venerdì 18 maggio 2007

I ragazzi che riscattarono l'Onore


Da NUOVO FRONTE N° 231 Ottobre 2003



"I ragazzi che riscattarono l’Onore"

Nino Arena ‑

Scuola Paracadutisti di Tradate ‑ RSI



In occasione del 60° anniversario relativo alla costituzione della Scuola Paracadutisti RSI di Tradate (8 ‑ 9 novembre 2003) uscirà la prossima opera editoriale dello storico Nino Arena "I ragazzi che riscattarono l'Onore" (Storia del Reggimento Arditi Paracadutisti "Folgore" ‑ RSI 1943/45) Edizioni della Moletta Roma -a cura e ricordo dei superstiti-. Vi si rievoca la storia della Scuola, la tragedia della guerra civile vissuta dall'Autore in prima persona e l'eroismo dei giovani che, rifiutando il tradimento e la resa, accorsero al "Folgore", "Nembo", "Azzurro", "NP", "Mazzarini" ‑ come nelle altre Unità delle FF.AA. ‑consacrandosi alla causa dell'Onore.

La PAGINA PIÙ BELLA e signifi­cativa fu quella del volontarismo giovanile nella RSI, trattata in un libro di prossima uscita che descrive le vicende di guerra del Reggimento "Folgore" dell'ANR.

Furono migliaia nella RSI i volontari, forse decine di migliaia ma probabilmente superarono i centomila. senza contare gli oltre duecentomila volontari che fra l'armistizio e la trasformazione da IMI in combattenti scelsero di battersi per l'Asse.

Questa volta parleremo dei giovani, protagonisti di uno straordinario fenomeno all'inverso: presentarsi per combattere nella parte perdente anziché attendere per poi buttarsi col vincitore come fecero molti opportunisti. Un fenomeno che ha incuriosito uomini politici come Ciampi e Violante, che ebbero parole di rispetto per quei giovani, sia pure con taluni distinguo necessari e salvare le apparenze come politici e avversari.

La lunga, difficile strada dell'Onore era irta di ostacoli, pericoli, difficoltà di ogni genere; per percorrerla era necessario disporre di qualità umane e maturità di scelta, senza far conto sulle emozioni e la superficialità da sempre presenti nel nostro DNA nazionale.

Quella scelta generosa e disinteressata ebbe come premio il sacrificio, la morte che mieté a piene mani, il carcere, il campo di prigionia e per tutti l'emarginazione, anche se in contraddizione si ebbe il riscatto dell'onore ottenuto a caro prezzo, per ridare all'Italia dignità di nazione, rispetto etnico, stima e considerazione perduti ma ritrovati, di cui molti italiani igno­rano l'evento per voluta disinformazione ge­neralizzata o ignoranza storica: ma il miracolo si avverò e la Storia lo annotò diligentemente e doverosamente.
Accorsero un po' ovunque, presentandosi dove c'era un Comando, un reparto, una ban­diera, un comandante carismatico, di propria volontà oppure in un coinvolgimento imprevi­sto accettato obtorto collo. lo venni "rapito" da paracadutisti tedeschi per fare da guida nel­la città e trascorsi tre settimane con loro nel Lazio prima di essere "congedato" e presen­tarmi ad un centro di arruolamento italiano nella fattispecie il prestigioso Campidolio dove mi offersi in ottobre del 1943. Avevo scelto i paracadutisti

Avevo esattamente 17anni e 10 mesi quando venni ufficialmente registrato dopo una patriottica cerimonia ufficiale con cineoperatori, Luce autorità, musiche marziali. Mi diedero una coccarda tricolore (che ancora conservo) ci fecero discorsi di circostanza (eravamo un centinaio di volonta­ri di ogni età e condizione sociale fra cui una ventina pro paraca­dutisti).

