Dal Notiziario dei Paracadutisti Milanesi N° 3 -1995 pag 2-3
“FOLGORE”:
STORIA DI UN REGGIMENTO
(SUNTO DEL TRATTATO DI NINO ARENA PER IL 40°` DELLA BATTAGLIA DI ROMA)
In quel tragico 8/9/1943 furono pochi i reparti che si ribellarono all'ipocrita slogan del "tutti a casa". Pochissimi quelli che in contrasto con la logica e l'opportunismo scelsero la parte perdente pur di riscattare con le armi l'onore militare, schierandosi al fianco dell'alleato germanico e restando fedeli ad un patto politico e militare ancora valido al momento dell'armistizio. I reparti paracadutisti che presero tale decisione furono: in Sardegna, il 12°Btg. "Nembo" del Magg. Mario Rizzatti; in Calabria, il 3° Btg. "Nembo" del Cap. Edoardo Sala; nel Lazio, uomini del X Rgt. Arditi della costituenda Div. Parac. Ciclone" del Btg. ADRA. La confusione morale e le incertezze d'azione scaturite dall'annuncio dell'armistizio fra i reparti italiani ebbero in Calabria, fra i paracadutisti del 185' Rgt. della "Nembo", l'aspetto più emblematico: dei tre battaglioni in ritirata, l’8° coinvolto in un impari combattimento veniva smembrato e travolto lo stesso giorno dell'armistizio da reparti canadesi; l'11° rimase inattivo in attesa dell'evolversi degli eventi; il 3° al comando del Cap. Sala scelse la via della continuità e del rispetto delle alleanze schierandosi senza esitazione al fianco dell'alleato germanico. Erano giorni terribili e sconvolgenti, ovunque si avvertiva un'atmosfera di abbandono e di sfacelo. Mentre le truppe tedesche in ritirata si garantivano da ogni sorpresa con ostruzioni stradali per rallentare l'avanzata nemica, le unità alleate avanzanti in Calabria si comportavano in forma violenta e moralmente offensiva nei confronti dei soldati italiani procedendo al loro disarmo fra soprusi e umiliazioni. Ciò avvenne soprattutto nei riguardi dei reparti del XXXI C.A. da cui dipendeva tatticamente il 185' Nembo tanto da far ritenere più che legittima quella istintiva ribellione dei paracadutisti del Btg. "Sala". «9 settembre 1943 ‑ ore 22 Signor Maggiore, il nemico non deve avere le nostre armi e noi le portiamo in salvo perché alla Patria possono ancora servire e la nostra fede e la nostra vita anche. Per l'onore d'Italia.» (Questo il messaggio inviato dal Capitano Edoardo Sala al Comandante del 185'Rgt. Nembo allorché il 3°Btg. decise di proseguire la lotta accanto ai tedeschi. Fu in questo deprimente scenario di desolazione che i paracadutisti del 3° giunti a Soveria Mannelli, trovarono abbandonati rotoli di nastro per decorazioni e fra questi uno di colore nero bordato ai lati di tricolore: un simbolo eloquente di lutto per la tragedia che la Patria stava vivendo. Il Cap. Sala volle far suo quel simbolo e dispose che un pezzo di nastro fosse consegnato ad ogni paracadutista del battaglione quasi come un impegno di fede, un atto di volontà di combattere ancora, senza contropartita alcuna, per l'Italia. In seguito furono aggiunte ricamate in oro sul nero la data 8‑9‑1943 e la frase 'Per l'Onore d'Italia" che lo stesso Cap. Sala aveva scritto in calce al messaggio da lui inviato al comandante di reggimento. Una frase che assurgerà a simbolo collettivo di fede per tutte le FF.AA. della R.S.I.
Dal canto suo, in Sardegna, il Comandante del 12° Btg. Nembo, Magg. Rizzatti, scriveva in quei giorni sul suo diario: «Io mi rifiuto di ubbidire all'ordine di tradire la Patria e di passare al nemico perché questo è un diritto e un dovere militare. Quindi io con il mio battaglione continuo la guerra da leale alleato a fianco della Germania».
