IL BATTAGLIONE AZZURRO DEL RGT. FOLGORE NASCE A TRADATE NEL ‘43
(Il nostro Aldo Arcari, uno dei protagonisti d'epoca, racconta quei giorni.)
Mi illudevo di trascorrere in santa pace, dopo quasi tre anni di guerra, non proprio guerreggiata ma comunque lontano dalla Patria, una licenza premio capitatami tra capo e collo che mi aveva consentito di imbarcarmi su un aereo il 31 agosto'43 a Heraelion (Creta) destinazione Brindisi. Lungo viaggio in tradotta e finalmente a Milano.
La sera dell'8 settembre mi stavo recando da un paesino del Legnanese (la mia famiglia era sfollata lì) a Legnano per assistere al "Rigoletto" interpretato da un amico dell'adolescenza che aveva studiato canto e che si esibiva per la prima volta. In attesa del trenino vidi la folla che correva da un bar all'altro da dove le radio emanavano ad alta voce un messaggio. Era l'armistizio e la voce era quella di Badoglio. Rinunciai al breve viaggio e tornai a casa in tumulto. Non voglio darmi delle arie nel senso di far credere che capii subito tutto ciò che sarebbe successo ma quella ultima frase del messaggio «... le FF.AA. reagiranno contro eventuali attacchi da qualsiasi parte provengano » mi fece riflettere, sia pure in modo ancora confuso. La massa non si soffermava ad analizzare, festeggiava la fine della guerra e basta.
I giorni che seguirono furono per me decisivi: il Re era scappato insieme a tutti i Capi militari, l'esercito senza Capi era sbandato ed aveva gettato ignominiosamente le armi. La mia confusione si trasformò nella certezza del tradimento con tutte le conseguenze immaginabili.
La liberazione di Mussolini fece il resto e non appena comparvero i bandi di arruolamento corsi a Piazza l. Balbo (ora Piazza Novelli) sede del Comando dell'Aeronautica. Vi trovai il Ten. Mallen paracadutista dell'ADRA il quale, essendo io un graduato, mi spedì subito a Tradate dove era in atto l'organizzazione della futura Scuola di Paracadutismo. Era il 10 ottobre, a Tradate le rondini volavano basse e c'era nell'aria un profumo di tigli in fiore come recitò in seguito il nostro poeta Cap. Bonola.
E fu così che vidi arrivare giorno dopo giorno, insieme a qualche anziano", i "Balilla", nel senso che avevano poco più o poco meno di 17 anni.
Ah! se li ricordo: Briani dai capelli rossi, i gemelli Fumagalli, i Berticelli, i Brovelli, Greguoli, Cartasegna e tanti altri che non posso enumerare non per mancanza di memoria bensì di spazio. Mi dissero che li avevano portati in una caserma dei pompieri a Milano e fatti saltare da mia torre sul telo di salvataggio tanto per vedere se avevano paura... di morire!
Quanta tenerezza; la guerra era perduta ma loro forse sognavano una fantastica eroica Waterloo. Per la verità anch'io la sognavo ma intanto bisognava prepararsi. Con l'arrivo dei carismatici Istruttori di Tarquinia e Viterbo come il Cap. De Santis, il Ten. Martinotti, Carlo Maria Milani (pioniere di Castel Benito) la scuola di Tradate prese forma e sostanza nelle attrezzature tecniche, e con l'arrivo di Ufficiali valenti cominciò anche l'addestramento al combattimento: si doveva diventare Arditi Paracadutisti dell'Aeronautica Repubblicana.
lo dovevo iscriverli a ruolo, un lavoro burocratico necessario affinché... la paga cominciasse a correre per essere spesa tutta nelle serate di libera uscita nella locale Pasticceria (mitica) tanto per non smentire di essere ragazzini.
Nel giro di poche settimane le tre Compagnie che dovevano formare il Battaglione Azzurro furono costituite. 1 tre rispettivi comandanti furono designati nel seguente ordine: Ten. ard. parac. Max Carriere della 1^ Compagnia (in seguito assunse la numerazione di 11^) nella quale io ebbi l'onore e l'onere di assumere il ruolo di Sergente Aiutante. Un ruolo che presupponeva un grado superiore ma, dati i tempi e la scarsità di quadri, capitò spesso in quel periodo rivoluzionario che alcuni comandi operativi venissero assunti da graduati inferiori. E il caso del Magg. Sala che assunse il Comando del Reggimento, di Capitani che assunsero il Comando di Battaglione, di Tenenti che assunsero il Comando di Compagnia.
