mercoledì 9 gennaio 2008

E' morto Umberto Scaroni

E’ morto Umberto Scaroni
Anno IV articolo n.2141
Volontario della RSI, fondatore del MSI, consigliere regionale della Lombardia
Trento, 5 gennaio 2008. E' morto questa mattina, l’avv. Umberto Scaroni. La triste notizia ci è giunta, nel pomeriggio, in redazione.L'avv. Scaroni fu volontario della RSI, fondatore del MSI, consigliere regionale della Lombardia, per anni segretario provinciale del MSI di Brescia. Successivamente venne eletto Presidente del Raggruppamento Nazionale Combattenti Reduci della RSI - Continuità Ideale. Figura storica della Destra bresciana, ha vissuto con coraggio e coerenza la "scelta dell'onore", aderendo giovanissimo alla Repubblica Sociale Italiana. Valente avvocato si è distinto per capacità e umanità nella attività forense. Sempre in prima linea, ha generosamente manifestato le sue idee e le sue convinzioni politiche e si è battuto, negli anni di piombo, a difesa della libertà di tanti italiani.Progetto Trentino Libero, la Redazione e Claudio Taverna porgono, in questo doloroso momento, ai Familiari dell’avv. Umberto Scaroni sentite condoglianze.

Notizia tratta da Trentinonolibero www.trentinolibero.org

Umberto Scaroni, è stato un Padre, un Amico che ha contribuito di persona ad illuminarmi sulla verità storica negata del Novecento d'Italia, quindi non muore, rimane Presente in quel ricordo di affetto e devozione che si riversa alle persone coerenti delle loro scelte che hanno dato significato a quell'Italia che si legge Patria, per il significato profondo degli ideali che sono l'anima eroica del Soldato d'Italia.
In questo pezzo che ho scelto per Ricordare Umberto Scaroni vi è il riassunto di una intiera vita spesa a tramandare sentimenti unici e rari.
Tino Gianbattista Colombo
348 2284969
Da Nuovo fronte n° 225 gennaio/febbraio 2003

