L'IMPOSSIBILE DIFESA.
Il maresciallo Badoglio, prima in un discorso, a Brindisi, più tardi in un giornale 3), affermò, che si sarebbe avviata un'inchiesta sulla « mancata difesa di Roma ». Aveva perduto la memoria o riteneva utile astutamente scordare, che, la mattina del 9 settembre, Roatta, con ordine a lui conosciuto, aveva stabilito, che la capitale non si poteva difendere? Avevano, sino alla sera dell'8, preparato tutto non solo per sostenerla con le armi, speculando su un da nessuno promesso e fantastico sbarco angloamericano, atteso nelle sue vicinanaze, ma anche per prendere da essa lo slancio a congiungersi con gli alleati in un attacco contro i tedeschi. All'ultimo momento invece e d'un tratto, svanite le fantasie, annullati i calcoli, subentrata la paura, Badoglio e Roatta, d'accordo con gli altri generali, avevano deciso di mutare lo schieramento. Ora volevano un'inchiesta sulla « mancata difesa » Ma allora contro se stessi, che l'avevano soppressa? Più uno avanza dentro gli avvenimenti di quelle tragicissime giornate di settembre e più trova piccoli uomini, travolti dalla grandezza dell'uragano, spaventati, annaspanti tra menzogne, errori, inganni, rettorica, capaci di dimenticare tutto quanto li può danneggiare, pronti sempre .a danneggiare gli altri. Il che, purtroppo, è inguaribile abitudine di molti italiani.
Per la difesa a oltranza di Roma s'ebbero manifestazioni di rètori malinconici e patetici, di comunisti e di repubblicani quarantottizzati, sitibondi di sangue tedesco, di cittadini fautori del morire in bellezza, di uomini perversi, che, standosene essi a casa, sognavano tricolori sventolanti tra le nuove rovine di Roma e migliaia di soldati immolati inutilmente sull'altare della gloria. Ma tutto ciò, poichè la città non era più sede della Corona, nè del Governo, era puro sentimentalismo romantico e teatralismo politico. Si disse persino che, se Roma teneva, si salvava l'Italia, quando i tedeschi, prima di entrare nella capitale, avevano già occupato tutta la Penisola non ancora invasa dagli angloamericani. Il fatto è che, essendoci stato comun‑
que un combattimento intorno a Roma, a posteriori si sentì il bisogno di poter vantare che esso prendesse carattere di vasta azione eroica, con una lunga resistenza armata da parte delle numerose divisioni ivi radunate, affinchè almeno questo sminuisse il disonore di quei giorni e si potesse appendere in casa un'oleografia con Roma loricata, che in mezzo alle macerie impavida offriva il petto ai nuovi barbari teutonici. Ma più vero è, che la difesa di Roma fu domandata soprattutto da elementi dei gruppi di sinistra, i quali, sapendola impossibile o già stroncata, dal reclamarla, allegando un inesistente furore popolare, e dal non ottenerla traevano l'argomento politico da usare contro gli altri partiti e contro la Corona. Ma quella difesa, mancando ogni soccorso, persino aereo, degli alleati 4), era tecnicamente impossibile, anzi, ci disse uno dei migliori nostri generali, il volerla senza che intorno a Roma ci fosse un largo campo trincerato o un compiuto sistema di fortificazioni armate modernamente, era una buffonata. Però si voleva creare il mito eroico a spese della verità storica e a vantaggio di alcuni partiti o di qualche associazione distributrice inflazionista di tessere al valor militare.
L'affermazione su citata di Badoglio aveva uno scopo: poichè l'impressione lasciata dalla partenza del Re e dalla fuga dei generali era infamante, e la caduta di Roma si attribuiva all'averla lasciata i « fuggiaschi » senza difesa, montandosi così un affare di pericolose dimensioni, si sentì il bisogno di rovesciare su qualcuno la responsabilità e di farne un capro espiatorio. L'individuo scelto per scaricargli addosso tanto peso fu il generale Carboni. Il quale, per il suo carattere e per i suoi errori, si prestava a tutte le accuse, anche alle ingiustizie. Che egli abbia reso più difficile la situazione di Roma e gravemente mancato ai suoi doveri, è indubbio: ma è altrettanto certo, che Roatta gli promise ordini, che poi non gli fece trovare, e che i « fuggiaschi » lo lasciarono nei pasticci. Ci si poteva anche domandare, perchè gli avessero affidato così grande incarico, quando sapevano che, dati i suoi precedenti, non era uomo da fidarsene. Già il 6 settembre, quand'egli affermò che, per le condizioni morali delle sue truppe e per la mancanza di mezzi e di carburante, la capitale non si poteva difendere, dovevano intendere, che l'animo suo era contrario alla missione assegnatagli e che egli, con l'intelligenza pervertitrice tanto tipica degli italiani, si preparava in anticipo la purgazione del male che avrebbe fatto più tardi. Era noto come ufficiale turbolento, indisciplinato, avido di lussi e di piaceri, specializzato nel sabotaggio delle azioni, a cui doveva partecipare combattendo, quale s'era già mostrato nell'affare Taylor, e prima, quando aveva frustrato la spedizione progettata contro Malta, essendo allora comandante della divisione « Friuli », una delle unità scelte per la grande prova.
