navi di maggiore tonnellaggio.
I "maiali" (S.L.C.) partiti in formazione riuscirono a su­perare indisturbati le prime navi destinate all'attenzione dei "gamma", quindi si separarono ognuno alla ricerca dell'am­bita preda. Mala navigazione si presentava molto difficile: gli apparecchi avevano subìto sensibili danni durante la furiosa tempesta incontrata. 1 manometri non funzionavano ed i con­gegni non rispondevano ai comandi. Arena, colto da malore, con grande sforzo di volontà riusciva a governare il siluro che non rispondeva ai comandi. Non volle mollare. Nell'impossi­bilità di proseguire, puntò verso le navi più vicine, mentre gli altri due equipaggi, cercando di evitare l'accurata vigilanza. procedevano verso le altre navi.
Reggioli puntò su una grossa nave intorno alla quale vi­gilava un battello girandovi intorno. Dall'inconfondibile sa­goma, capì di trovarsi al cospetto di una petroliera e quella attenta sorveglianza stava a dimostrare che doveva essere ben carica e, perciò, pronta a partire. Reggioli agì d'astuzia, gio­cando come il gatto col topo. Lasciò passare la vedetta, man­tenendosi bene occultato sott'acqua per balzare subito dopo verso la fiancata della nave, in tempo per non essere sorpreso al successivo giro della vedetta..Ma le conseguenze di quella dannata tempesta si manifestarono all'improvviso: i congegni non rispondevano più ai comandi. Fu necessario emergere sotto la fiancata della nave per lavorare in superficie alla ripa­razione, mentre qualcuno dell'equipaggio fumava in coperta. lasciando cadere la cicca accesa sulla testa dei due operatori.
Il rischio di essere scoperti incombeva e bisognava fare presto. Non appena predisposti gli attacchi, Reggioli si im­merse rapidamente seguito dal suo secondo e rimasero sor­presi nel constatare che quella nave non era dotata delle alette di rollio alle quali poter attaccare la carica. Ma non si persero d'animo. In mancanza di meglio, appesero la carica all'elica e, dopo aver attivato la spoletta, si allontanarono in cerca di un'altra preda: rimaneva un'altra carica. Reggioli guardò il cronometro: mancavano solo dieci minuti alla partenza del­1"`Ambra", tuttavia non volle desistere: una bella motonave faceva bella mostra di sé. Vi si diresse a tutta velocità, ma una vedetta li sorprese. Puntò su di loro il potente fascio di luce del riflettore e cominciò a sparare intense raffiche di mitra­gliatrice nella loro direzione (fortunatamente senza colpirli), mentre i due si gettavano sul fondo. Ma il non desiderato in­contro aveva bruciato quei residui minuti appena sufficienti per tornare all' "Ambra". Ormai privi di forze, sopraffatti dalla stanchezza, non restava altro da fare che inabissare il "maiale" dopo aver messo in azione il distruttore e nuotare verso la riva dove si lasciarono andare sdraiati sulla sabbia.
All'alba, cinque esplosioni si susseguirono, una dopo l'al­tra, Colarono a picco cinque navi: due minate dai "maiali"_ una terza dal tenente Arena e due dagli "uomini‑gamma".

L'impresa era riuscita malgrado tutte le difficoltà dovute alle avarie dei congegni.

Gli attaccanti vennero tutti catturati. Concentrati a bordo dell'incrociatore "Maidstone" vennero sottoposti a pressanti interrogatori davanti ad un plotone di esecuzione con i mi­tragliatori puntati. Ma non diedero alcuna risposta alle loro incalzanti domande, malgrado la minaccia. Vennero quindi trasferiti in campo di prigionia.
A1 comandante Arillo venne conferita la Medaglia d'Oro al VM. e la Medaglia d'Argento a tutti gli operatori.
Questa la motivazione della Medaglia d'Oro al Valor Mi­litare concessa al comandante Mario Arillo:

"Comandante di sommergibile, già distintosi per capacità ed ardire in altre missioni di guerra. Assegnato con la sua Unità alla X a Flottiglia MAS, si dedicava con intelligenza, capacità e tenacia alla preparazione del sommergibile al suo comando, forgiandone un'arma perfetta nello spirito e capacità dell'equipaggio e nell'efficienza del materiale. Si distingueva una prima volta, trasportando con successo un reparto d'assalto destinato ad agire entro un porto nemico del Mediterraneo orientale. Successivamente accoglieva con entusiasmo l'incarico di eseguire analoga missione contro un importante porto del Mediterraneo occidentale. Ostacolato dal maltempo, privo di informazioni esatte, tenacemente at­tendeva per più giorni nei pressi del porto nemico il momento favorevole finché, sfuggendo alla sorveglianza nemica, por­tava la sua Unità fino a poche centinaia di metri dal porto nemico e vicinissimo ad Unità da guerra e mercantili anco­rate in rada. Poteva così lanciare verso il sicuro successo un grosso reparto d'assalto che riusciva adoperare nell'interno del porto e in rada. Animato da alto senso di umanità e di cameratismo, restava sul posto per molte ore, in fondali bas­sissimi e quindi impossibilitato a difendersi in caso di scoper­ta, per tentare il recupero del reparto stesso e desisteva dal generosissimo tentativo solo quando il nemico, avvistati gli assalitori di ritorno, giunti già a pochi metri dal sommergibi­le, iniziava una violentissima reazione. Con mirabile calma e con la somma perizia, riusciva ad eludere la ricerca nemica c• riportava incolume alla base l'Unità al suo comando. "

(Mediterraneo, maggio‑dicembre 1942)

Fonti: T. Meneghini ‑ "Cento sommergibili non sono torna­ti" ‑ Ed. C.E.N. G. Giorgerini ‑ "Uomini sul fondo" ‑ Ed. Oscar Storia ‑ Mondadori.