La giornata fu lunga, faticosa, emozionante: registrazioni di prammatica, trasferta allo Stato Maggiore Esercito in Via XX settembre, allocuzione del generale Gambara, spostamento alla caserma Medici in Via Sforza (di fronte alla Presidenza ANPdl), lunghe ore inutili in attesa del nulla, disorganizzazione, indiffe­renza, curiosità, fame, delusione fino a sera. Poi improvvisa­mente giunse la salvezza: il sergente maggiore Sanna, mutilato della "Folgore" a El Alamein ascolta le nostre lamentele, ci por­ta alla caserma Ferdinando di Savoia vicino alla stazione Termi­ni, chiede a gran voce, minacciando, di darci qualcosa da man­giare ‑ sono le 21.30 del 15 ottobre ‑ discussioni, litigi, rifiuti burocratici, ordini e contrordini (stanno cucinando il rancio per il giorno successivo), poi finalmente acconsentono a farci un po' di brodo e un pezzo di lesso ma occorrono la gavette che non ci sono in quella sudicia caserma saccheggiata all'armisti­zio, abbandonata, resuscitata in emergenza, dove si vive alla gior­nata. Recuperiamo una gavetta e a turno mangiamo qualcosa di caldo. Sono stanco, amareggiato, deluso; ma non è ancora fini­ta! Ci sono enormi cameroni vuoti, freddi, sporchi e all'ultimo piano una camerata con brande e pagliericci luridi, vetri rotti, spifferi ovunque, fioche luci. Dormo fra due pagliericci, paten­do il freddo e la rabbia e penso alla mia cameretta alla Garbatella, ai miei genitori, ai fratelli, a ciò che ho perso in cambio di delu­sioni, alle loro preoccupazioni, al mio futuro nebuloso e incerto. Mi sorregge soltanto la fede e la volontà a non mollare.
Non fu il mio un caso isolato, poiché con me soffrirono tutti coloro che avevano scelto di battersi per riscattare il disonore: non vuote parole retoriche frutto di educazione politica artefatta, ma il meglio degli insegnamenti ricevuti, poiché indubbiamente qualcosa di buono c'era ed io avevo vissuto quasi 18 anni di regime ed eventi importanti. Dovevo resistere e andare avanti per la strada scelta.

Il mio "giorno più lungo" ebbe nei giorni successivi analoghi svolgimenti (venni persino morsicato da un cane) poi pian piano la normalità prese il sopravvento: andai a Palidoro, co­nobbi il maggiore Mario Rizzatti, rividi il Capitano D' Abbundo che avevo conosciuto a Viterbo e mi assegnarono al suo batta­glione nel plotone comando del tenente Antonio Esposito a Casal Turbino ‑ 57° km dell'Aurelia.

Si apriva un nuovo mondo per me, quello che avevo desiderato e finalmente trovato. Di­fendiamo un tratto di costa con l'aeroporto di Furbara; postazioni a mare, sulla ferrovia, zone minate, bunker, cannoni controcarro e mitra­gliere contraerei che usiamo con frequenza contro Thunderbolt e Lightning che scorazzano sulla spiaggia a bassa quota mi­tragliando tutto quello che vedono.

A fine anno trasferimento a Spoleto dove l'XI Flieger Korps del Generale Student ha allestito un centro di addestramento tattico per costituire un Reggimento di paracadutisti ita­liani. Il merito di tale iniziativa va al Maggio­re Rizzatti, al suo parlar chiaro, anche nei con­fronti di Mussolini, da Lui criticato in una sua lettera censurata. Mussolini non volle riceverlo a Gargnano chiedendo una lettera di scuse che Rizzatti non riuscì a compilare, ma lasciò un lungo promemoria con la storia del "Nembo" dalla Sardegna alla Corsica e alla difesa del litorale laziale, da Maccarese a Cerveteri. Mussolini in cuor suo apprezzò questo corag­gioso soldato dell'Onore e fece di tutto per realizzare il suo promemoria, chiedendo al Ma­resciallo Göering il necessario aiuto, a Kesselring, a Student, all'ambasciatore Rahn il dovuto appoggio.