FAZIOSITÀ.
Il maresciallo Badoglio, prima in un discorso, a Brindisi, più tardi in un giornale 3), affermò, che si sarebbe avviata un'inchiesta sulla « mancata difesa di Roma ». Aveva perduto la memoria o riteneva utile astutamente scordare, che, la mattina del 9 settembre, Roatta, con ordine a lui conosciuto, aveva stabilito, che la capitale non si poteva difendere? Avevano, sino alla sera dell'8, preparato tutto non solo per sostenerla con le armi, speculando su un da nessuno promesso e fantastico sbarco angloamericano, atteso nelle sue vicinanaze, ma anche per prendere da essa lo slancio a congiungersi con gli alleati in un attacco contro i tedeschi. All'ultimo momento invece e d'un tratto, svanite le fantasie, annullati i calcoli, subentrata la paura, Badoglio e Roatta, d'accordo con gli altri generali, avevano deciso di mutare lo schieramento. Ora volevano un'inchiesta sulla « mancata difesa » Ma allora contro se stessi, che l'avevano soppressa? Più uno avanza dentro gli avvenimenti di quelle tragicissime giornate di settembre e più trova piccoli uomini, travolti dalla grandezza dell'uragano, spaventati, annaspanti tra menzogne, errori, inganni, rettorica, capaci di dimenticare tutto quanto li può danneggiare, pronti sempre .a danneggiare gli altri. Il che, purtroppo, è inguaribile abitudine di molti italiani.
Per la difesa a oltranza di Roma s'ebbero manifestazioni di rètori malinconici e patetici, di comunisti e di repubblicani quarantottizzati, sitibondi di sangue tedesco, di cittadini fautori del morire in bellezza, di uomini perversi, che, standosene essi a casa, sognavano tricolori sventolanti tra le nuove rovine di Roma e migliaia di soldati immolati inutilmente sull'altare della gloria. Ma tutto ciò, poichè la città non era più sede della Corona, nè del Governo, era puro sentimentalismo romantico e teatralismo politico. Si disse persino che, se Roma teneva, si salvava l'Italia, quando i tedeschi, prima di entrare nella capitale, avevano già occupato tutta la Penisola non ancora invasa dagli angloamericani. Il fatto è che, essendoci stato comun‑
que un combattimento intorno a Roma, a posteriori si sentì il bisogno di poter vantare che esso prendesse carattere di vasta azione eroica, con una lunga resistenza armata da parte delle numerose divisioni ivi radunate, affinchè almeno questo sminuisse il disonore di quei giorni e si potesse appendere in casa un'oleografia con Roma loricata, che in mezzo alle macerie impavida offriva il petto ai nuovi barbari teutonici. Ma più vero è, che la difesa di Roma fu domandata soprattutto da elementi dei gruppi di sinistra, i quali, sapendola impossibile o già stroncata, dal reclamarla, allegando un inesistente furore popolare, e dal non ottenerla traevano l'argomento politico da usare contro gli altri partiti e contro la Corona. Ma quella difesa, mancando ogni soccorso, persino aereo, degli alleati 4), era tecnicamente impossibile, anzi, ci disse uno dei migliori nostri generali, il volerla senza che intorno a Roma ci fosse un largo campo trincerato o un compiuto sistema di fortificazioni armate modernamente, era una buffonata. Però si voleva creare il mito eroico a spese della verità storica e a vantaggio di alcuni partiti o di qualche associazione distributrice inflazionista di tessere al valor militare.
