venerdì 11 maggio 2007

Da i Giorni di Caino di Antonio Serena. Codevigo un mattatoio per "Bulow (l'Ex fascistissimo Arrigo Boldrini)"



CODEVIGO: UN MATTATOIO PER "BULOW"


Giunti a Codevigo a fine aprile dei '45 al seguito degli angloamericani, i partigiani di Arrigo Boldrini "Bulow" provvedono a rastrellare nelle zone limitrofe centinaia di fascisti che verranno poi seviziati e massacrati a gruppi lungo le rive dei Brenta e dei Bacchiglione ‑ La stragrande maggioranza degli uccisi sono operai e braccianti agricoli ravennati colpevoli unicamente di aver aderito alla R.S.I. ‑ Le bestiali esecuzioni della maestra Corinna Doardo e di Mario Bubola, orrendamente seviziato solo perché figlio dei Podestà fascista dei paese. Nel dopoguerra si parlerà di 365 persone uccise in una decina di giorni ‑ In seguito Arrigo Boldrini verrà eletto parlamentare del Pci, presidente dell'Associazione Nazionale partigiani e gli verrà conferita dagli inglesi la medaglia doro al valor militare.

Verso la fine dei 1944, un diffuso malcontento serpeggiante tra i soldati dell'V111 Armata ‑ in particolare i canadesi, impiegati per il loro coraggio nelle azioni più rischiose ‑ induce il Generale Mac Creery ad affiancare alle sue truppe la 28a Brigata – Garibaldi “Mario Gordini", operante nel ravennate agli ordini di Arrigo Boldrini, detto "Bulow" (1).
Gli inglesi non vedevano di buon occhio i partigiani comunisti ma su ogni altra considerazione prevalse la necessità di tentare d'incrinare il fronte avversario che vedeva schierati, lungo una linea snodantesi dai contrafforti appenninici fino all'adriatico, le truppe germaniche, il Batt. "Lupo" della X^ MAS, la Brigata Nera “Capanni", il Batt. Camicie Nere “Forlì” e i bersaglieri del “Mameli”(2).
L'integrazione della brigata comunista di Boldrini nell'VIII^ Armata consentirà a "Bulow" un costante afflusso di materiale bellico alleato, pur continuando la sua formazione a mantenere carattere autonomo ed una propria struttura organizzativa.
Verso la metà di gennaio dei 1945 la 28^ Brigata "M. Gordini è già in linea. I suoi uomini vengono impiegati soprattutto in azioni di disturbo e di sabotaggio alle spalle dello schieramento avversario nella zona delle Valli di Comacchio.

E grazie a questa particolare situazione che “Arrigo Boldrini Bulow", un comunista con alle spalle un passato di capomanipolo dell'81' Batt. "Camicie Nere‑ di Ravenna, servendosi della continua minaccia dei ritiro dei suoi "partesan", otterrà che questi abbiano via libera nell'esecuzione di una lunga serie di eccidi, compiuti a guerra finita e nei confronti di un avversario che già aveva deposto le armi.
Le bande d”Bulow”, composte di partigiani romagnoli e rafforzate di elementi liberati dalle galere durante la marcia verso il nord, dilagheranno così nelle terre del Basso Brenta, macchiandosi tra l'altro di quell'autentica strage di innocenti disarmati che passerà alla storia come I' "eccidio di “Codevigo".
Arrivati nella zona il 29 aprile 1945 assieme alle truppe della Divisione "Cremona ed al seguito degli Alleati, gli uomini di Boldrini si recano quasi subito a Pescantina e Bussolengo, nel Veronese, dove sanno trovarsi parecchi ravennati appartenenti alle disciolte formazioni della R.S.I. Si trattava di ragazzi che non avevano fatto del male a nessuno (le loro posizioni erano già state verificate dal C.L.N. locali) e che convivevano in perfetta armonia. Si trovavano tutti agli arresti domiciliar, con l'unico obbligo di recarsi quotidianamente alla Caserma dei Carabinieri e al comando del C.L.N. per apporre la loro firma di presenza (3).
Quando i partigiani di Boldrini arrivano a Pescantina, hanno modo di incontrarsi coi partigiano Gino Bassi - un esponente dei locale C.L.N.- che si mette subito a disposizione per avvertire i fascisti accasati qua e là che sono arrivati dei corregionali che avrebbero piacere di vederli. I militi aderiscono con piacere all'invito ma, recatisi in caserma con la speranza di rivedere qualche faccia amica, vengono immediatamente fermati e costretti a salire su dei camion in attesa. In un solo giorno quelli di "Bulow" prelevano 26 fascisti a Pescantina e 53 a Bussoiengo (4). Altri 20 militi vengono prelevati dalle baracche vicino all'Adige dai partigiani Zocca e Calligaris del C.L.N. di Bussolengo, caricati su di un camion e consegnati direttamente ai partigiani di Ravenna. Di questi ultimi non si saprà mai più la fine (5).