I risultati non si fecero attendere: centro tattico di Spoleto per costituire, addestrare e armare modernamente un Reggimento su 4 battaglioni per 2400 paracadutisti, invio in Germania di 160 allievi alla scuola di lancio di Friburgo, invio in Francia (Le Courtine di Avignone) di un gruppo di Ufficiali per un corso di tattica a livello superiore, invio alla scuola tattica di Città di Castello di Ufficiali e Sottufficiali per un corso di preparazione a li­vello di reparto inferiore (plotone/compagnia). Assegnazione al costituendo Reggimento dei Nuotatori Paracadutisti della X. a MAS, dei pa­racadutisti recuperati in altri Reparti e del costituendo battaglione Arditi Paracadutisti del­l'Aeronautica, cui era stata assegnata, nel nuo­vo regolamento e ordinamento delle FFAA / RSI, la responsabilità di servizio per l'Arti­glieria Contraerei (AR.CO) e per i Paracadu­tisti (come nell'ordinamento della Luftwaffe). Il nuovo Reggimento ‑ denominato "Folgo­re" ‑ sarebbe stato assegnato una volta costi­tuito e addestrato, alla completa competenza dell' ANR.
Per tale ambizioso programma, lo SM/ ANR costituiva in novembre a Tradate nel Varesotto, una scuola di paracadutismo utiliz­zando un gruppo di provetti istruttori di Tarquinia/Viterbo e le attrezzature delle vecchie scuole recuperate. Un bando di concorso per volontari nei paracadutisti dell'Aeronau­tica (APAR) vide la presenza di oltre 2000 aspiranti, di cui 500 vennero selezionati per costituire il nuovo battaglione chiamato "Az­zurro". Si era messa in moto una grande or­ganizzazione italo‑tedesca, poiché 1'XI. FI. Kps. aveva selezionato oltre un centinaio di istruttori al comando del Magg. H. Kruger re­sponsabile per l'addestramento secondo le severe regole di preparazione tattica della Wehrmacht. A farne le spese gli oltre 1.200 italiani concentrati a fine 1943 presso la caserma "Garibaldi" di Spoleto (già sede dei "Cacciatori delle Alpi") mentre altri 1300 erano fuori sede impegnati nei vari corsi di preparazione. Sfumava la previsione di incor­porare il Btg. NP (Cap. GN. Nino Buttazzoni) poiché il Comandante Borghese non volle ri­nunciare al prestigioso Reparto d'élite della "Decima", mentre prendeva corpo la nascita di un nuovo battaglione di allievi paracaduti­sti, che stava costituendo il Comando Genera­le della GNR nei pressi di Brescia. Ma anche questa eventualità sfumava per il rifiuto della GNR a privarsi del suo eccellente "Mazzarini".

All'inizio del 1944, mentre ferveva la pre­parazione dei singoli reparti allievi nelle di­verse sedi, si verificò un fatto importante: gli "alleati" erano sbarcati il 22 gennaio fra Anzio/Nettuno (operazione "Shingle") per creare una situazione di pericolo alle spalle della linea "Gustav" che difendeva Cassino, ed accorciare in tal modo la guerra in Italia, com'era nella visione del Premier Winston Churchill. Il Maresciallo Kesselring, fronteggiò il grave pericolo diramando la parola convenzionale "Richard" (pericolo di sbarco nemico) e da ogni parte si mossero le Unità destinate a contrastare tale minaccia. Partiva dal perugino la 4.a Divisione paraca­dutisti (Gen. Heinz Trettner) che si trovava in addestramento in Umbria, ancora incompleta. Mussolini colse al volo la situazione di diffi­coltà in cui si trovava l'H. Gr. C di Kesselring e, memore della volontà contenuta nel memo­riale Rizzatti, interpellò Kesselring per accer­tare se vi era la possibilità di impiegare nella zona di sbarco anche Reparti italiani. Non era la prima volta dall'armistizio, che Reparti italiani combattevano per rispettare i patti d'alle­anza dell'Asse, riscattando con l'azione il tra­dimento badogliano, poiché numerosi Reparti avevano ripulito le retrovie della "Gotica" dalla presenza di ribelli e sbandati ed un numeroso gruppo di Arditi camionettisti/paracadutisti del X° Rgt. Arditi, che lo stesso giorno dell'armi­stizio si era schierato con i tedeschi, aveva se­guito le sorti della 2.a Fallschirmjäger (Gen. Bernard Ramcke) trasferita dall'Italia in Russia. Assegnati al 2° Btg. Pionieri (Magg. Gestner) combatter in Ucraina nella zona di Nowgerodka, Jitomir, Baranivka, dove moriva il Comandante Cap. Paolo Paris decorato di MOvm memoria, con numerosi altri Arditi. I superstiti si batteranno ancora nel 1944 a settembre ad Arnhem contro i paracadutisti inglesi. I pochi rimasti rientreranno a Tradate nell'autunno. Altri Caduti per l'Onore si erano registrati già il 10 settembre Salerno: par. Giovanni Zucca (giorno 10), Busolini Giordano, D'Anna Mario, Aldo Palazzo, Roggiopane Giovanni e Vulcani Tullio (il giorno 11 settem­bre) appartenenti al 3° Btg. "Sala" e al 12° "Rizzatti", caduti a Battipaglia e in Sardegna, cui andavano aggiunti gli' altri caduti in Corsica nei giorni successivi.