Sul finire di quel mese di settembre i due battaglioni ribelli che al "tutti a casa" avevano preferito il tutti al fronte", alla resa incondizionata l'incondizionata dedizione al dovere militare, dopo aver seguito le rispettive sorti combattendo in Calabria, in Sardegna e in Corsica a fianco delle FF.AA. germaniche, venivano assegnati alla competenza operativa della 2^ Div. parac. "Ramcke" e stanziati sul litorale laziale a difesa da eventuali sbarchi alleati.
Cominciavano intanto a giungere volontari provenienti da altri reparti e ai primi di ottobre vennero attivati diversi centri di raccolta che registrarono uno straordinario afflusso di giovanissimi volontari che solo chi ha vissuto di persona l'affascinante militanza nella R. S.I. può pienamente comprendere nella sua essenza spirituale e morale. Veniva nel contempo costituito il Gruppo Arditi Paracadutisti "Nembo" affidato al Magg. Rizzatti che, il 17 dicembre, riceverà dal Cap. di S.M. Gen. Gambara un alto elogio e la primogenitura di "primo reparto italiano risorto all'onore delle armi". Si cominciava a dar vita alla Scuola di Tradate dove affluivano istruttori e materiali delle disciolte scuole di Tarquinia e Viterbo. Veniva costituito a Spoleto un centro addestramento con provetti istruttori germanici e ufficiali ed allievi venivano inviati a scuole di tattica in Germania.
Nel gennaio del 1944 gli alleati attuavano lo sbarco a Nettuno mirante ad aggirare la linea difensiva "Gustav" che da mesi resisteva caparbiamente all'offensiva alleata. Lo sbarco avvenne con uno spiegamento enorme di uomini e mezzi su un tratto di costa difeso da una compagnia di fanteria territoriale. Immediata e fulminea l’azione tedesca. Fra le unità destinate a bloccare l'offensiva anche Div. Parac. da cui tatticamente dipendeva il "Nembo" che invierà 300 paracadutisti distribuiti fra tre reggimenti tedeschi. La partecipazione dei reparti italiani ai combattimenti con le unità germaniche significava sotto il profilo storico politico la continuità di una guerra in comune con l'alleata Germania iniziata tre anni prima e, l'aspetto etico, stava significativamente a rappresentare la rinnovata volontà degli italiani di rispettare gli impegni presi a suo tempo dalla Nazione. Significava ancora molti giovanissimi volontari la prova del fuoco, la dimostrazione concreta di battersi con armi ed insegne italiane al fianco di valorosi paracadutisti che avevano sul petto i nastrini di Narvik e di Rotterdam, di Creta e di El Alamein Leningrado e di Tunisia.
I combattimenti si svolsero dal 16 inizio del contrattacco, al 21 febbraio in quella che viene ricordata come la battaglia della Moletta. Impossibile in questa sede ricordare gli innumerevoli atti di eroismo di abnegazione e di arditismo quei ragazzi sottoposti per cinque giorni ad un ininterrotto bombardamento dal mare, dal cielo e da terra tanto da suscitare l'ammirazione dei paracadutisti tedeschi. Le cifre aride della battaglia della Moletta davano un primo bilancio del sacrificio sopportato dagli italiani breve ma glorioso scontro del 16/2 74 i caduti, oltre 90 i feriti e mutilati, 149 i superstiti fra cui solo 3 ufficiali su 7. Numerose le decorazioni alla memoria e ai viventi italiane e tedesche.
Ciò che restava del Nembo, una compagnia denominata “Nettunia‑Nembo", resterà in quella zona in attesa del reggimento, impegnata quotidianamente in missioni esplorative, ricognizioni notturne ecc ecc. in uno stillicidio di morti e feriti.
A Tradate intanto veniva costituito il Btg. "Azzurro", affidato al Cap. Bussoli, e a Venegono nell’aprile venivano effettuati i primi lanci. Sempre in aprile il Raggr. Parac. Nembo veniva assegnato all'Aeronautica Nazionale Repubblicana (ANR) ed integrato Raggr. Arditi Parac. dell'Aeronautica (APAR) al comando del Col. Pilota e paracadutista Edvino Dalmas. Contemporaneamente a queste trasformazioni veniva costituito il Rgt. Arditi paracadutisti “Folgore” al comando nominale del Ten. Col. Dalmas composto dal Btg. “Folgore" (Magg. Rizzatti "Nembo" (Cap. Alvino), "Azzurro (Cap. Bussoli). Anche I"'Azzurro" verrà trasferito a Spoleto per un intenso e durissimo addestramento tattico agli ordini degli inflessibili ma bravissimi istruttori germanici.