DIECI GIORNI Di MASSACCRI

I fascisti prelevati dagli uomini di Boldrini vengono immediatamente portati a Codevigo, dove nel frattempo vengono ammassati molti altri militi rastrellati nelle zone limitrofe. Quivi giunti, dopo essere stati sottoposti a brutali sevizie e depredati di ogni avere, i prigionieri vengono fucilati a gruppetti sulle rive dei Brenta e deli Bacchiglione. La corrente si porterà via molti di quei corpi; gli altri verranno invece sepolti sbrigativamente o issati sulle carrette dell'immondezza per essere scaricati nei pressi dei vari cimiteri della zona. Nella sola Codevigo verranno rinvenute 104 salme (77 in un'unica fossa comune), 17 in un'altra fossa a S. Margherita, 12 a Brenta d'Abbà, 15 a S. Maria, 18 a Ponte di Brenta..(6).
Di ciò che avvenne a Codevigo tra la fine di aprile ed il 13 maggio 1945 vi è conferma nel diario del parroco dei paese, don Umberto Zavattiero:"30 aprile. Previo giudizio sommario fu uccisa la maestra Doardo Corinna. Poi furono uccisi con la stessa procedura dai partigiani inquadrati nella divisione "Cremona" altri quattro di Codevígo, tre della brigata nera e uno della milizia: Mínorello Gíno, Manfrin Primo, Broccadello Fiore, Manoli Gerardo. Nei giorni susseguenti furono uccisi Contri Silvio, Bubola Lodovíco, Maneo Angelo, Fontana Farínacci, Giovanni Cappellato e Cappellato Antoníetta (questa perché dicevano avesse fatto la spia a prigionieri inglesi). Nella prima quindicina di maggio vi fu nelle ore notturne una strage di fascisti importati da fuori, particolarmente da Ravenna. Vi furono circa 130 morti. Venivano seppelliti dagli stessi partigiani di qua e di là per i campi, come le zucche. Altri cadaveri provenienti da altri paesi furono visti passare per il fiume e andare al mare. Furono uccisi diversi anche a Castelcaro e vennero seppelliti a Brenta dell'Abbà. Meritano un elogio gli uomini che con tanto sacrificio si prestarono per dissotterrare i morti e portarli al cimitero per ivi tumularli" (7).

E’ rimasto confermato che molte vittime furono inchiodate vive su delle tavole di legno e dei chiodi vennero anche ritrovati fra le membra dilaniate (8).
Le foto dei resti di questi infelici rinvenute presso la Pretura di Piove di Sacco documentano in modo inequivocabile la ferocia che si abbattè su quegli sventurati prima dei supplizio finale. Oltre ai ravennati, si parla di almeno 300 fascisti oriundi di varie parti d'Italia eliminati (9).
In quei giorni di "caccia al fascista" particolari attenzioni vengono riservate agli abitanti di Codevigo. Sospetti di simpatie fasciste ed ex appartenenti ai reparti della R.S.I. ‑ segnalati molto spesso per motivi di vendetta personale ‑ vengono prelevati dalle loro case e condotti nella sede dei C.L.N. (l'attuale municipio) dove si svolgono i processi contro i fascisti locali.
Presidente dei fantomatico tribunale è lo stesso Arrigo BoIdrini che ascolta in silenzio le accuse e le menzogne rivolte ai prigionieri e poi, sempre in silenzio, emette il verdetto: pollice in basso, condanna a morte; pollice in alto ‑ ma accade di rado salvezza. Ma ancor prima che la sentenza venga pronunciata, gli sgherri di guardia al fianco dei "presidente" cominciano a carezzare nervosamente il calcio dei mitra. I condannati vengono poi condotti tra insulti e bastonate al piano terra dell'edificio dove in un'apposita sala hanno luogo pestaggi e torture (10).

"SUONA UNA MARCETTA"