L'Aeronautica Nazionale Repubblicana non li ha dimenticati

Nuovo Fronte n°262



L'AERONAUTICA
NAZIONALE
REPUBBLICAN
A
NON LI HA
DIMENTICATI




‑ Franco Benetti




Il 2006 si è concluso, con un intenso impegno che si è sviluppato nel ricordare il sacrificio e il valore di un pugno di aviatori della R. S.I.

Il 3 aprile a Roveredo in Piano, cerimonia in ricordo del Ten. Pilota Nando Spreca caduto in combattimento in difesa di Treviso; presenti i Sig. Venturi ‑ Follador ‑ Benetti ‑ Giraldo ‑ Raccanelli ‑ Biagianti.

Il 10 maggio a Megliadino San Vitale (PD) davanti al cippo fatto erigere dal Sig. Adriano Crema, proprietario del podere, è stato ricordato il Ten. Pilota Bruno Cartosio caduto per difendere la sua città, Verona. Presenti: Adriano Crema e Franco Benetti.

Il 18 maggio Commemorazione per la fine delle battaglie sulla linea Gustav nel Cassinate, dove Italiani e Tedeschi combatterono l'ultima battaglia per difendere Roma. II pilota Franco Benetti del 2° Gruppo Caccia dell'A.N.R. invitato per l'occasione, ha ricordato il sacrificio del Gruppo Siluranti Carlo Faggioni ‑che in quel periodo si sacrificò nella testa di ponte di Anzio e Nettuno ‑ deponendo una corona al monumento dei Caduti sul colle Abate, nei pressi di Cassino. Erano presenti il Gen. Von Senger Etterlin ‑ il Col. Julius Schlegel ‑ il Magg. Otto Sratschmayer della 44.a Div. che nel 1944 hanno messo in salvo il notevole materiale dell'Abbazia di Montecassino, prima a Spoleto e successivamente in Vaticano; per questo me raviglioso gesto non hanno meritato un ricordo? La Messa al campo è stata celebrata dal Reverendo Don Germano Savelli Monaco di Montecassino sopravvissuto al terroristico bombardamento che distrusse l'Abbazia; presenti il Sindaco di Cassino Vincenzo Leone ‑ il Dott. Walter Jannetta ‑ il Pres. Ass. Arm Aeronautica Carlo Ferrara con numerosi soci e moltissimi re duci giunti dall'Austria e Germania.

Dal 19 al 23 luglio i Piloti dell'A.N.R. come di consueto sono stati invitati al Traditionsverban ‑ Jagdeschwader 27 in Germania a Bad Reichenhall in Baviera, con i gruppi d caccia e bombardamento, che hanno combattuto a fianco de piloti italiani in Africa ‑ Sicilia e nel nord dal 1943 al 1945 La delegazione italiana è stata ricevuta dal Presidente dell Caccia Tedesca Gen. Peter Vogler ‑ Gen. Jorg Kuebart, per 1 nuova Luftwaffe dal Col. Klein JG 74 Molders, il Col. Hage JG. 77 Richstofen, dal Col. Moicke JG. 73 Steinof, e dalle Si gnore Heidi Galland Schóerelles, e l'ultimo asso della cacci mondiale Commodore Giinter Rall.
Il cerimoniere rivolge un caloroso saluto, felice per l'occasione che gli ha permesso di conoscere tanti aviatori che hanno servito la Patria. Poi, un ricevimento col benvenuto de Borgomastro nel palazzo comunale, e quindi, a conclusione della giornata, la deposizione delle corone alla base del mo numento che ricorda i soldati Caduti di tutte le guerre, tra cu spiccava quella italiana.




L'ultima giornata si conclude con un grande ricevimento presso il grand Hotel "Axelmannstein", con la consegna da parte Italiana dei Crest ai Comandanti degli Stormi: il cavalli­no rampante del 4° Stormo e i diavoli rossi del 3°, alla Signora Heidi Gallan un prezioso foulard raffigurante Venezia. Infine ci scambiamo il saluto di addio, che in cuor nostro speriamo sia un arrivederci per il 2007.
Il giorno seguente prima di partire per l'Italia, la nostra delegazione si reca al cimitero di San Zeno a Bad Reichenhall e davanti ad una fossa comune deponiamo dei fiori avvolti dal nastro tricolore. In quella fossa 1'8 maggio 1945 furono sepol­ti una ventina di giovanissimi soldati Francesi della Divisione Waffen/Grenadier "Charlemagne" fatti fucilare a guerra finita e senza un regolare processo dal Generale gaullista Leclere.

Tutti rifiutano la benda e cadono gridando "Vive la France". Piantata sulla fossa si erge una grande Croce di betulla, le foto dei Caduti, e il motto in francese "IL TEMPO PASSA IL RI­CORDO RESTA".

ONORE a questi figli della Francia che 1'8 maggio 1945 da prigionieri furono uccisi dal vincitore senza processo.

Il 19 novembre 2006 a Lutrano commemorato il Ten. Pilota Antonio Max Longhini, caduto nel cielo di Oderzo il 16.11.44 dopo aver abbattuto nello stesso giorno un P. 47 e un B. 17. Sul luogo del sacrificio è stata eretta una Stele: come ogni anno i superstiti dell'A.N.R. depongono una corona. Pre­senti alla cerimonia la sorella Luciana, le Ass. Arma Aeronau­tica di Treviso, Oderzo, Conegliano, Venezia, Vicenza, Ala. Vittorio Veneto, il Com.te della base di Istrana Col. Biavati, il Gen. Frascella.


Rievochiamo l'olocausto di questi valorosi, a gloria dei cinquemila Caduti dell'A.N.R. (RSI).
F. B.