L'affermazione su citata di Badoglio aveva uno scopo: poichè l'impressione lasciata dalla partenza del Re e dalla fuga dei generali era infamante, e la caduta di Roma si attribuiva all'averla lasciata i « fuggiaschi » senza difesa, montandosi così un affare di pericolose dimensioni, si sentì il bisogno di rovesciare su qualcuno la responsabilità e di farne un capro espiatorio. L'individuo scelto per scaricargli addosso tanto peso fu il generale Carboni. Il quale, per il suo carattere e per i suoi errori, si prestava a tutte le accuse, anche alle ingiustizie. Che egli abbia reso più difficile la situazione di Roma e gravemente mancato ai suoi doveri, è indubbio: ma è altrettanto certo, che Roatta gli promise ordini, che poi non gli fece trovare, e che i « fuggiaschi » lo lasciarono nei pasticci. Ci si poteva anche domandare, perchè gli avessero affidato così grande incarico, quando sapevano che, dati i suoi precedenti, non era uomo da fidarsene. Già il 6 settembre, quand'egli affermò che, per le condizioni morali delle sue truppe e per la mancanza di mezzi e di carburante, la capitale non si poteva difendere, dovevano intendere, che l'animo suo era contrario alla missione assegnatagli e che egli, con l'intelligenza pervertitrice tanto tipica degli italiani, si preparava in anticipo la purgazione del male che avrebbe fatto più tardi. Era noto come ufficiale turbolento, indisciplinato, avido di lussi e di piaceri, specializzato nel sabotaggio delle azioni, a cui doveva partecipare combattendo, quale s'era già mostrato nell'affare Taylor, e prima, quando aveva frustrato la spedizione progettata contro Malta, essendo allora comandante della divisione « Friuli », una delle unità scelte per la grande prova.
FAZIOSITÀ.
E' appena credibile fino a qual punto la faziosità abbia alterato gli avvenimenti del 9 e del 10 settembre. Le peggiori e più fantastiche voci corse nella città, avviluppata dalle armi e messa in pericolo, furono accolte e registrate nei libri e nelle riviste come cose vere, a scopo politico. Si stampò così, che i granatieri, mentre correvano al combattimento, furono presi a fucilate dai fascisti in Piazza Navona e che eguali fascisti mitragliarono in più luoghi la popolazione romana 5). Si legge, che un cannone tirava sulla città dal giardino dell'ambasciata germanica e che la « quinta colonna » tedesca seminava panico. C'era una tale combustione e un tale disordine morale, che qualcuno ci telefonò d'aver « visto » gli angloamericani sul ponte Garibaldi. Mettendo assieme i racconti stampati e tirando le somme, risulterebbe che migliaia di romani furono uccisi, migliaia derubati, centinaia di case svaligiate e dio sa quanta roba distrutta. Si giunse a credere e non ci si peritò di pubblicare, che una turba di ragazzini aveva messo in fuga i carri armati tedeschi a Santa Maria Maggiore 6). Sempre mentendo a scopo politico, un opuscolo edito, dal partito d'azione narrò, che il Re la notte dell'8 settembre s'era rifugiato al Ministero della Guerra travestito da vescovo e con tanto panico addosso, da sconcertare gli altri e togliere a tutti ogni volontà di difendere Roma. Lo stesso farsesco opuscolo registrò, all'uso mitologico antico, una fiaba come possibile ragione dell'urto italo - tedesco intorno a Roma: un soldato tedesco, salito su un albero di fichi per farne una scorpacciata, era caduto e nel cadere il suo fucile s'era scaricato d'un colpo ed egli aveva emesso un grido, dal che impressionati i suoi camerati, credutolo attaccato dagli italiani, avevano sparato, provocando la risposta delle armi italiane 7).
Non meno puerilmente fantastiche le illazioni tratte dai propagandisti di sinistra: ad esempio, che Roma fosse deliberatamente consegnata ai tedesci dal Re per scopi dinastici 8). La vana iattanza dei partiti, in cui uomini rimasero, i più, nei rifugi raggiunti già la sera dell'8, volle fare il popolo romano, di cui fu grandissima l'apatia e l'indifferenza, una massa di eroi, fermi nel proposito di resistere e di battersi fino all'ultimo sangue, ma traditi dai capi militari o disarmati dalla polizia 9). I letterati, alla loro volta, ricamarono tante frasi e tante parole intorno a ogni schioppettata, che, a forza di minutissimi particolari descritti con abbondanza, trasformarono piccoli scontri di pochi soldati in combattimenti grandiosi. Uno, dando a Roma un'aria da peste di Milano, rappresentò il Sospetto, la Diffidenza, la Fuga e il Tradimento (sempre con maiuscole) mescolati agli uomini, resi nemici gli uni agli altri 10). Un altro ancora fece dell'epoca descrivendo il disordine, il nervosismo e l'inazione dei giovani, che andavano a veder che cosa stesse succedendo e non facevano nulla 11). Un terzo narrò come impresa eroica una perlustrazione fatta in bicicletta dentro la città quando tutto era già finito.