Ricorda oggi Gottardo Minato, che per quindici anni fu custode dei locale cimitero: in munícipío i partigiani portavano tutti quelli sospettatí di essere fascisti o collaborazionisti. Gino Minorello aveva ventidue anni. Era l'organista della chiesa. Lo hanno preso assieme a Edoardo Broccadello, detto Fiore,. e a Primo Manfrin. Li hanno fatti uscire dal municipio, messi in riga e portati nei campo dietro il "palazzo dell'acqua" dove avevano scavato una fossa. Li hanno spinti sul ciglio. Poi hanno dato una fisarmonica all'organista e gli hanno detto: "Suona una marcetta" Mentre Minorello suonava hanno sparato" (12).
In quei giorni molti partigiani di Codevigo salgono le scale della sede dei C.L.N. Tra i più assidui vengono notati: Boscolo Danilo, detto "Ganassa Papin", Bruno Ferro, "Cocaina", i fratelli Gino e Guerrino Marinello, detti” Graspa"; Arturo Zagolin “Moro Dossi"; Pietro Favorido, "Miniti2, Alessandro Grigolett”Fiàca”, Severino Diserò "Norge Ote"; Bruno Beggio, "Cibòra"; Luceto Bizzo; Ernesto Diserò, “Gàiola”.
Qualcuno di loro è un vecchio comunista, ma i più si sono scoperti partigiani al momento opportuno. "Ganassa Papin", ad esempio, aveva prestato giuramento nella Repubblica Sociale ed era in forza ai "58' Fanteria" a Padova. Sparito nell’ultimo periodo di guerra, i suoi commilitoni Capuzzo e Penazzo se l'erano ritrovato di fronte durante un'uscita effettuata per acquistare carne a mercato nero per la truppa (11).
Anche qui infatti, come un po' dappertutto, in mezzo a tanti crimini e a tanto sangue, molti eroi dell'ultima ora perseverano nella loro "guerra privata".
Si parlerà molto nel dopoguerra degli episodi legati alla sparizione delle casse colme di soldi e delle preziose attrezzature ospedaliere abbandonate dai tedeschi in ritirata e rinvenute nella fattoria condotta da Orfeo Minorello sull'argine sinistro dei Brenta; così come si ricorderanno le continue ispezioni dei partigiani locali a casa di Lino Cappellato e altri per l'esecuzione di "espropri proletari” o le rituali spoliazIoni dei cadaveri dei fucilati (12).

IL MARTIRIO Di MARIO BUBOLA E CORINNA DOARDO

Ma gli episodi che gli abitanti di Codevigo ricordano ancor oggi con raccapriccio sono quelli relativi al massacro di Ludovico "Mario" Bubola e della maestra Corinna Doardo.
Chi va a prelevare a casa Bubola in uno di quei giorni di fine aprile sono Favorido, Zagolin e i fratelli Marinello. Capitato in mano ai partigiani comunisti di "Bulow", che non gli perdonano di essere il figlio dei Podestà fascista di Codevigo, il giovane viene portato nella casa di proprietà di Santina Capuzzo detta Ia Campanara" e lì seviziato. A distanza di tanti anni la gente dei luogo ricorda ancora le urla strazianti che uscivano da quei luogo di tortura. Nonostante le sevizie, Bubola non rinnega però i suoi ideali e questo fa imbestialire i suoi aguzzini. I barbari venuti a liberare il Veneto cominciano a segargli il collo con dei filo spinato, finchè la vittima sviene. Allora provvedono a farlo rinvenire gettandogli in faccia dei secchi d'acqua fredda. Ma il martire non cede e grida ancora la sua fede in faccia ai carnefici. Allora provvedono a tagliargli la lingua che glì viene poi infilata nel taschino della giacca. Quindi, quando la vittima ormai agonizza, gli recidono i testicoli e glieli mettono in bocca. Verrà poi sepolto in un campo di erba medica nei pressi, sotto pochi centimetri di terra (13).
Anche Corinna Doardo viene raggiunta in quei giorni di fine aprile dalla "giustizia partigiana". Originaria di Tognana di Piove di Sacco, la donna insegnava alle elementari di Codevigo. Energica e coraggiosa, la Doardo era fascista né più né meno di tante donne dei suo tempo. E, quasi certamente, il suo destino maturò all'ombra di una vendetta personale più che venir dettato da risentimenti di natura politica.
Nei giorni precedenti il suo assassinio, il vice comandante la "Brigata Nera", Silvio Fontana, aveva arrestato nelle vicinanze di Codevigo un delinquente comune che da tempo molestava la popolazione con frequenti rapine e tentativi di estorsione. Mentre lo stesso comandante accompagnava l'uomo nella sede della brigata per interrogarlo, i due s'erano casualmente imbattuti nella Doardo che, riconosciuto il fermato, aveva esclamato rivolta al Fontana: “Meno male che una volta tanto fate qualcosa di buono" Una volta interrogato il bandito, il Fontana, com'era solito fare in ossequio alle sue doti di generosità, lo aveva rilasciato, limitandosi a dirgli (o non farsi più vedere nei paraggi.
Tanta magnanimità verrà mai ripagata: al Comandante dei "Brigata Nera", i resistenti uccideranno negli ultimi giorni d'aprile il figlio diciottenne Farinacci dopo che questi era appena stato interrogato dagli inglesi e rilasciato. Ed anche la frase uscita al bocca della maestra in quell'occasione concorrerà in maniera determinante a segnare il destino della donna. Attivo partigiano giorni della "caccia al fascista", il bandito sarà infatti tra coloro che andranno a prelevare il 30 aprile Corinna Doardo, che abita in una casa vicina al municipio (14).
Ricorda ancora Gottardo Minato: 'Ia Dardo era vedova da due anni. Il marito era stato un fascísta. Abitava nella casa accanto al municipio, vicino a dove adesso c'è la biblioteca. I partigiani sono andati a prenderla. L'hanno fucilata per strada. Poi l'hanno spogliata e hanno mollato il cadavere nudo in mezzo al cimitero. Sono andati a chiamare il parroco perché le desse la benedizione. Ma don Umberto disse che l'avrebbe benedetta solo se l'avessero vestita e composto la salma" (15). Le sevizie cui la donna venne sottoposta prìma di venire uccisa saranno confermate dallo stato in cui venne ritrovato il corpo. Il medico dei paese, dottor Vidale, riferirà che, del viso della poveretta, solo un orecchio dra rimasto integro (16).