Non quindi diserzione da11a storia, ma protagoni­sti della storia sin dai primi giorni dell'in­fausto armistizio.

I1 19 febbraio un ordine di servizio della 14.a AOK (Gen. Von Mackensen) n. 1370/44‑14AOK, richiedeva l'approntamento di un Reparto italiano di 300 uomini con un plotone servizi, da trarre fra i 1200 in addestramento a Spoleto, completo di Ufficiali italiani, uniforme italiana, insegne italiane (era evidente il pensiero di Rizzatti) tradotto in pratica dal Prefetto Dolfin, suo com­paesano friulano, nella stesura dell'ordine te­desco, poiché il Segretario particolare di Mussolini aveva sollecitato in alto (su ispira­zione del Duce) l'OKW. Il Reparto era desti­nato a rinforzare la 4.a Divisione "Trettner" e sarebbe stato armato ed equipaggiato a cura che al trasporto. L'ordine precisava ancora, che il modesto grado di addestramento raggiunto (era iniziato sol­tanto da 5 settimane) consigliava l'impiego in Reparti tedeschi ripartiti tra i Reggimenti 10° e 11 ° (una squadra di veterani allo sturm rgt.). Vennero selezionati 350 uomini ripartiti fra 310 pa­racadutisti anziani e 39 giovani volontari, suddivisi fra il 1 ° plo­tone M.Ilo Tomasi Canova, 2° S. Ten. Ubaldo Stefani, 3° S. Ten. Mario Angelici, 4° S. Ten. Angelo Fusar Poli, 5° S. Ten. Domenico Betti (mi aveva arruolato a Roma Hotel Continenta­le), 6° S. Ten. Antonio Esposito (era stato il mio Comandante di plotone a Casal Turbino).

Il comando del Btg. di formazione "Nembo" venne affidato al Cap. SPE Corradino Alvino. Giunti ad Ardea il 12 febbraio, sotto­posti ad un breve addestramento con fucile Maser 98K, MG. 42, pistole P 38, bombe a mano e conoscenza di mine shu e teller, le nuove moderne armi tedesche consegnate con MP. 41 e una decina di Thompson gun USA catturati.

Distribuiti fra i tre Reggimenti, gli italiani andarono in linea il 14 e raggiunsero le posizioni sul torrente Moletta, fronteggiati dai fanti inglesi della La Div. Ftr. Sistemati su quote tattiche superiori e non a fondo valle. L'offensiva te­desca "Fishfang" stabilita per il 16 alle ore 06.30, prevedeva un attacco di Stukas sulle prime linee e un suc­cessivo fuoco di artiglieria, disposi­zioni che vennero intercettate e tra­dotte in chiaro dal servizio campale ULTRA che provvide a far arretrare le prime linee inglesi di 400 metri, evitando gli effetti del bombarda­mento aereo e dei cannoni, col velo­ce rientro sulle posizioni originarie subito dopo la preparazione d'attac­co. Ad eccezione di alcune inesattezze di tiro, il bombardamen­to aereo e quello dell'artiglieria non procurarono gravi danni e quando alle ore 06.30 sui 14 km. di fronte iniziò l'attacco, fu difficile aver ra­gione del nemico, anche se ovunque furono occupate le posizioni inglesi con gravi perdite da ambo le parti e numerosi prigionieri catturati.

