domenica 9 settembre 2007

9 settembre 1943 Morte di Aberto Bechi Luserna - Ricordo del capitano Corradino Alvino

Comandò il primo battaglione 11 Nembo" impiegato sul fronte di Nettuno




Ricordo del capitano Alvino


Il primo battaglione di paracadutisti italiani schierato sul fronte di Nettuno nei ranghi della quarta divisione tedesca fu il "Nembo" del capitano Alvino, morto a Napoli diciassette anni fa, dimenticato da tutti. In suo ricordo il "Secolo d'Italia" pubblicò, il 6 novembre 1990, un bellissimo articolo del paracadutista Alfio Porrini, uno dei ragazzi di Alvino, purtroppo anch' egli scomparso nell’ aprile dei 1994. Siamo lieti di riproporne alcuni passi tra i più significativi.

"...il capitano paracadutista Corradino Alvino ‑ scrisse Porrini ‑ terminò la sua vita afl'età in cui oggi s'è ancora protetti e vezzeggiati da tutte le tenerezze e tutte le comprensioni. A 32 anni, per un crimine di guerra non commesso (la tragica morte dei colonnello Bechi Luserna, capo di stato maggiore della "Nembo", avvenuta in Sardegna subito dopo l'infausto 8 settembre ‑ n.d.r.)

(Lettera autografa del Ten. lucio Grimani testimone presente al fatto che scagiona il cap. Corradino Alvino e i suoi subalterni dalla responsabilità della morte di Alberto Bechi Luserna -n.d.r)

egli venne murato vivo in un crudele e folle isolamento kafkiano, vittima della ferocia settaria, ma anche delle paure, delle prudenze, degli egoismi. Un tentativo di evasione drammaticamente fallito lo distrusse poi nel corpo e nello spirito. Venne abbandonato, dimenticato, dato per morto. Liberato dopo lunga detenzione, scomparve nell'anonimato di una squallida miseria da cui lo trassero solo le pazienti ricerche del ,capitano Del Zoppo. Alvino poté così finire i suoi giorni in una dimensione meno atroce e disumana... Alvino fu un comandante ardente, imprevedibile, focoso. Il suo dramma travolse l'intera famiglia, ma la vedova mi ha ricordato, con una punta di amarezza, che la vera famiglia di Alvino furono sempre e soltanto i suoi soldati... C'è ancora chi si vanta di aver resistito nei lager alle insistenze tedesche per mandarlo a combattere. La storia documenta, invece l’amara verità di un alleato tedesco che diffiida persino dei volontari fscisti e considera suprema eresia affidare anche un solo metro di prima linea ai compatrioti di Badolio. Fu grande merito anche di Alvino l’aver superato queste opposizioni e l'essere riuscito a schierare sul fronte di Nettuno, appena diciotto giorni dopo lo sbarco alleato, i trecento italiani del suo battaglione "Nembo", che peraltro fu inserito nella 4^ divisione paracadutisti di Trettner con mille perplessità e solo "per ragioni politiche". Ma ogni diffidenza viene spazzata via già dopo una settimana: il contrattacco tedesco del 16 febbraio vede il "Nembo" primo fra i primi. Da quel giorno, e sulla conferma di tutti i comportamenti successivi, i tedeschi riconoscono nei paracadutisti italiani dei camerati valorosi e leali, di cui citano le gesta perfino nei solenni bollettini di guerra che l'Okw diffonde quotidianamente in tutto il mondo. A seguito delle pesantissime perdite, i superstiti si contraggono in tre plotoni, dei sei originari, formando la Compagnia autonoma "Nettunia” mentre il Battaglione "Nembo" andrà a ricostituirsi, col gemello “Folgore", a Spoleto. La gelosa cura degli istruttori tedeschi del maggiore Kruege blocca ogni invio di complementi al fronte perché i periodici salassi ostacolerebbero la formazione di quel reparto solido, efficiente e omogeneo che, completato dal Battaglione "Azzurro", fu il Reggimento Folgore Così i superstiti tre Plotoni della Compagnia "Nettunia" continuano ad assottigliarsi giorno dopo giorno ... i primi di maggio, quando eravamo ridotti a quattro gatti, Alvino ebbe una delle sue trovate provocatorie con un suo ordine dei giorno, i tre Plotoni erano trasformati in compagnie, mentre la Compagnia “Nettunia” ridiventava battaglione.