SILVIO CONTRI, UNO DEI TANTI

Gottardo Minato è testimone anche del modo in cui venne ritrovato il corpo di Silvio Contri, un altro abitante di Codevigo ucciso in quei giorni dai partigiani. Minato ospitava in casa un soldato bellunese che dopo l'armistizio si era unito alle truppe alleate. "Era domenica ‑ricorda Minato ‑ e gli ho chiesto se veniva alla messa seconda, quella delle nove. Gli ho prestato il mio vestito da sposo e ci siamo avviati. Sull'argine mi ferma Arduino Paesan e mi dice:Minato,hai coraggio?". Gli chiedo perché. E lui mi fa: "Mi pare che stanotte abbiano ucciso Checca Tognina". Era il soprannome di Silvio Contri. Dall'argine mi indica un cadavere trascinato dal fiume. Era legato con una corda: un capo attorno alla gamba sinistra e l'altro attorno a un "salgaro" Siamo scesi e lo abbiamo tirato verso riva. Gli ho alzato la giacchetta che gli nascondeva la faccia: era Silvio. Lo abbiamo lasciato lì per paura. Dal "palazzo" erano usciti i partigiani. Ci aspettavano sulla strada. Ci avevano visto. Mi hanno fermato.”Preparati,che sei un fascistone anche tu”, mi hanno detto. Non avevo neanche il fiato per parlare. Se non era per il bellunese che mi ha difeso dicendo che lui era un soldato regolare e che li avrebbe mandatí tutti al muro non sarei qui" (17).
Ma quanti furono i morti in quei giorni tra la fine di aprile e la prima metà di maggio? In paese si fa il numero di 365 uccisi, ma c'è chi dice che fuono molti di più (18). Al numero esatto si dispera comunque di poter ormai risalire, così come non si potrà mai stabilire l'identità di molti riesumati. Prima di venire fucilati, i prigionieri venivano infatti denudati per impedire ogni postumo riconoscimento. Una testimonianza al proposito sarà resa anche da Mario Corbelli, un ravennate che riuscì a sottrarsi per caso alla morte. Gettatosi a terra un attimo prima della fucilazione, egli si lasciò scivolare nel fiume riuscendo a raggiungere la riva opposta nuotando sott'acqua. La sera venne raccolto, gravemente ferito, da un contadino dei luogo che provvede a consegnarlo al Parroco di Brenta d'Abbà che a sua volta lo fece ricoverare presso l'Ospedale di Chioggia (19).
Qui di seguito diamo i nomi di alcuni dei Caduti nello spaventoso eccidio. I corpi di 114 trucidati giacciono dal maggio 1962 nell'Ossario eretto all'interno dei Cimitero di Codevigo per interessamento dei reduci repubblicani e con il concorso del “Commissario Generale Onoranze ai Caduti in guerra” e dei Comune di Codevigo.
1) Alessandroni Goffredo, anni
2) 30, res. a Ravenna, impiegato
3) Allegri Alessandro, anni 20, Bagnocavallo, agricoltore
4) Allegri Teodoro, di Giuseppe, anni 51, Bagnocavallo, impiegato
4) Allegri Teodoro, di Innocente, anni 48, camionista
5) Badessi Jader, anni 38, Ravenna, tipografo
6) Bagnoli Armando, anni 41, Ravenna
6) Baraldi Osvaldo, anni 40, Concordia sulla Secchia (MO)
8) Baruzzi Carlo, anni 42, Cottignola, muratore
9) Baruzzi Giambattista, .... ? ....
10) Baruzzi Giuseppe, anni 30, Faenza
11) Bellonzi Ippolito, anni 35, Ravenna, inabile al lavoro
12) Bertuzzi Cesare, .... ? ....
13) Bezzi Giuseppe, anni 41, Ravenna
14) Biancoli Gioacchino, anni 47, Ravenna
15) Boresi Raffaele, anni 50, Ravenna, bracciante agricolo
16) Broccadello Edoardo, detto Tiore", anni 32, Codevigo, guardiano idraulico
17) Bubola Ludovico, anni 31, Codevigo, agricoltore
18) Cacchi lcilio, anni 46, Ravenna
19) Cacchi Sergio, anni 25, Ravenna, impiegato