Il "Nembo", su cui incombeva una grande responsabilità morale, fece la sua parte con grande impe­gno, valore, sacrifici (oltre il 70% di perdite) suscitando consensi, elogi, stima e ammirazione. Ci furono 74 caduti, 90 feriti, otto dispersi, anche se il premio a tanti sacrifici fu la riconquistata fiducia e il riscatto morale degli italiani.

A Spoleto proseguiva l'addestra­mento con teutonica "crudeltà men­tale" esercitata senza risparmi dai terribili Waffenlehrer, preparazione che in maggio venne estesa anche al Btg. "Azzurro" giunto da Tradate dopo i lanci su Venegono.

Vennero superati problemi di fon­do e quando Rizzatti ebbe sentore che il "Folgore" a preparazione ultimata sarebbe stato utilizzato dai Comandi tedeschi in totale misura, parlò col Gen. Lungerhausen (conosciuto in Sardegna con la 90.a Pz. Div. e ora Generale Ispettore per le nuove Unità italiane destinate al fronte) che riuscì a modificare la formula del giuramen­to con una clausola particolare, a ri­fiutare le uniformi Luftwaffe con l'aquila e svastica, che voleva ufficiali italiani, insegne italiane, responsabi­lità italiane. Ci furono colloqui ad alto livello fra Graziani e Kesselring per quel piccolo terremoto attivato dal cocciuto Maggiore friulano, ma alla fine gli italiani la spuntarono relegan­do ai soli Comandi tedeschi di G.U. l'impiego operativo.

Il "Folgore" si completò, prese un indirizzo addestrativo omogeneo, subì alcune modifiche, prese in carico il personale istruttore dell'XI Flieger Kps 15 ufficiali, 67 sottufficiali, 56 graduati e truppa che costituirono col Magg. Knolke, lo Stab Reggimentale operativo e di collegamento (Verbidung 1 ° F. Sc. Kps (Gen. Alfred Schlenun) il Reparto guardie (Wache Zug), la Cp. Trasmissioni (Nachcriten Kp) il Reparto cacciatori di carro (Pz. Jager), il Reparto trasporti, vale a dire tutti i servizi reggimentali direttamente impegnati al funzionamento operati­vo del Reggimento, il cui comando titolare venne affidato al Ten. Col. Edvino Dalmas e quello operativo al Maggiore Otto Frederic Kruger coadiuvato dal Maj. Knolke Hans distaccato dal 1 ° Corpo Paracadutisti, risolvendo in tal modo i vari proble­mi dei collegamenti, delle trasmissioni, dei servizi e dei trasporti che ri­chiedevano personale specializzato a conoscenza della lingua tedesca e del­la procedura tattica in uso nella Wehrmacht. A fine maggio dopo una riuscita operazione tattica alla presen­za del Gen. Kurt Student, responsabi­le dell'addestramento a livello di co­mando dell' 11 ° Corpo Aereo, il Rgt. "Folgore" veniva considerato idoneo al combattimento e inviato al fronte come riserva tattica a disposizione del 1 ° Corpo Paracadutisti, che aveva pre­visto il suo impiego nella zona a nord di Ardea fra Castel Porziano, Castel di Decima, Malpasso, Pratica di Mare dove correva la linea difensiva "Caesar" approntata a difesa del trat­to di pianura da Campoleone al mare e alla base dei colli Albani fra Lanuvio, Albano, Ariccia, Velletri.

Contrariamente alle aspettative per un impiego unitario per i 1201 ita­liani attesi al fronte dai 433 paracadu­tisti del "Nembo" (stranamente chia­mato 4° Btg. negli ordini di servizio tedeschi), l'impiego unitario non ebbe luogo a causa dei movimenti del fronte precipitati negli ultimi giorni di mag­gio e il "Folgore" venne inviato dove c'era bisogno per colmare una falla, sostituire un reparto distrutto, occu­pare posizioni importanti per la ritira­ta in atto. Furono sei giorni di com­battimenti ovunque, mentre il "Nem­bo" si portava nelle retrovie dopo tre lunghi mesi di linea e decine di morti, mutilati, feriti, dispersi. I combatti­menti più sanguinosi si ebbero al Fos­so dell'Acquabona (7.a Cp. Ten. Ro­mano Ferretto) e a Castel di Decima (Maggiore Mario Rizzatti poi Capi­tano Edoardo Sala). Fu una ecatombe di giovani vite e anziani parà. La 7.a riuscì a fermare l'avanzata della 3.a brigata inglese fino alla dissoluzione fisica del Reparto, la fortuita presen­za in zona di nucleo di sette parà della 6a Cp. che, isolati, rimasero a presi­diare una postazione vicino all'Acquabona fino a sera, per poi ri­tirarsi a nord bloccando la La Div. Ftr. del Gen. Penney: "... the final attacks on the Ardea Line took place on 3 June. The Forrester and KSLI of the Third Brigade, áfter some stubborn fighting on the Acquabona Ridge, drove the defender off it altough not. until a number of spirited counter attacks and fallen on them. During the night patrols roaming forward reported: no contact and the 18"Brigade were passed throught to take up the running". (dal diario di guerra della l.a Div. Ftr. Inglese).