STRAORDINARIE AVVENTURE DI SOLDATI DELLA RSI
Umberto Scaroni

Fra le tante, gloriose e spesso incredibili imprese compiute dai Reparti speciali della Decima Flottiglia MAS, al comando del Principe Junio Valerio Borghese, le meno conosciute, anche perché segretissime, sono forse quelle affidate agli "N" del Gruppo Ceccacci, composto di due Squadre di esperti "nuotatori", agli ordini del S. Ten. Aladar Kummer e del S. Ten. Renzo Zanelli, particolarmente addestrati all'uso di esplosivi e destinati ad incursioni di sorpresa oltre le linee nemiche.
Tali azioni non erano certamente facili da portare a termine, ed il loro successo dipendeva da un lungo e specifico addestramento, compiuto sulle spiagge di Jesolo, ma anche e soprattutto da un perfetto affiatamento fra i componenti della Squadra, nonché dalla fiducia e dalla stima reciproca, dato che la vita di uno era nelle mani dell'altro.
Ci occuperemo qui, in particolare, delle azioni compiute dalla Squadra del S. Ten. Aladar Kummer, che, a causa del suo nome, è stato talora indicato come Ufficiale tedesco, mentre si tratta di un italianissimo figlio di Fiume che, dopo aver combattuto come Sottotenente nella Divisio­ne "Trieste" nella battaglia di El Alamein e, successivamente, in diverse azioni di contenimento durante la lunga ritirata di Libia, fu ferito ai confini della Tunisia e quindi trasferito con una Nave Ospedale a Napoli, ove rimase rico­verato per una ventina di giorni.
Dopo una breve licenza di con­valescenza, fu destinato alla "dife­sa aeroporti" di Pianello Val Tidone (Piacenza), ove lo colse la vergognosa resa dell'8 settembre.
Mentre l'Esercito si sfasciava miseramente, Kummer non esitò a presentarsi al Centro di recluta­mento della Decima MAS, a La Spezia, l'unico Reparto che non aveva ammainato la Bandiera, e, fra le varie specialità, essendo un ottimo nuotatore, scelse gli "N" del Btg. "N.P", e provvide perso­nalmente a costituire la squadra al suo comando, reclutando a Fiume dieci giovani amici, tutti univer­sitari. Quindi raggiunse tesolo, per uno speciale addestramento, effet­tuato in gran segreto. In seguito ad una richiesta d'impiego di due Squadre "N" giunte dalla zona di operazioni, Kummer e Zanelli si recarono a Penne, sede del Grup­po Ceccacci, famoso per le missio­ni già compiute oltre le linee, nei territori occupati dal nemico.
Purtroppo, proprio quando le Squadre erano pronte a compiere un'audace azione contro i mezzi da sbarco inglesi nel porto di Ortona, in seguito allo sfondamento del fronte a Cassino il Gruppo dovette ripiegare, risalendo l'Adriatico con tutti i suoi mezzi, fino a Cesenatico, ove requisì l'Albergo Roma, nel re­cinto del Porto Canale.
Finalmente, verso la fine di lu­glio'44, la Squadra ebbe il battesi­mo del fuoco, sbarcando nottetempo con i "barchini" sulla costa fra Senigallia ed Ancona (già in mano agli "alleati"); ove recò notevoli danni ad un deposito di munizio­ni, a diverse linee telefoniche ed a vari automezzi inglesi, rientrando incolume, dopo poche ore, con il motoscafo d'appoggio.
L’entusiasmo della Squadra era alle stelle per il successo ottenuto, e già si stava organizzando una nuova audace impresa quando il Gruppo fu ancora costretto ad ar­retrare verso Nord, fino a Dosson (Treviso), usufruendo del Porto Corsini quale base operativa e di partenza per le azioni.
Fu allora che la Squadra Kummer, onde poter disporre di un mezzo veloce per avvicinarsi agli obiettivi e sbarcare sulle spiag­ge con i battellini, si recò a Vene­zia, ove requisì il motoscafo del Conte Volpi di Misurata, che usò a metà ottobre per compiere un'azio­ne nella zona tra Miramare di Rimini e Riccione.
Lasciato al largo il motoscafo, gli incursori raggiunsero silenziosa­mente la spiaggia con i battellini. Quindi, strisciando sulla sabbia, raggiunsero i cespugli sulla strada ove erano allineati numerosi grossi autocarri carichi di munizioni e di esplosivi.
Minati, indisturbati, tutti gli automezzi, gli arditi "nuotatori" provvidero quindi a tagliare tutti i fili di collegamento telefonico tra i vari Comandi alleati, creando un vero caos.
Quando la Squadra, raggiunta la spiaggia, già si trovava al largo con i suoi battellini, iniziò una se­rie di terribili esplosioni che pro­vocarono un fuggi‑fuggi generale ed il più completo scompiglio fra gli occupanti.
Purtroppo, il previsto appuntamento con il motoscafo non av­venne perché si stava avvicinando l'alba, ed ai primi chiarori il mez­zo aveva l'ordine di allontanarsi dal luogo dello sbarco, per cui Kummer decise di pagaiare con il battellino verso Nord, accorgendo­si però, dopo un giorno di faticosa navigazione, che la corrente con­traria lo allontanava sempre più dalla spiaggia, per cui preferì pun­tare verso terra, per sbarcare la sera sulla spiaggia e tentare di attraver­sare le linee a piedi.