20) Calderoni Luigi, anni 50, Ravenna
21) Canuti Ugo, anni 40, Faenza, capomastro
22) Cappellato Antonietta, anni 41, Codevigo, impiegata
23) Cappellato Giovanni, anni 35, Codevigo, esercente
24) Casadio in Solaroli Maria, .... ? ....
25) Casadio Walter, anni 32, Ravenna
26) Cavassi Pietro, anni 35, Bagnocavallo, bracciante
27) Cavina Domenica ch. Pierina, anni 31, S. Stefano di Ravenna
28) Cavini Otello, .... ? ....
29) Cavini Salvatore, .... ? ....
30) Civenni Ugo, anni 39, Ravenna, bracciante 31) Conti Sante, anni 20, Terni
32) Contri Silvio, anni 32, Codevigo 33) Cottignoli Luigi Carlo, anni 36, Ravenna
34) Crivellaro Ernesto, anni 32, Correzzola (PD) 35) D'Anzi Giorgio, anni 19, Ravenna
36) D'Anzi Odone, anni 22, Ravenna
37) Deletti Giuseppe, S. Leo (Pesaro)
38) Dei Greco Umberto, anni 43, Firenze
39) Doardo Corinna, anni 39, di Tognana (PD), insegnante elementare
40) Fabbri Terzo, anni 40, Ravenna, bracciante 41) Farnè Enrico, anni 32, Bologna, operaio
42) Fenati Domenico, anni 44, Ravenna
43) Ferranti Mario, anni 32, Bussolengo (VR)
44) Fiumana Ernesta, anni 19, Ravenna, operaia
45) Focaccia Vincenzo, anni 42, Ravenna
46) Focaccia Leonida, Ravenna .
47) Fontana Farinacci, anni 18, Codevigo, studente
48) Forti Massimo, anni 47, Carpi
49) Gavelli Vincenzo, anni 35, Faenza, lattoniere
50) Giunchi Elviro, anni 53, Ravenna 51) Golfarelli Guerrino, anni 27, Villa d'Albero
52) Greco Giuseppe, anni 54, Ravenna
53) Greco Rinaldo, anni 50, Ravenna
54) Guidetti Eugenio, anni 57, Porto Corsini (RA)
55) Lami Giuseppe, .... ? ....
56) Lanzoni Federico, anni 53, Ravenna
57) Lombardi Sarnuele, anni 22, Círeggio d'Omegna (NO)
58) Lorenzoni Giulio, .... ? ....
59) Lunardi Giacomo, anni 32, Piove di Sacco (PD), contadino
60) Maneo Angelo, anni 27, Piove di Sacco
61) Manfrin Primo, anni 30, Codevigo, sarto
62) Manoli Gerardo, anni 55, Codevigo, agricoltore
63) Marescotti Agostino, anni 42, Alfonsine (RA)
64) Maroncelli Marino, anni 46, Ravenna, operaio
65) Masetti Loris Pasqualino, anni 29, Mesola (FE)
66) Mazzetti Agostino, anni 42, Ravenna
67) Merendi Francesco, anni 45, Ravenna
68) Merendi Giovanni, anni 40, Ravenna
69) Milandri Sergio, anni 28, Ravenna
70) Minorello Gino, anni 23, Codevigo, organista
71) Orsini Nello, anni 43, Ravenna
72) Pasi Francesco, anni 45, Ravenna
73) Picello Giuseppe, . ... ? ....
74) Polato Tarcisio, anni 31, Piove di Sacco (PD), agricoltore
75) Pozzi Amieto, anni 35, Ravenna, impiegato
76) Pretolani Antonio, anni 38, Ravenna
77) Ranzato Giuseppe, Pontelongo (PD)
78) Righi Crescentino, anni 36, Urbania (Pesaro)
79) Rossi Angelo, anni 45, Ravenna, facchino
80) Ricci Antonio, anni 35, Ravenna, tipografo
81) Saviotti Amedeo, anni 31, Ravenna, muratore
82) Scarabello Anacieto, .... ? ....
83) Scarabello Ernesto, .... ? ....
84) Spazzoli Ferdinando, anni 43, Ravenna
85) Tampellini Alfredo, anni 52, Ravenna, bracciante
86) Tedioli Saturno, anni 42, Brisighella (RA)
87) Tedaldi Primo, .... ?
88) Toni Attilio, anni 42, Ravenna, bracciante
89) Toni Emilio, anni 53, Ravenna, bracciante
90) Valenti Aldo, anni 23, Ravenna, operaio
91) Valenti Sesto, Ravenna
92) Vestri Valeriano, anni 31, Ravenna, bracciante
93) Virgili Carlo Emilio, anni 36, Ravenna, insegnante
94) Villa Alfredo, anni 30, Ravenna
95) Villa Nazario, anni 20, Ravenna
96) Villa Vincenzo, anni 22, Ravenna
97) Zampighi Luigi, anni 46, Ravenna
98) Zara Claudio, anni 27, Ravenna
Salme di ignoti riesumati: n' 16 (20).