Il 27 maggio il Rgt. Folgore effettuava una esercitazione generale che suscitava il pieno consenso delle alte autorità presenti e di tutto il nucleo istruttori, soddisfatti per i brillanti risultati ottenuti. Lo stesso pomeriggio arrivava improvviso l'ordine di partenza per il fronte!
Era iniziata l'offensiva alleata tendente a liberare finalmente dopo lunghi quattro mesi la "balena arenata", come l'aveva denominata Churchill, rappresentata da due gigantesche armate alleate con centinaia di migliaia di uomini, migliaia di carri armati e cannoni, mezzi a non finire e con l'appoggio di una potente flotta e migliaia di aerei.
Il “Folgore” con i suoi tre battaglioni (1441 uomini) si portava nella zona di Roma e a causa del rapido evolversi degli avvenimenti del fronte verrà purtroppo frazionato e smistato su alcuni tratti più minacciati del fronte. Mentre il fronte sud crollava nelle sue linee difensive ed i reparti tedeschi in ottemperanza gli ordini ricevuti ripiegavano velocemente a nord della Capitale, le isolate compagnie del Folgore combatteranno la loro battaglia in diversi settori del fronte più che altro per assolvere un impegno morale rappresentato dal fatto che l'estrema difesa della Capitale era affidata quasi esclusivamente al sacrificio di soldati italiani. Quanto grande sia stato il sacrificio e l'eroismo che in questa battaglia, durata fino al 5 giugno, lo dimostrano ancora una volta le aride cifre: 113 caduti in combattimento; 120 i feriti e ricoverati in ospedali militari; 709 i dispersi in gran parte prigionieri. A questi vanno aggiunti i caduti, i feriti e i dispersi della Cp. "Nettunia‑Nembo" che porta a 1100 il totale delle perdite complessive, compendiate con la concessione di 2 M.O.V.M., una segnata alla memoria del Magg. Mario Rizzatti e una al Ten. Leonida Ortelli, 36 M.A., 75 M.B., 112 C.G., 5 Croci di ferro di 2"cl. e una di Prima Decorato di M.A.V.M. il labaro del 1° Btg. Nembo. Ai paracadutisti tedeschi assegnati al Rgt. Folgore venivano concesse 2 M.A., 12 M.B. 18 C.G.
10 giugno 1944 il bollettino di guerra dell'OKW citava testualmente «... nei duri combattimenti difensivi di questi ultimi giorni si è particolarmente distinto un gruppo di combattimento della 4^ Div. Parac. al comando del Magg. Geke efficacemente sostenuto dai Paracadutisti del Reggimento italiano “Folgore" e dagli artiglieri facenti parte della contraerea germanica”
Anche il Gen. Parac. Kurt Student inviava un suo vibrante messaggio di saluto. Citando il Rgt. Folgore” che alle porte di Roma si è battuto valorosamente ed ha subito perdite elevate», rivolgeva ancora il suo commosso pensiero «ai camerati italiani e tedeschi che nei ranghi del Rgt. "Folgore", con esemplare fedeltà e fratellanza d'armi, sono caduti spalla a spalla come prima avevano combattuto».
Quando dopo la battaglia fu possibile ritrovarsi e contarsi, si constatò che solo un terzo del Reggimento era disponibile nell'Italia del nord, poco più di 600 uomini. A Tradate però, per quella straordinaria ed incredibile forma di volontariato che caratterizzò la R. S.I., continuavano ad affluire centinaia di nuovi giovani. Nell'estate del 1944, quando la guerra per l'Asse era ormai chiaramente perduta, quando la logica ed il buon senso suggerivano l'attendismo, il mimetizzarsi in attesa di tempi migliori, il non compromettersi con scelte politiche, centinaia di ragazzi scappavano da casa o disertavano da altri reparti per avere l'onore di battersi col “Folgore".
Il ricostituito reggimento, comandato formalmente dal Ten. Col. Dalmas, con le nuove divise grigioazzurre in quanto assegnato all'Armata Liguria del Maresciallo Graziani schierata sul nuovo fronte alpino occidentale, veniva gradualmente dislocato in Piemonte.
