martedì 11 settembre 2007

III°65 "11 settembre 1965 16 novembre 1966"







Folgoré


































Da I ragazzi della Folgore
C A P I T O L O I I


PSICOLOGIA DEL PARACADUTISTA

Febbraio 1942

RIUNITE a chiacchierare tre ragazzi della « Folgore » ed il discorso, esauriti gli argomenti d'immediato interesse, scivolerà per naturale inclinazione sul prediletto argomento dei lanci: ricordi, avventure, barzellette, tutta la spicciola cronistoria degli avvenimenti lieti e non lieti che hanno compendiato la loro vita audace, in quasi tre o quattro mesi di noviziato.
« Ricordi quella volta che rimasi appeso alla porticina dell'aereo? »
« E quando dimenticai di agganciare il moschettone? »
« E quella volta che Tizio cadde in mare! »
« E Caio che atterrò nelle latrine da campo? »
Ne parlano e ne ridono con la serena disinvoltura di chi ha venti anni ed ha già visto la morte da vicino tante volte da poter decidere ch'essa non è, tutto sommato, quel terribile avvenimento che paventa chi venti anni li ha passati ed ha in più un'ulcera allo stomaco.
E ancora di vicende di lanci ci si intrattiene a veglia, attorno alle tavole apparecchiate delle mense o sdraiati sulla rena calda della vicina spiaggia. La notte estiva ed il quieto sciabordio della risacca compongono io scenario ideale alla rievocazione di queste storie del paracadutismo cui il tempo e la tradizione orale conferiscorio già carattere di leggenda. Sono peripezie, di pionieri o avventure di volo e di guerra, cento vlte narrate dagli anziani ai nuovi venuti e da questi ritrasmesse ai successori come un patrimonio narrativo da Chanson de geste.
C'è per esempio la storia del tenente Baggioni. Tutti la conoscono ma tutti amano sentirla rievocare.
« Verna, dicci di quella volta che Baggioni rimase sospeso alla coda dell'apparecchio ».
« Ma ve l'ho raccontata cento volte » .
Non conta, vogliono sentirla centouna. E Verna, l'istruttore anziano della Scuola, quello che ha ormai battezzato paracadutisti migliaia di allievi; narra pazientemente.
Andò così. C'era un po' di vento e l'apparecchio sobbalzava. Baggioni, tenente istruttore, si lanciò per primo, ma chissà per quale caso, forse per un improvviso calo di quota dell'apparecchio, andò a impigliarsi con la sommità del paracadute nei piani di coda e vi rimase attaccato, sospeso, sballottato come un burrattino disarticolato. E gli altri paracadutisti, a bordo, non se n'erano avveduti e nel lanciarsi gli cadevano addosso rischiando la sua e la loro vita. Se ne acccrsero solo quando da terra fecero dei segnali. Verna ch'era a bordo s'affacciò e vide allora con orrore quel fagottino umano sbattuto nella scia dell'apparecchio, dieci metri sotto la coda. Vi fu un attimo di panico. Che fare: atterrare non si poteva, Baggioni si sarebbe sfracellato al primo urto con il suolo: tentare di tirarlo su, parimenti impossibile. II colonnello comandante del campo si alzò in volo con un Caproncino per tentare di passargli sotto e raccoglierlo a bordo, ma queste son cose che riescono solo nei film americani e lì si rischiava invece di affettare l'uomo con l'elica e far precipitare ambo gli apparecchi. E allora?
E allora a qualcuno venne in mente il mare e l'aereo prese a volare basso, a velocità ridottissima, sul litorale. Verna, spenzolato dalla porticina, faceva dei segni verso l'uomo sospeso per fargli intendere che sganciasse la cintura del paracadute e si lasciasse cadere nell'acqua. Baggioni per fortuna era ancora cosciente, e capì. Si liberò a fatica dall'imbracatura, guardò in giù, si fece mentalmente il segno della croce e si lasciò andare. Piombò sull'acqua da una quindicina di metri d'altezza, ad una velocità di più di cento all'ora, ed il corpo rimbalzò così: ciàf (e Verna batte abitualmen­mente una palma sull'altra, a meglio descrivere l'im­patto violento del corpo sullo specchio d'acqua). Sulla spiaggia c'era gente (dei coatti del vicino penitenziario, pensate) e si buttarono a mare a raccogliere l'uomo sve­nuto, prima che affogasse. Ebbene, lo credereste (e qui un attimo di sospensione drammatica a meglio colorire il racconto) Baggioni non s'era fatto nulla: non un osso rotte, né un'articolazione fuori posto. Choc nervoso, naturalmente, e commozione cerebrale, ma nulla più. Rimase quindici giorni istupidito in ospedale, e poi è tornato normale come me e come voi.
La storia di Baggioni suscita sempre commenti ap­passionati: « Ma non si poteva invece... » e « lo avrei provato... » e « M'avevano detto che l'acqua è più dura della terra », c via dicendo. E andandosene a dormire nelle cellette monastiche del campo scuola, i futuri paracadutisti rievocheranno inconsciamente la visione del fagotto umano trainato dall'apparecchio e udran­no il cià f del corpo nell'acqua e si sentiranno fieri di far parte d'una collettività in cui si possono vivere simili avventure.
Questa ed altre belle storie si raccontano a veglia i paracadutisti vecchi e giovani nel mentre la luna gio­cherella col mare e le messi dell'Agro stormiscono alla brezza notturna.
Ma la storia più bella, fra le belle la bellissima, è quella che ognuno di essi ha vissuto o vivrà: la storia del primo lancio. P‑ storia che non si narra, badate, perché ognuno preferisce serbarsela per sé, come il ri­cordo del primo amore. Sono memorie intime e deli­cate, a mezzatinta, che la parola male interpreta e la conversazione deturperebbe. Ne parleranno forse un giorno, da vecchi, ai nipotini: « Cinquant'anni fa, quan­do si faceva la guerra all'Inghilterra ed io ero paraca­dutista » , e quelli diranno in cuor loro che il nonno è un vecchio attaccabottoni e che un lancio col para­cadute, nel 1992, è roba da ridere.