Il maggior numero di uccisioni avvenne tra gli ultimi giorni d'aprile e i primi di maggio. Teatro delle esecuzioni sono gli argini dei fiumi Brenta e Bacchiglione a Codevigo, S. Margherita, Brenta d'Abbà, Arzergrande, Correzzola. A Codevigo crimini hanno luogo in via Bosco, via Garubbio, via Osteria, casa Capuzzo e presso la boariìa Bredo.

DA CODEVIGO A MONTECITORIO

I nomi dei responsabili diretti di queste nefandezze non verranno mai resi noti in quanto nel dopoguerra nessun giudice chiederà contro ai responsabili dei loro crimini. I partigiani locali, dopo aver segnalato i "fascisti o presunti tali" ai massacratori di "Bulow a quelli della "Cremona", si astennero diligentemente dall'apparire durante le esecuzioni. Gli unici indizi che potrebbero ricondurre ad un accertamento delle responsabilità sono legati a questo elenco, mai prima d'ora reso pubblico, smarrito da un capo partigiano in quei giorni e ritrovato da un abitante di Codevigo che, prima di riconsegnarlo, trascrisse e conservò questa lista di nominativi di partigiani di Ravenna:
1) Guberti Francesco fu Pietro (Com.te), S. Stefano, via Lunga 157, Ravenna
2) Lombardi Delio di Domenico (V. Com.te) S. Stefano, via Beveta 107; Ravenna
3) Savorelli Daniele di Graziano, Campiano, via S. Antonio
4) Minardi Aristide fu Domenico, Campiano, via S. Antonio 107
5) Calandrini Leo di Luigi, S. Pietro in Vincoli, via ForniceJla 204
7) Fiammenghi Mario di Matteo, Campiano, via Petrosa 158
8) Gnani Italo di Lorenzo, Massa Forese, via Petrosa 45
9) Malta Elio di Pompeo, Campiano, via Petrosa
10) Bevilacqua Ferdinando di N.N., Sant'Alberto, via Ponti
11) 10) Rossetti Nicola, Carraie, via Cella
11) Cani Nino fu Angelo, S. Zaccaria
12) Lolli Pierino di Giuseppe, Campiano, via Dismano
13) Erbi Renzo di Giovanni, Campiano, via Petrosa
14) Antonelli Angelo, Pisignano
14) Matteucci Federico di Eugenio, Costa di Rav., via Salaria 317
15) 16) Campríni Urbano di Luigi, via Crocetta 766
17) _Montalti 'Bruno di Amedeo, Campiano, via Petrosa
I8) Bruneffl Ferdìnando di Antonio, S. Stefano, via Beveta
19) Ibiandrù T‑~omeo, _Ducenta 20) Albertini Primo di Domenico, Ducenta, via Chiesa
21) Bagioni Secondo di Armando, Carraie, via Cella 248

22) Bondi Luciano di Gaetano, S. Stefano, via Cella
23) Magnani Aldo di Domenico, Costa di Ravenna, 245
24) Cicognani Apollinare, Costa di Cervia, via Salaria 5 25) Rossi Bruno di Giuseppe, Costa di Cervia
26) Tassinari Mario di Raffaele, S. Pietro in Vincoli, via Fornicella
27) Guberti Ugo di Francesco, S. Stefano, via Lunga 153
28) Ridolfi Maria fu Domenico, S. Zaccaria, via Dismano 178
29) Ridolfi Tonina di Maria e di N.N., S. Zaccaria, via Dismano 178
30) Milandri Egidio, via Fiume 741
31) Burioli Giuseppe, Ravenna 32) Vitali Loris di Terzo, Ravenna
33) Tinarelli Idro, Villaggio‑‑‑AnitaFerrara"
34) Burioli Pino, Villaggio‑‑‑AnitaFerrara
35) Ciceroni Iseo, Villaggio‑‑‑AnitaFerrara"
36) Pignatti Paolo, Villaggio "Anita Ferrara
37) Boldini Ubaldo, Villaggio "Anita Fèrrara"
38) Montalti Aldo, Villaggio "Anita Ferrara"
39) Beghi Vittorio, Villaggio‑‑‑AnitaFerrara"
40) Gnani Quinto, Villaggio "Anita Ferrara
41) Linari Antonio, Villaggio "Anita Ferrara"
42) Casadei Attilio, Villaggio "Anita Ferrara"
43) Fantini Vittorio, Villaggio "Anita Ferrara"
44) Fariselli Sante, Villaggio "Anita Ferrara"
45) Callegati Lino, Villaggio "Anita Ferrara"
46) Maiandri Antonio, 'ViIlaggio”AnitaFerrara
47) Licani Antonio, Villaggio "Anita Ferrara" (21).

