ALESSANDRO GUIDONI: INGEGNERE E PILOTA
« Colonnello Fiore, ho qualche dubbio sul funzionamento di alcuni organi del paracadute Freri ed in particolare del sistema di tranciamento. Perciò ho deciso di provarlo io stesso domattina. Nel caso di esito sfavorevole ritengo che si dovrebbe portare il comando dell'apertura più verso il centro, oppure sostituirlo con un anello da tirarsi colla destra, come sul tipo Irving. Nel complesso il paracadute è buono ma il suo prezzo per la nuova serie di 1000 dovrebbe essere ridotto a Lire 7.000
A. Guidoni ».
Questo bigliettino fu trovato dal colonnello Amedeo Fiore, capo della divisione aeromobili del genio aeronautico, sul proprio tavolo di lavoro la mattina del 27 aprile 1928. Glielo aveva lasciato il suo diretto superiore, quell'ingegner Alessandro Guidoni che, già generale capo del genio aeronautico nel 1923, era a quell'epoca, per nomina avvenuta nel novembre 1927, direttore superiore degli studi e delle esperienze e direttore generale delle costruzioni e degli approvvigionamenti. Come è noto, l'esperienza ebbe un risultato negativo; l'apertura del paracadute Freri, come Guidoni dubitava, non si svolse nella maniera prevista e poche ore dopo aver letto l'appunto Fiore veniva informato che il generale Guidoni si era schiantato al suolo sull'aeroporto di Montecelio. Ancora oggi la cittadina che circonda la base aerea sperimentale è intitolata al nome dell'eroico generale: fu fondata e battezzata Guidonia il 27 aprile 1935.
Alessandro Guidoni era un piemontese purosangue, nato a Torino il 15 luglio 1880, laureatosi in ingegneria industriale a 23 anni ed ammesso nel corpo del genio navale nel dicembre 1903. Allievo pilota a Tripoli fin dal 1911, nella squadriglia di Moizo, l'anno successivo conseguì il brevetto e divenne istruttore di volo della marina, poi pilota di aerei sperimentali e quindi comandante della squadriglia imbarcata sulla nave trasporto idrovolanti Elba. Durante la prima guerra mondiale fu addetto ai reparti aeronautici della marina come responsabile delle costruzioni e riparazioni. Dal 1920 al 1923 ricoprì l'incarico di addetto aeronautico all'ambasciata italiana di Washington poi, costituitasi la Regia Aeronautica, vi entrò a far parte il 6 settembre 1923 come tenente colonnello del genio aeronautico, compiendo una carriera rapidissima: colonnello in settembre, maggiore generale in novembre, generale capo in dicembre, direttore superiore del genio e delle costruzioni aeronautiche il 26 dello stesso mese.
Si tratterebbe di un caso eccezionale, se non sapessimo quale disperata necessità di tecnici valenti ci fosse a quell'epoca nella nuova arma, specialmente dopo il famoso «diktat» di Mussolini che aveva chiesto 300 aeroplani in volo per la fine del 1923 e ne voleva 650 a breve scadenza. Guidoni era l'uomo che avrebbe dovuto garantire la riorganizzazione tecnica dell'aviazione. Scriveva il giornalista Guido Mattioli qualche anno dopo la scomparsa di Guidoni: “L’opera di Guidoni per l’aviazione fascista fu risolutiva. Era stato subito stabilito un programma che andava dal 1923 al 1930. Il materiale residuato di guerra fu radunato e messo in mano alle ditte costruttrici per il suo aggiornamento e ammodernamento. Contemporaneamente si partiva per la costruzione degli apparecchi in serie, adottando anche la tecnica straniera per meglio ragguagliare la nostra industria sui progressi altrui e si preparava intanto il materiale per il potenziamento della Regia Aeronautica “.
In effetti, al di là dei facili contenuti retorici delle parole di Mattioli, l'opera di Guidoni fu molto apprezzata, ma l'uomo non era facile. Era un capo duro, innanzitutto con se stesso, e poi era un lavoratore infaticabile, organizzato e organizzatore, molto serio. Ingegnere pilota, si trovava a disagio in un ambiente di piloti non ingegneri, che avevano portato nell'arma azzurra un soffio di goliardismo e di entusiasmo, ma che evidentemente stentavano ad assumere quell'atteggiamento più tecnico che Guidoni ricercava e apprezzava, tanto che a un certo punto lo accusarono di voler prevalere sugli stessi piloti ai fini della carriera e di puntare alla carica di capo di SM.