Forse lo stesso nome di Roma, così immane, così esaltante, ma anche così opprimente, altera inevitabilmente le proporzioni degli avvenimenti, che in essa occorrono. La breccia di Porta Pia, che fu un evento storico grandissimo, ma dove militarmente tutto andò come per incanto, non venne forse magnificata per decennii come splendida operazione militare, e quei bersaglieri, che vi entrarono con tutta facilità e con pochissimi morti, non furono, per questo fatto, esaltati infinite volte come eroi? Tutto quanto accade a Roma si ripresenta dentro prospettive speciali, amplificatrici, ed è come se la immensa gloria accumulata in essa si riversasse anche sulle minori cose presenti, quasi per una riversibilità di meriti di tante e tante generazioni, che vi hanno lottato e sofferto.
Vedendo come sia stata travisata la realtà da molti presunti testimoni diretti, come si sieno diffusi quali verità i « si dice » di quella giornate e narrate come storia le invenzioni eroiche deg1i uni e le vili degli altri, noi, che fummo presenti in più parti, ci domandiamo in che modo si possa attingere alle avvelenate fonti contemporanee, in che modo scrivere storia. Se riesce difficile il dipanare la matassa dei falsi e delle cose ignote a noi, che ricordiamo quanto fossero vani e mobili gli aspetti dei casi emergenti e quanto si diceva e quanto poco si sapeva, come riusciranno i futuri autori, ridotti soltanto alle carte stampate o ai documenti, sovente affatturati, dei quali moltissimi già spariti?
(3) « Il Corriere » di Salerno, 14 marzo 1944
Non meno puerilmente fantastiche le illazioni tratte dai propagandisti di sinistra: ad esempio, che Roma fosse deliberatamente consegnata ai tedesci dal Re per scopi dinastici 8). La vana iattanza dei partiti, in cui uomini rimasero, i più, nei rifugi raggiunti già la sera dell'8, volle fare il popolo romano, di cui fu grandissima l'apatia e l'indifferenza, una massa di eroi, fermi nel proposito di resistere e di battersi fino all'ultimo sangue, ma traditi dai capi militari o disarmati dalla polizia 9). I letterati, alla loro volta, ricamarono tante frasi e tante parole intorno a ogni schioppettata, che, a forza di minutissimi particolari descritti con abbondanza, trasformarono piccoli scontri di pochi soldati in combattimenti grandiosi. Uno, dando a Roma un'aria da peste di Milano, rappresentò il Sospetto, la Diffidenza, la Fuga e il Tradimento (sempre con maiuscole) mescolati agli uomini, resi nemici gli uni agli altri 10). Un altro ancora fece dell'epoca descrivendo il disordine, il nervosismo e l'inazione dei giovani, che andavano a veder che cosa stesse succedendo e non facevano nulla 11). Un terzo narrò come impresa eroica una perlustrazione fatta in bicicletta dentro la città quando tutto era già finito.
Forse lo stesso nome di Roma, così immane, così esaltante, ma anche così opprimente, altera inevitabilmente le proporzioni degli avvenimenti, che in essa occorrono. La breccia di Porta Pia, che fu un evento storico grandissimo, ma dove militarmente tutto andò come per incanto, non venne forse magnificata per decennii come splendida operazione militare, e quei bersaglieri, che vi entrarono con tutta facilità e con pochissimi morti, non furono, per questo fatto, esaltati infinite volte come eroi? Tutto quanto accade a Roma si ripresenta dentro prospettive speciali, amplificatrici, ed è come se la immensa gloria accumulata in essa si riversasse anche sulle minori cose presenti, quasi per una riversibilità di meriti di tante e tante generazioni, che vi hanno lottato e sofferto.
Vedendo come sia stata travisata la realtà da molti presunti testimoni diretti, come si sieno diffusi quali verità i « si dice » di quella giornate e narrate come storia le invenzioni eroiche deg1i uni e le vili degli altri, noi, che fummo presenti in più parti, ci domandiamo in che modo si possa attingere alle avvelenate fonti contemporanee, in che modo scrivere storia. Se riesce difficile il dipanare la matassa dei falsi e delle cose ignote a noi, che ricordiamo quanto fossero vani e mobili gli aspetti dei casi emergenti e quanto si diceva e quanto poco si sapeva, come riusciranno i futuri autori, ridotti soltanto alle carte stampate o ai documenti, sovente affatturati, dei quali moltissimi già spariti?