Ma altri ravennati verranno in seguito segnalati come presenti in quei giorni a Codevigo. Essi sono: Ateo Minghelli, Alieto Senni, Secondo Bini (Comm. Poi. della 28a Brigata). Pure presente, in qualità di ufficiale medico era Benigno Zaccagnini, già collaboratore di giornali fascisti ravennati e futuro deputato democristiano (19).

Verso la metà di maggio i partigiani di Boldrini lasciano Codevigo; la Divisione "Cremona" rimane invece fino ai primi di luglio.
Il merito dell'abbandono dei paese da parte dei garibaldini della 28a Brigata va ascritto al parroco don Silvio Zaramella, uomo in apparenza mite, ma intelligente e deciso. Costui, dopo un colloquio con il governatore alleato in cui ha modo di denunciare la pesante situazione, riesce a prevenire altri eccidi facendo smembrare i partigiani garibaldini, molti dei quali vengono inviati in altre zone (22).
Nel dopoguerra Arrigo Boldrini sarà eletto deputato dei partito comunista, vice presidente della Camera, presidente nazionale dell'Associazione partigiani e verrà insignito di medagiía d'oro al valor militare dagli inglesi. Attualmente è senatore e membro del Comitato Centrale dei P.C.I. (23).

NESSUN RESPONSABILE

Malgrado lo scorrere di tanto sangue e l'esistenza di tanti cadaveri, attualmente né alla Preturea di Piove di Sacco, né presso la stazione dei Carabinieri di Codevigo, si trova traccia di fascicoli dedicati a questi gravi episodi.
Nemmeno la grande stampa si è mai preoccupata, nel corso di quarantacinque anni, di darne l'opportuno risalto. Per ammissione di qualche giornalista, oggi sappiamo anche che qualche temerario in servizio presso la RAI ci provò, ma venne prontamente diffidato dai suoi dirigenti (24).
Solo qualche tempo fa ‑ esattamente il 4 ottobre scorso ‑ un giornale locale ha dato notizia dell'apertura di un'inchiesta presso la Procura di Padova sui fatti dei maggio 1945 a Codevigo (25).
Lo stesso quotidiano, sempre nei primi giorni di ottobre, ha raccolto le prime reazioni di alcuni partigiani presenti in quella zona al momento delle stragi.
In quei giorni a Codevigo, con Arrigo Boldrini, c'era anche Tristano Mazzavillani, attualmente presidente dell'Associazione partigiani (A.N.P.I.) di Ravenna, che, alla richiesta di fornire qualche indizio sulle responsabilità, così ha risposto:
“E’ una cosa che ci siamo chiestí díecimila volte. Hanno cercato di rovinare noi. Non avremmo mai permesso che succedesse una cosa di questo genere. E quando Boldrini l'ha saputo, è stata una disperazione. Noi comunque l'abbíamo saputo dopo. Chi abbia materialmente fatto tutto questo, è rimasto un mistero" (26).
Mazzavillani ha poi escluso ogni responsabilità della 28^ brigata 'M Gordini" e del suo comandante Boldrini con queste parole:
"Boldríni non ne sapeva niente, perché questi non sono certo ordini di un comando. E non erano ordini di nessuno: c'erano personaggi che agivano al momento. Se poi questa gente arrivava di notte... Qualsiasi cosa sia successa, non ha nulla a che fare con la guerra di liberazione: noi avevamo ben altra morale. In quel periodo c'erano cani sciolti che andavano per conto loro. Come succede in tutti i periodi post bellicí. Noi degli atti di guerra rispondiamo ancora, ma non possiamo rispondere di atti di quel tipo" (27).

