martedì 23 ottobre 2007


Da AREA Ottobre 2007

Associazioni d'arma
Rinnovare nella tradizione
di Errico Passaro


Intorno alla organizzazione vera e propria della Difesa ruota una variegata galassia di sodalizi pubblicistici e privatistici variamente legati al mondo militare. Associazioni, circoli, enti morali, unioni, case... la nomenclatura è la più varia, mentre l'intento è sempre lo stesso: supportare l'organizzazione militare nel suo complesso e i suoi singoli appartenenti, soprattutto nel campo della protezione umana e sociale.

Fra queste realtà eterogenee, le associazioni d'arma svolgono il ruolo più significativo. Esse si prefiggono lo scopo di custodire e tramandare l'eredità spirituale delle Forze armate; promuovere la cooperazione fra associati e le forme più idonee di assistenza (es. sostegno alle famiglie del personale impiegato fuori area per lungo tempo); patrocinare e diffondere la cultura attraverso iniziative sociali e culturali; fare opera di proselitismo in favore del reclutamento. Ciò premesso, è di tutta evidenza la necessità per l'organizzazione militare di stringere legami sempre più saldi con le associazioni d'arma riconosciute.

Detti sodalizi possono svolgere un'utile funzione di collante fra la compagine militare e la realtà sociale. Nell'attuale fase di transizione culturale dall'esercito di leva a quello professionale, un proficuo rapporto con l'opinione pubblica, anche per il tramite di gruppi che contano una diffusione capillare sul territorio nazionale, può sortire benefici effetti per la creazione di un adeguato bacino di arruolamento, attraverso la trasmissione d'un modello esistenziale basato sui principi etici della disciplina, dell'onore, del cameratismo, della tradizione, della patria. Ciò è tanto più vero se si considerano le attuali restrizioni di bilancio, che costringono la Difesa ad ingegnarsi nell'individuazione di possibili economie di spesa e di strumenti aftemativi a quelli tradizionali per il perseguimento delle finalità d'istituto.

Le associazioni d'arma possono essere, inoltre, un efficace veicolo di attività di volontariato sociale e beneficenza (il cd. "terzo settore"), che vadano al di là delle pur meritorie sottoscrizioni collettive ai sensi dell'art. 42 del Regolamento di disciplina militare. In questo modo, senza abdicare alla propria funzione, le forze armate otterrebbero il risultato collaterale di scrollarsi di dosso la cattiva fama di sentina di cinici e insensibili guerrafondai, del tutto avulsi dalla realtà sociale in cui operano.

Le associazioni d'arma possono svolgere un'altra funzione di raccordo, quella fra compagine militare e personale in quiescenza. II repentino distacco dall'ambiente di lavoro al sopraggiungere dell'età pensionabile determina, per l'interessato, negative ricadute sul piano psicologico e, per l'organizzazione, una grave perdita di professionalità ed esperienza. Allo scopo di non disperdere questo prezioso insieme di conoscenze, la Forza armata, di concerto con le associazioni d'arma, potrebbe farsi animatrice di iniziative di studio relative alle attività pregresse del personale ed inerenti tematiche d'interesse della forza armata. Così facendo, il militare continuerebbe a sentirsi utile alla causa, proseguendo l'opera a cui ha atteso per l'intera vita professionale, o, addirittura, riuscendo ad occuparsi di materie gradite che, per vicissitudini di servizio, non fosse riuscito a trattare in costanza di servizio, con una libertà di pensiero ed una modalità creativa normalmente inibite dai "paletti" burocratici. Sul fronte opposte, l'organizzazione potrebbe giovasi di un apporto professionale a costo zero, quanto mai prezioso in un periodo di forte contrazione delle risorse destinate all'alimentazione ed alla formazione degli organici.

Un'ulteriore funzione di raccordo che si può attribuire alle associazioni d'arma è quella fra la compagine militare e la sua storia, con particolare riferimento ai suoi trascorsi di guerra. Insieme alla storia, anche la leggenda che circonda I'epopee guerresche (ad esempio, le imprese aviatorie) è un patrimonio mitico‑fantastico che distingue quella militare da ogni altra organizzazione statale e che va difeso con le unghie e con i denti dall'oblio o dall'azione dei detrattori. L'attività quotidiana, operativa, addestrativa o logistico‑amministrativa che sia, si svolge con ritmi così frenetici da costringere gli operatori a concentrarsi sul presente o, tuttalpiù, su estrapolazioni future di breve‑medio termine, trascurando il passato, le testimonianze della vita di reparto, i memorabilia bellici. La smania di rinnovarsi a tutti i costi, lasciando il certo per l'incerto pur di non apparire sorpassati dagli eventi, inutili e quindi rimuovibili, spinge le gerarchie a privilegiare la dimensione dell'azione e del progetto all'opera di difesa e conservazione delle proprie peculiarità (per esempio, in ambito etico‑disciplinare). Di questo passo, ogni tensione verso l'avvenire, non priva di appassionati accenti retorici, rischia di sottacere un dovuto riferimento al passato, la cui deferente memoria le Forze armate hanno sempre tutelato e rispettato. La collaborazione delle associazioni d'arma può far sì che la proiezione futura delle Forze armate avvenga nel rispetto anche dei simboli, riti e codici di comportamento che rappresentano il patrimonio distintivo di ogni organizzazione militare e l'identità storica della Difesa, secondo l'ideale "trasformazione nella tradizione" .

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