Mi piace qui ricordare, a proposito di questo ruolo di Aiutante di Compagnia, un episodio dell'immediato dopoguerra quando proprio in questa veste fui citato a testimoniare nel processo contro il S.Ten. Del Monte. Il Pubblico Ministero in quel processo, nel tentativo di sminuire la mia testimonianza, definì quel ruolo come quello di "tirapiedi del Comandante.
Mi piace altresì ricordare, mi si perdoni l'orgoglio, che durante la battaglia di Falmenta (Val d'Ossola) assunsi il comando di una squadra è in quella occasione venni indicato per la Medaglia di Bronzo al V.M. alla faccia del tirapiedi!
Ma andiamo avanti con l'organigramma del Battaglione Azzurro: Ten. ard. parac. Leonida Ortelli della 2^ Compagnia (assumerà la numerazione di 12^), questo valoroso Ufficiale nella Battaglia di Roma scomparirà nella mischia dato per morto verrà insignito la Medaglia d'Oro al V.M. alla moria. Fortunatamente sopravvisse prigioniero in Algeria ma la massima decorazione sarà confermata. Gli succedette al Comandante Ten. ard. parac. Tomasina.
La ^ Compagnia (che assumerà in seguito la numerazione di 10^)! posta al Comando del Cap. Capozzo.
Il Comando del Battaglione Azzurro fu assunto dal Capitano Bussoli un Ufficiale proveniente dal X Arditi e da quella fucina di Arditi fu la Scuola di S. Severa (Civitavecchia).
Ricordo la gran festa quando furono assegnati i pugnali che ci qualificavano Arditi. Mancava ancora il paracadutino di stoffa da cu sulla manica sinistra ma quello va per arrivare.
Bisognava lavorare molto s maledetta capovolta a terra:condicio sine qua non per essere ammessi al lancio. La capovolta! Oggetto di odio e amore che gli attuali Paracadutisti non conoscono l'evoluzione tecnica dei mezzi moderni. Il nostro IF42 era un paracadute che, avendo il fascio funicolare non bretellare bensì attaccato al dorso, ci esponeva all'impatto terreno in posizione quasi orizzontale anziché verticale, quindi l'arrivo a terra necessitava di una capovolta atta a distribuire su tutto il corpo l'impatto col terreno.
Dovevamo arrivarci nell'aprile ‘44 ma nel frattempo, in gennaio, lo sbarco anglo‑americano ad Anzio. La notizia arrivò di sera e il Btg. di ragazzini si radunò spontaneamente nel cortile del Castello reclamando a gran voce davanti alla mensa Ufficiali l'ordine di partire immediatamente per il fronte dato che lo sbarco minacciava direttamente Roma.
Che serata ragazzi! Il Col. Dalmas comandante la scuola, rimase interdetto. Ma come, avete appena imparato a marciare in ordine chiuso, reminiscenza dei Balilla, e volete partire subito per la guerra? andate in pasticceria! Cinismo degli adulti, incomprensione di e Comandanti nobilmente timorosi di mandare allo sbaraglio ragazzini imberbi e impreparati.
Non capivano che loro volevano la loro eroica Waterloo.
Finalmente venne il giorno del lancio. Da tre SM. 82 il Btg. Azzurro, il 24 aprile 1944, si lanciò sul campo di Venegono e si fregiò del distintivo di Ardito Paracadutista.
Il giorno seguente lasciammo Tradate diretti al fronte di Anzio/Nettuno dove gli Alleati, sbarcati nel gennaio precedente, erano ancora lì fermi come balena insabbiata. Su quel fronte già combattevano i nostri fratelli del Nembo al comando dell'eroico Magg. Rizzatti. Insieme a loro e al 1° Btg. Folgore di stanza a Spoleto dovevano costituire il 1°Regg. Arditi Paracadutisti “Folgore". Anche noi dell'Azzurro ci fermammo a Spoleto per un periodo di addestramento sulle armi tedesche sotto la guida di tremendi Istruttori teutonici.