10 MAGGIO: "BULOW" RESISTE ANCORA

Stando invece ad alcune affermazioni di Arrigo Boldrini sembra che le responsabilità cadono su ben definiti schieramenti partigiani. Scrive infatti Boldrini nel suo “Diario di Bulow" in data 9 e 10 maggio:
Nella serata dobbiamo affrontare nuovamente una questione molto seria: si tratta dei rastrellamenti dei fascisti, operati spontaneamente dai patrioti un po' dovunque, così come si registrano autonome iniziative di gruppi contro le ultime sacche di resistenza nazifascísta. Non è possibile avere un quadro preciso. Si sono mobilitati un po' tutti, diversi militari del "Cremona", esponenti dei Cen partigiani di altre zone, i nostri. Pressoché impossibile intervenire. Non possiamo che prendere atto degli strascichi di una guerra nel corso della quale le forze armate della RSI, soprattutto le brigate nere, hanno resistito fino all'ultímo" (28).
Nei palleggiamento delle responsabilità si è inserito anche Giuseppe Fabris, segretario per il nord‑est della "Federazione Italiana Volontari della Libertà", con una lettera inviata ai segretari regionali della federazione, stralci della quale sono stati pubblicati dai giornali. Ecco il parere dei rappresentante dei partigiani cattolici:
"Noi conoscevamo da oltre 45 anni questi avvenimenti e li davamo per superati in considerazione che la lotta è stata feroce perché feroci furono i tempi. Tuttavia i patrioti delle altre regioni d'Italia potrebbero chiedersi. "Dov'erano le formazioni patriottiche non comuniste della Bassa Padovana e dove si trovava il generale Clemente Primieri, comandante del Gruppo di combattimento "Cremona" e perché non intervennero a por fine al massacro?".
Nei comuni di Correzzola e di Codevigo operavano elementi della brigate del popolo "Guido Negri" e "Brunello Rutoli" , La prima aveva come linea di demarcazione a sud il corso dei fiumi Brenta e Bacchiglione; la seconda operava sulla sinistra dei fiume Adige (dal comune di Cavarzere a quello di Boara Pisani). Nella zona compresa tra Chíoggia e Piove di Sacco era operante la brigata garibaldina "Clodia"...
La 28a brígata garibaldína, comandata da Arrigo Boldríni e integrata nel Gruppo da combattimento "Cremona", giunge a Codevigo il 30 aprile 1945. Nella zona non v'è più traccia né di tedeschi né di fascisti. t fuorviante l'annotazione che il comandante Boldriní fa nel suo diario in data 10 maggio 1945:
"Nella serata dobbiamo affrontare nuovamente una questione molto seri& si tratta dei rastrellamenti dei fascisti operati un po' dovunque, così come si registrano autonome inìziative di gruppi contro le ultime sacche di resistenza nazifascista".
Che non ci fossero più elementi nazifascisti il 10 maggio lo dimostra il fatto che Toni Ranzato, capitano della paracadutisti "Folgore" e comandante della brigata "Guido Negri" aveva fatto concentrare a Padova sin dal primo maggio la maggior parte dei reparti della 28a brigata garibaldína per costituire il Corpo Guardie di P.S. al fine dei mantenimento dell'ordíne pubblico.
Quando venne a conoscenza delle esecuzioni sommarie compiute dei reparti della 28^ brigata garibaldina accorse sul posto ed ebbe un violento alterco con Marino Munari, comandante della brigata “Brunello Rutoli" perché non era intervenuto con i suoi uomini contro la pretesa accampata dai garibaldini, che essi si attenevano alle direttive dei Comando Corpo Volontari della Libertà del 16 luglio 1944 sulla costituzione e il funzionamento dei tribunali marziali presso le unità partigiane. Tali disposizioni avevano vigore finché fossero in corso le ostilità, dopo no.
Certo grave imputazione di omissione dei doveri etici e disciplinari di un comandante partigiano si deve muovere a Marino Munari, ma ai garibaidíní della 28^ brigata proveniente dalla Romagna si deve imputare di avere fatte proprie le direttive impartite ai brigatisti neri di Verona: "Chi tocca un fascista deve morire..." (29).

Partigiani comunisti della 28a brigata "Mario Gordini", badogliani della "Cremona", Boldrini, Primieri, palleggiamento di responsabilità... In quarantacinque anni qualche passo la Giustizia l'ha fatto. Non rimane che attendere il prossimo benestare politico.
Da
1) Giorgio Pisanò: Storia della guerra civile in Italia, op. cit., voi. III, pag. 1240.
2) Ibidem.
3) Archivio Storico Ass. Caduti e Dispersi nella RSI ‑ Ravenna. 4) Ibidem. 5) Ibidem. 6) No Unico dell'Unione Naz. Comb. RSI di Padova per il XX' ann.io dell'inaugurazione dei Sacello‑Ossario di Codevigo, Tip. Crivellaro, Vigorovea (PD), 1982; Arch. Stor. Ass. Cad. e Disp. RSI ‑ Padova.
7) Parrocchia di Codevigo: Diario di Don Umberto Zavattiero (30 aprile 1945).
8) "L'ultima Crociata", anno XIII, n. 95, aprile 1962.
9) "Meridiano d'Italia Illustrato", anno li, n. 21 dei 17 aprile 1952. 10)‑‑‑NuovoFronte", n. 100 ‑ ottobre 1989.
11) lbidem. Testimonianze diverse raccolte da Pieramedeo Baldrati e dall'autore.
12_~ Testj.monánza_ di Gottardo Minato (1l Gazzettino" dei 23 settembre 1990).
13) "Nuovo Fronte", n. 100 ‑ ottobre 1989. Test.ze diverse raccolte da Pieramedeo Baldrati e dall'autore Antonio Serena.


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