Il venticello delle accuse intanto si gonfiava e non giovava a Guidoni la buona amicizia con Nobile, che aveva fama di socialista, e sul quale dopo il disastroso esito della spedizione del dirigibile Italia (maggio 1928) si rovesceranno i fulmini dell'aeronautica e della marina. Guidoni così si dimise ed andò ad assumere la carica di addetto aeronautico a Londra, dal 1925 al 1927, anno in cui Balbo lo richiamò a Roma per dargli tra l'altro l'incarico di direttore generale delle costruzioni e degli approvvigionamenti.
Chi si accosta per la prima volta all'opera di questo grande pioniere e studioso dell'aviazione non può nascondere la sorpresa constatando quanto le sue concezioni fossero avanzate. In un libro apparso nel 1935, quindi postumo, sono stati ordinati scritti, progetti, disegni, saggi critici di Guidoni. L'elenco è a dir poco sconcertante: si va dai progetti di trasformazione di una nave da guerra in nave appoggio idrovolanti (da non dimenticare che Guidoni lavorò effettivamente a queste trasformazioni sulla nave Elba) a piani per costruire aeroplani di metallo, al progetto di un dirigibile a carena rigida per la marina, ad una bomba a slittamento, ad un elica a passo variabile, a un turbomotore con compressore a nafta, ed all'incrociatore aereo (scriveva Guidoni nel 1927: «Con questo nome un po' alla Salgari si ìndica in Inghilterra il grande idroplurimotore da impiegarsi nei servizi d'esplorazione d'alto mare e nelle navigazioni di crociera... »; l'idro proposto da Guidoni era trimotore, in tutto simile alle macchine che verranno effettivamente realizzate, ma alcuni anni dopo).
Tuttavia l'idea che sorprende di più per la sua praticità, per l'intelligenza della formula ed anche per la sua modernità, è quella dei catamarani (portaerei e incrociatore). Il catamarano, come è noto, è una imbarcazione formata da due scafi affiancati uniti da un ponte di coperta e deve la sua notorietà all'uso che ne facevano gli indigeni nei mari del Sud, indigeni che in compenso con questo sistema riuscivano ad attraversare, con scafi rudimentali, centinaia di chilometri d'oceano. La portaerei a catamarano proposta dall’ingegner Guidoni nel 1926 aveva tre particolarità: 1) era la prima nave portaerei del mondo progettata appositamente per questo scopo; 2) aveva un dislocamento minimo, di sole 3500 t, ma ciononostante, grazie al ponte completamente sgombro, disponeva di una pista di volo lunga circa 120 m e larga oltre 12; 3) la velocità era prevista in almeno 33 nodi, il che avrebbe fatto della proposta portaerei l'unità di questo tipo più veloce del mondo (allora si dava per scontata una velocità di 31 nodi soltanto per la portaerei britannica Furious).
Le innovazioni erano molte e sorprendenti: per esempio, l'apparato propulsore era composto, secondo il progetto, da quattro motori elettrici da 1000 CV ciascuno e da ben 96 motori d'aeroplano Fiat A.25 da 800/850 CV, a dodici cilindri, distribuiti negli scafi laterali. La nave così concepita, oltre a disporre di una elevata velocità e di dimensioni assai modeste se rapportate a quelle delle portaerei già in servizio o previste a breve scadenza, poteva trasportare 25 aeroplani, che dagli scritti di Guidoni risultano dei seguenti tipi: « ... 10 apparecchi da bombardamento pesante a carrello, 9 da caccia terrestri e idro, e 6 da ricognizione idro oppure anfibi, tutti ad ali ripiegabili ». Con lo stesso criterio costruttivo del catamarano Guidoni proponeva anche un incrociatore d'attacco, a complemento della portaerei, incrociatore che a fronte
di un dislocamento massimo di 16.700 t e di una velocità di 31 nodi, avrebbe contato su ben 4 cannoni da 406 mm, cioè cannoni dei massimi calibri di marina, e otto da 152 mm; la propulsione sarebbe stata assicurata da 4 motori elettrici da 1500 CV e da 156 motori d'aereo Fiat A.25 da 800 CV. Probabilmente alcune di queste idee sarebbero risultate poco pratiche all'atto della realizzazione, ma siamo sicuri che fosse proprio così? Alcune delle proposte di Guidoni sono state tramutate in realtà decine di anni dopo che lui le aveva immaginate; altre, come la telebomba Crocco ‑ Guidoni, furono realizzate (la telebomba, in particolare, venne collaudata con esito complessivamente non sfavorevole fin dal 1918). In realtà l'uomo era veramente un precorritore, un pioniere e, come tale, si capiscono meglio taluni umori e atteggiamenti della sua vita, comunque sempre feconda di idee e ricca di fermenti.
Per concessione di Guglielmo Ribolla – mail to wribolla@libero.it
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