Attendati sulle rive del fiume La Bruna trascorremmo un duro periodo, scalpitanti di andare al fronte, insofferenti di quegli Istruttori arcigni. Ci vendicammo battendoli in una partita di calcio Italia‑Germania ante litteram. Quando partimmo per la zona d'operazioni il fronte era già in movimento nel senso che lo sfondamento a Cassino da parte delle forze alleate aveva costretto il fronte di Nettuno a indietreggiare verso i colli Albani. L'Azzurro arrivò per combattere insieme al Nembo una disperata battaglia di retroguardia per la difesa di Roma intorno a Casteldidecima e Ardea. A Casteldidecima trovò la sua eroica morte il Com. Rizzatti Medaglia d'Oro alla memoria definito il Cavaliere dell'ideale. Poi fu la ritirata. Fu quella la gloriosa Waterloo dei ragazzi dell'Azzurro? La copertina di Beltrame sulla "Domenica del Corriere" la eternò.
Il resto è storia spicciola. Un periodo di riposo ad Angera sul Lago Maggiore, l'arrivo dei complementi, altri Balilla provenienti dalla scuola di Tradate che continuava a ricevere e ad addestrare volontari che non smisero di affluire fin quasi alla vigilia della fine. Quale eroica incoscienza!
Un'altra partenza in autunno per la Val d'Ossola, altri combattimenti, ma questa volta ci toccò in sorte una feroce guerra civile di cui i più giovani ignoravano totalmente le lontane premesse e non ne capivano che vagamente le molteplici motivazioni.
Poi ancora un fronte di guerra, l'ultimo in Val d'Aosta sul Piccolo S. Bernardo, a fronteggiare insieme alla Divisione Alpina Monterosa (già, eravamo diventati Paracadutisti/Alpini!) i Francesi gollisti che premevano per occupare l'intera valle e annettersela per mettere tutti davanti al fatto compiuto da far pesare sul futuro tavolo della pace.
Non ci riuscirono, ma forse ne furono dissuasi anche dagli Alleati i quali, bontà loro, non avrebbero mai accettato che il loro fresco cobelligerante italiano del Sud subisse una mutilazione così atroce. Ma questa è un'altra storia che già stata scritta dai Grandi A Yalta.
Quando il 25 aprile 1945 giunse l’annuncio della disfatta definitiva dei Tedeschi sul fronte di Bologna e il conseguente dilagare degli Alleati in Val Padana, il Btg. ebbe l'ordine di ripiegare ed asserragliarsi nella Caserma Testafochi di Aosta. Si trovava con l'Azzurro il Comandante Sala, Comandante del Reggimento. A lui si devono le trattative per la resa che iniziò con lo spostamento in pieno assetto di guerra verso Saint Vincent all'Hotel Billia diventato per alcuni giorni la nostra fortezza. Lasciammo Aosta inquadrati ed armati fra due ali di Aostani silenziosi e in preda al timore che qualche sconsiderato partigiano sparasse un colpo. Sarebbe stata una carneficina.
A S. Vincent fummo raggiunti da una Commissione Interalleata di armistizio la quale, accettando la resa, ci concesse l'onore delle Armi che depositammo nelle mani del nostro durante una suggestiva e struggente cerimonia. Infine, caricati sui camion alleati, prigionieri a Coltano (una località tra Pisa e Livorno) in un viaggio infernale.
Ma qui bisognerebbe aprire un altro capitolo della storia dell'Azzurro che investe la storia di tutto il Reggimento che si ritrovò tutto lì unito, in divisa con cuore puro e conscio di aver servito “L’Onore d’Italia”, una storia finale che segnò per sempre un duraturo cemento di solidarietà e fratellanza fra i Reduci che tuttora rappresentano lo zoccolo duro di italianità, solidarietà, premessa per la rinascita della nostra Associazione la quale l'anno prossimo celebrerà il 55° anniversario della sua fondazione.
Aldo Arcari
... e non avrò
più voglia di parlare,
ma se qualcuno ancora
mi domandasse,
risponderei
semplicemente
ONORE!
(Cap. Bonola, da "Rapsodie di Tradate”)'
Bellissimo Blog! Gli articoli sono molto interessanti, il tono misurato, l'impaginazione molto espressiva, i colori scelti con molta cura: promette bene, avrà senz'altro un grande successo - ed è quello che auguro all'Autore, con tutto il cuore!
RispondiEliminaAdriana parigina