Sul finire del 1944 la guerra si risvegliava in quel settore e i paracadutisti del Folgore furono chiamati ancora a combattere. Il reggimento, affidato dal gennaio 1945 al neo promosso Maggiore Sala, venne impiegato su diversi settori del fronte: Monginevro, Chaberton, Piccolo S. Bernardo, Moncenisio. Rifiutando e contestando la guerra di posizione, i paracadutisti passavano all'offensiva compiendo continue e rapide incursioni oltre le linee avversarie. Fu portato a termine un brillante attacco al forte Fufernet in collaborazione con un gruppo di alpini tedeschi che venne premiato con 27 decorazioni. Ai primi di aprile, ancora in collaborazione tattica con gli Alpenjáger, i paracadutisti del 1° Btg. che presidiavano l'importante valico del Moncenisio respingevano per tre giorni gli incessanti attacchi dei reparti degollisti che dovevano ripiegare per le gravi perdite subite e col morale frantumato. Ma non era tutto: una nostra compagnia conquistava l'osservatorio avanzato dei francesi catturando un centinaio di prigionieri e molto materiale bellico.
La situazione militare e politica della R.S.I. cominciò a precipitare il 24 aprile. Non era la conseguenza di una disfatta militare che non c'era stata, ma della resa separata dei tedeschi, Per il Reggimento fu necessario fronteggiare l’emergenza: il 1° Btg. Lasciava il Moncenisio il 27/4 e giungeva a Strambino ed Ivrea il giorno 30 dopo vari combattimenti con morti e feriti. Qui attendeva in armi l’arrivo degli alleati fino al 5 maggio. Fu avviato in prigionia dopo aver ricevuto gli onori delle armi. Il 2° Btg. scese a valle col 3° "Azzurro" il 25/4 sistemandosi ad Aosta. Proseguiva isolatamente verso la pianura Padana giungendo, dopo vari scontri a fuoco, a Pont S. Martin dove si scontrò con reparti corazzati americani coi quali si batté caparbiamente lasciando sul terreno 2 morti e 18 feriti. I superstiti furono catturati e condotti in prigionia. Il 3° "Azzurro" e il Comando di reggimento restavano ad Aosta. Il Com. Sala assunse il controllo militare della città affidandola al Cap. Bonola in veste straordinaria di Capo Provincia, stabilì accordi per l'ordine pubblico e la sicurezza del suoi paracadutisti, ottenendo assicurazioni dal C.N.L. che il successivo trasferimento a St. Vincent non sarebbe stato disturbato. Il 29 aprile, in perfetta formazione di marcia, i paracadutisti lasciavano Aosta cantando le loro canzoni di guerra, passando fra due file di cittadini stupiti ed ammirati, di partigiani che presentavano le armi, raggiungendo poi St. Vincent dove si acquartieravano all'Hotel Billia, sistemandosi a difesa contro chiunque. Il 3 maggio giungono al Billia i parlamentari americani per trattare le modalità della resa: onore delle armi, consegna delle armi agli ufficiali italiani, inventario e immagazzinamento di armi e materiale e consegna delle chiavi ai rappresentanti alleati da parte del Comandante Sala, ammainabandiera. Il tutto nella tradizione dei paracadutisti, dignitoso, consono al comportamento dei soldati leali, valorosi anche se sfortunati. Sembrava di rivivere per un attimo il drammatico episodio del 6 novembre 1942 allorché il Magg. Zanninovich, di fronte all'attonito nemico che circondava nel deserto africano i resti della “Folgore", presentava la forza al Col. Camosso. «Non un drappo bianco è stato alzato, nessun uomo ha alzato le braccia il segno di resa.» Il 5 maggio, con austera cerimonia, il Com. Sala parlava per l'ultima volta ai suoi paracadutisti. Un discorso umano, privo di retorica, che commosse ed inorgoglì quei meravigliosi ragazzi prima che essi ricevessero dall'ormai non più soldato nemico, ora ammirato e generoso di elogi, quel cavalleresco onore delle armi che da sempre spetta di diritto ai soldati distintisi per leale comportamento. Poi, la lunga prigionia!
Sunto a cura del paracadutista Aderno Poletti
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