Un battaglione di un centinaio di uomini.

Ma di lì a poco quel centinaio uomini diede nuovamente prova d suo valore. Al comando di Alvino ripiegarono combattendo, tutti uniti, i resti quello che era stato un superbo battaglione di paracadutisti."

5 commenti:

  1. Questa parte di storia dovrebbe essere insegnata a scuola purtroppo l'unica cosa che si insegna e' il valore del tradimento e del banditismo che prende il nome di resistenza....
    Folgore

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    1. a volte le ingiustizie hanno il potere di cambiare il corso della storia e della vita non solo delle vittime ma di tutti coloro che li circondano. A volte da piccola le persone mi facevano sentire l'erede della criminalita'. Quasi come se zio Corrado fosse stato mafioso. Eppure lo vedevo come un uomo dalla grande dignità. Oggi sono fiera (finalmente) di ritrovare lo stesso sulle pagine di storia, come un valoroso guerriero!!!

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    2. Di suo Zio ho avuto solo parole encomiabili dai reduci ma anche da chi lo ha conosciuto in vita.
      Quanto Lei trova in questa pagina sono testimonianze, quella di Lucio Grimani mi è stata data personalmente.

      Corrado Alvino ha avuto la sventura di avere un incidente che ha avuto una vittima illustre ma purtroppo massone.

      Si sa che la massoneria ha sempre stretto legami con le mafie a partire dai fatti che alcuni chiamano unità del paese, il tal giuseppe garibaldi mercenario massone in sicilia assoldò i picciotti della mafia, gli occupanti della 2^ G.M. oltre ad aver avuto il contributo dei massoni a partire dal 10 giugno del 1940 "vedi art. 16 del trattato di resa incondizionato che recita in tema di conniventi con il nemico trattandoli da eroi" si sono serviti delle mafie per avere quel sostegno logistico che gli ha permesso di aggiustare il tiro contro il popolo.
      Contro tutto questo si sono schierati Uomini come Corrado Alvino combattendo per L'ONORE d'ITALIA e il nemico più difficile e inaccettabile il traditore!

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    3. http://www.anpdiroma.it/anpdi-roma-eventi-manifestazioni/203-t-col-par-alberto-bechi-luserna.html

      Signori, questa è la lettera recentemente inviata alla associazione Partigiani d'Italia e pubblicata dall'ANPdI.

      Il cap. Alvino fu uno dei migliori ufficiali della Nembo. Il processo fu una tragica farsa. Mio nonno t. col. par. Domenik Herbet Manfredi Luserne von Staufen, cugino e amico d'infanzia di Alberto Bechi Luserna, fu condannato a morte nel 1947. Alberto Bechi Luserna non fu un massone , MAI!

      Enrico Manfredi Luserne von Staufen

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    4. Medaglia d'oro al valor militare
      «Ufficiale di elevate qualità morali ed intellettuali, più volte decorato al valore, capo di S.M. di una divisione paracadutisti, all'atto dell'armistizio, fedele al giuramento prestato ed animato solo da inestinguibile fede e da completa dedizione alla Patria, assumeva senza esitazione e contro le insidie e le prepotenze tedesche, il nuovo posto di combattimento. Venuto a conoscenza che uno dei reparti dipendenti, sobillato da alcuni facinorosi, si era affiancato ai tedeschi, si recava, con esigua scorta e attraverso una zona insidiata da mezzi blindati nemici, presso il reparto stesso per richiamarlo al dovere. Affrontato con le armi in pugno dai più accesi istigatori del movimento sedizioso, non desisteva dal suo nobile intento, finché, colpito, cadeva in mezzo a coloro che egli aveva tentato di ricondurre sulla via del dovere e dell'onore. Coronava così, col cosciente sacrificio della vita, la propria esistenza di valoroso soldato, continuatore di una gloriosa tradizione familiare di eroismo[10]»
      — Sardegna, 10 settembre 1943


      Amerigo de Catibi

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