Nel 1942, invece, il primo lancio è per l'allievo pa­racadutista un avvenimento non dissimile, per impor­tanza e per significato, dall'investitura d'un cavaliere antico. Ci si prepara da tempo, con un noviziato pari­menti duro e laborioso. Occorre superare prove d'ardi­mento ugualmente ardue per addimostrarsene degni. Si attende quel giorno con la medesima serietà e fie­rezza. È l'iniziazione. E il collaudo dello spirito. Si pensa: « Ce la farò? » e si attende con un bizzarro senso di ansia e di curiosità introspettiva il gran mo­mento, quello che rivelerà a noi stessi di qual materia siamo impastati.
Il mattino del gran giorno è occupato in febbrili pre­parativi. Si sente il bisogno di farsi belli per il primo incontro a tu per tu con la Sorte e si compie una toe­letta lunga e minuziosa. Si prova con qualche flessione l'elasticità dei muscoli, si abbozza una di quelle capo­volte atletiche che occorre fare atterrando, per attutire l'impatto. Tutto bene: la macchina dell'organismo ri­sponde a puntino, il novizio è pronto per la prova. Casco, tuta, guanti e ginocchiere, e su nell'aereo che attende brontolando a basso regime. Un'accelerata as­sordante del motore, una rullata a mezzo campo e si è in aria. Gli uomini, in piedi, tendono istintivamente i corpi in avanti per controbilanciare il decollo. Nella inquadratura della porticina aperta, quella che fra bre­ve dovrete varcare, si snoda una fugace visione di cam­pi, di alberelli e di piccole cose buffe della vita di lag­giù. Par di essere affacciati ad un balcone sul mondo (poiché quella specie di presepe animato che vi tra­scorre sotto è il mondo) e vi sentite assai lontani ed avulsi da quel complesso d'aspetti, d'interessi, di lotte e di difficoltà in cui si compendia l'esistenza umana. L'idea di doverci tornare a capofitto vi contorce lieve­mente le budella.
Attenzione. L'aereo ha virato (ed il vostro corpo che già sentite inerte e fastidioso come un'inutile zavorra si tende faticosamente in fuori a controbilanciare lo squilibrio). L'istruttore dispone gli allievi in fila lungo la carlinga, si assicura che ognuno fissi la fune del paracadute all'apposito ritegno, fa a gesti qualche ul­tima raccomandazione. Di tutto ciò avete una visione sfocata da sogno. L'aereo vola adesso rettilineo, a mo­tori ridotti, spanciando lievemente. L'istruttore, che assume in quel frangente, ai vostri occhi, l'aspetto so­vrumano e terribile di supremo arbitro della vostra vita, vi fa un cenno: tocca a voi. Vi avvicinate alla porti­cina, vi aggrappate saldamente ai due stipiti e flettete le gambe in attesa che il semidio ritto dietro di voi vi avverta con un colpetto sulla spalla: è il momento del lancio. In questa posizione trascorrete all'incirca un secolo. A dire il vero si tratta solo di pochi secondi, ma a voi sembrano più lunghi di un'intera esistenza. I1 vento di corsa vi schiaffeggia violento e vi ottenebra la vista; avete in gola un acre sapore di olio di ricino e di gas combusti; nel cervello assordato dal motore vi turbina una ridda smozzicata di pensieri, balzellanti attorno ad una frase monocroma: <>
EQUES




4 commenti:

  1. Sono il Par. Natale Gonnella di Milano ,Smipar 3^ comp.poi C.ia Comando con Ten. Caccavella.
    Brevetto 15579 matricola 3146 3° 65.Mitico.
    Ho riconosciuto alcune facce dalle foto pubblicate e chissà se qualcuno si ricorda di me.se si fatevi sentire se no FOLGORE !!!!
    Saluti a tutti vecchie canaglie.

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    1. Ho trovato questo sito solo recentemente, sono il Par.Vito Filippi di Milano del 3° 65 facente parte della Comp.Comando ufficio Selezione con il maresciallo Morroto e il tenente Caccavella. Sarebbe bello poterci riunire per brindare ai bei tempi, che dite. forza FOLGORE!!!
      Contattatemi se potete al: 339 8159018
      mail vitocesare@libero.it

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  2. Se apri "ALLA PORTA" trovi il tuo nome fra gli appartenenti alla Compagnia Comando.
    Nella foto ci siamo io milanese come te e Piacentini in tuta da lancio per il decollo di quella giornata gli altri o li ricordo.
    Folgore!

    N.B. su caccavella non apriamo la pagina pietosa riferita al "bindellino"

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    1. Ciao, sono Vito Filippi del 3° 65 reclutato esattamente il 5 settembre e trovatomi nella 2^ Compagnia 3° plotone 5^ squadra con quasi tutti commilitoni milanesi.Passato poi alla Compagnia Comando presso l'ufficio Selezione con il maresciallo Morroto e il Ten:Caccavella.
      Vorrei poterci incontrare per rivivere quei tempi con tutti i vecchi commilitoni e con questa speranza lascio il mio recapito: cell. 339 8159018
      mail vitocesare@libero.it
      FOLGORE!

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