Un pugno di valorosi paracadu­tisti aveva fermato una intera Briga­ta (la 3.a) costringendo ad una lun­ga sosta un'altra Brigata (la 18.a) destinata allo sfruttamento del suc­cesso. Ci furono splendidi episodi di valore col Ten. Ortelli (poi decorato di MOvm) quelli del gruppo Camesasca e Marani Tassinari, quel­lo di De Santis a Zolforata che cat­tura una cinquantina di fanti USA, quelli di Tomasi Canova e Lucchet­ti, Bernardi e i fratelli Strufaldi.

Il più importante combattimento del 4 giugno 1944 si svolse sulle altu­re di Castel di Decima ‑18 km. a sud di Roma ‑ protagonista il 1 ° Btg. del Magg. Rizzatti che difendeva la posi­zione e quando si profilò un grave pe­ricolo con l'intervento di Sherman del 46° RTR che minacciarono di accerchiamento le posizioni italiane.

Rizzatti non esitò a uscire dal suo po­sto campale di comando andando in­contro al nemico. Una raffica di mi­tragliatrice uccideva il valoroso Co­mandante assieme al suo portaordini Massimo Rava appena diciottenne. Fu un momento drammatico e fu soltan­to con il deciso intervento del nucleo di riserva del Capitano Sala, se fu pos­sibile ristabilire la situazione e capo­volgere il risultato. Sala attaccò col Panzerfaustil carro di testa incendian­dolo, poi colpi quello in coda immo­bilizzando la colonna nella stretta e incassata strada della tenuta Vaselli davanti al castello e ai carristi inglesi non rimase altra alternativa che arren­dersi o morire; scelsero la vita! Un atto eroico quello di Sala che salvò da morte certa il 1° Battaglione. Rizzatti verrà decorato di MOvm alla memo­ria. La Medaglia d'Argento e la Cro­ce di ferro di 2.a classe, la promozio­ne a Maggiore per m.g. furono il me­ritato premio al valore del Comandan­te Edoardo Sala.

Quando la battaglia terminò nel primo pomeriggio del 4 giugno, fu possibile rendersi conto della sua importanza e dei risultati: gli inglesi non avevano conquistato Roma bloccati a sud dagli italiani e l'ono­re di tale risultato venne attribuito agli americani del Gen. Clark, che fece carte false per tale evento. Sul campo di battaglia erano rimasti 113 caduti, 202 feriti, alcune centinaia di dispersi in gran parte prigionieri (stranamente le documentazioni del 1° F. Sc. Kps. parlano di 302 caduti italiani, 289 feriti, 79 dispersi, pur comprendendo fra questi 29 caduti tedeschi, 35 feriti, 9 dispersi).

Quando i resti del "Folgore" giunsero al nord, si contavano 685 superstiti (647 secondo le notizie tedesche) ma comprendevano anche i 300 paracadutisti rimasi a Spoleto al comando del capitano Leonardo Faedda. Numerose le decorazioni meritate italo‑tedesche assegnate ai valorosi che avevano combattuto per l'Onore d'Italia. Un'altra pagina di Storia scritta a lettere cubitali.

In settembre un Reparto di parà andava di rinforzo alla 4.a "Trettner" dislocata a difesa dei Passi della Futa e del Giogo, battendosi con corag­gio, lasciando due caduti e sei feriti sul campo di battaglia.



Nino Arena

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