La Squadra sbarcò infatti vici­no a Rimini, e si avviò camminan­do in colonna lungo la circonval­lazione della città. Ad un certo punto, però, arrivò nel senso con­trario una pattuglia nemica (anche questa in fila indiana) che portava sul basco dei distintivi simili a quelli dei nostri Marò, il cui capofila li salutò militarmente. Kummer, istintivamente, tese il braccio in avanti nel regolamentare saluto fa­scista, ma, accorgendosene, ripiegò subito il braccio portando la mano al berretto. Tutto andò liscio, e le colonne sfilarono così una accan­to all'altra con una sequenza da film comico, malgrado la perico­losità della situazione.
La squadra Kummer decise quindi di dividersi per tentare separatamente di rientrare attraverso le linee con maggiori possi­bilità di successo: chi scelse di in­dossare abiti civili e chi, con Kummer, decise di restare in divi­sa. Quest'ultimo gruppetto si di­resse quindi verso Cesenatico, zona familiare, e si rifugiò in una cascina disabitata dei dintorni, ma improvvisamente, di notte, fu sor­preso e catturato da un gruppo di soldati polacchi, che lo caricò a calci su un camion e lo portò in carcere a Forlì, da dove, dopo qual­che giorno, fu trasferito a Roma, a Cinecittà, ove aveva sede il servi­zio di spionaggio alleato.
Kummer, dopo venti giorni di demoralizzante isolamento, fu in­fine interrogato da un ufficiale maltese, che parlava italiano, ed avendo appreso che anche gli altri componenti della Squadra erano stati catturati in borghese, riuscì a salvar loro la vita dichiarando e dimostrando che non erano spie, ma militari incursori del suo Re­parto che tentavano di passare le linee senza dar nell'occhio.
Quanto alle informazioni mi­litari richieste, Kummer ebbe l'im­pressione che quegli interrogato­ri, anche se rimanevano senza ri­sposta, fossero inutili, dato che gli "alleati"... sapevano già tutto!
In tempi successivi, nella sua stessa cella furono rinchiusi il col­lega Zanelli ‑ la cui Squadra era stata pure catturata dopo un riu­scito attacco nelle retrovie inglesi ‑ ed il fratello Carlo, dei mezzi d'assalto della Decima dislocati a San Remo, catturato in mare dopo aver affondato il suo M.T.M.
I tre prigionieri studiarono su­bito insieme un piano di fuga, ma non riuscirono a realizzarlo perché vennero divisi e trasferiti nel cam­po di concentramento di Afragola (Napoli). Ad Afragola furono ca­ricati su un treno di carri bestia­me diretto a Taranto, dove sarebbero stati imbarcati per l'Algeria. Giunti in Basilicata, non volendo essere trasferiti in Africa, i nostri amici tentarono finalmente la fuga, riuscendo a scardinare le tavole dal fondo del vagone con un vecchio chiodo arrugginito strappato a fa­tica dalla porta. Quindi, dì notte, riuscirono a calarsi uno alla volta sulle rotaie, approfittando dei ral­lentamenti del treno e subito si al­lontanarono dalla ferrovia attra­verso la campagna dove, in una casa colonica, trovarono una insperata e generosa accoglienza da parte dei contadini, ai quali si era­no presentati come cittadini del Nord desiderosi di tornare a casa, e che offrirono loro da mangiare e da dormire.
All'indomani, considerata la grande distanza dalle linee del fronte, allora attestate sulla Linea Gotica, approfittando del fatto che Zanelli parlava l'inglese, i tre fug­giaschi compirono una ennesima bravata, chiedendo ed ottenendo il passaggio su un camion diretto al Nord. Tutto andò bene, e con un auto‑stop dopo l'altro il gruppetto riuscì ad arrivare a Roma senza destar sospetti.
Proseguendo a piedi verso la Toscana, mentre attraversavano la piazza di un paese, i tre fuggitivi furono però notati da alcuni citta­dini che, insospettiti, li trattenne­ro in Comune "per chiarimenti" fino all'arrivo dei Carabinieri, i quali, evidentemente informati della loro fuga, senza tanti discor­si li portarono a Roma, proprio a Cinecittà, ove l'Ufficiale maltese dei Servizi Segreti li accolse sorri­dendo ironicamente chiedendo loro se avevano fatto un bel viaggio!
Ciò, anziché deprimere, stimo­lò la reazione dei nostri Eroi, che subito si misero all'opera per rea­lizzare il piano di fuga già studia­to nel corso della loro precedente "villeggiatura" a Cinecittà. Dopo aver svitato con un coltello trafugato la griglia dell'aeratore sul soffitto della cella, strisciando nel tubo dell'aria Kummer e Zanelli riuscirono infatti a calarsi nella "stanza dei microfoni" (ove si registravano le conversazioni fra i detenuti), che non aveva reticolati alle finestre, e di qui scapparono di notte, ultimando con successo le loro mirabolanti avventure.
Arrestati dagli inglesi nel 1945, verso la fine della guerra, Kummer e Zanelli vennero trattenuti "per punizione" nel campo speciale di concentramento di Rimini fino al­l'estate 1947, quando gli inglesi, la­sciando l'Italia, furono costretti a liberarli.
II S. Ten. Aladar Kummer è ora un attivo componente ed un valido collaboratore della Federazione di Bergamo dell'U.N.C.R.S.I..

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