(3) « Il Corriere » di Salerno, 14 marzo 1944
(4) Carboni accusa Castellano di aver frustrato il soccorso aereo degli alleati, non ricevendo a tempo il maggiore Briatore, che aveva l'incarico di chiederlo, e non presentandolo subito ai comandi anglo. americani. Questi, quantunque fosse stata la nostra
implorazione, non l'avrebbero ascoltata, perché 'subito informati della piega presa dagli affari italiani, seccati di non aver trovato nessun aiuto italiano a Salerno, costretti a adoperare su quella fronte sino all'ultimo dei loro apparecchi.
(5) Cfr. « L'Unità » clandestina del 12 settembre 1943.
(6) Baracco, La capitale perduta in « Mercurio », dicembre 1944, p. 23.
(7) G. L., La « difesa » di Roma, p. 15 e 20. traditi dai capi militari o disarmati dalla polizia
(8) Bertolla, in « Folla », 24 maggio 1945.
(9) (Comandini), op. cit., p. 36 - « L'Unità », numero su citato.
(10) de Mattei, Ingrato interregno, in ,< Mercurio «, dicembre 1944, p. 37.
(11) Gabrieli, Settembre 1943, in « Mercurio », dicembre 1944, p. 25.
Testi di volantini
implorazione, non l'avrebbero ascoltata, perché 'subito informati della piega presa dagli affari italiani, seccati di non aver trovato nessun aiuto italiano a Salerno, costretti a adoperare su quella fronte sino all'ultimo dei loro apparecchi.
(5) Cfr. « L'Unità » clandestina del 12 settembre 1943.
(6) Baracco, La capitale perduta in « Mercurio », dicembre 1944, p. 23.
(7) G. L., La « difesa » di Roma, p. 15 e 20. traditi dai capi militari o disarmati dalla polizia
(8) Bertolla, in « Folla », 24 maggio 1945.
(9) (Comandini), op. cit., p. 36 - « L'Unità », numero su citato.
(10) de Mattei, Ingrato interregno, in ,< Mercurio «, dicembre 1944, p. 37.
(11) Gabrieli, Settembre 1943, in « Mercurio », dicembre 1944, p. 25.
Testi di volantini
ARMISTIZIO
Un armistizio è stato firmato dai debiti rappresentanti dei Governò Italiano e dal Comandante in Capo delle Forze Alleate.
Questo armistizio segna la fine di un'era vergognosa della storia italiana. La guerra di Mussolini a fianco della Germania nazista e contro le democrazie è finalmente terminata. tI stata creata la base necessaria pPr la ricostruzione di un'Italia libera e unita.
Ma la guerra contro la Germania non è finita. L'armistizio non apporta immediatamente la pace all'Italia per la sola ragione che in Italia vi sono ancora truppe di IrLtler. Ilitler tenta eli ritardare la disfatta inevitabile della Germania trasformando l'Italia intera in un campo di battaglia.
L'armistizio è una nuova e magnifica occasione per gli Italiani, soldati e civili, di riconquiStare le proprie libertà accelerando la cacciata dill'Italia del TEDESCO,
L'ETERNO NEMICO.
Manifestino lanciato dagli aerei angloamericani all'indomani della capitolazione italiana.
Questo armistizio segna la fine di un'era vergognosa della storia italiana. La guerra di Mussolini a fianco della Germania nazista e contro le democrazie è finalmente terminata. tI stata creata la base necessaria pPr la ricostruzione di un'Italia libera e unita.
Ma la guerra contro la Germania non è finita. L'armistizio non apporta immediatamente la pace all'Italia per la sola ragione che in Italia vi sono ancora truppe di IrLtler. Ilitler tenta eli ritardare la disfatta inevitabile della Germania trasformando l'Italia intera in un campo di battaglia.
L'armistizio è una nuova e magnifica occasione per gli Italiani, soldati e civili, di riconquiStare le proprie libertà accelerando la cacciata dill'Italia del TEDESCO,
L'ETERNO NEMICO.
Manifestino lanciato dagli aerei angloamericani all'indomani della capitolazione italiana.
FUORI I TEDESCHI!
Grandi eserciti americani, britannici e canadesi stanno sbarcando in vari punti, nel cuore dell'Italia.
L'arrivo di questi eserciti, poderosamente armati, protetti dall’invincibile Forza Aerea Alleata e da tutta la potenza delle Forze Navali Mediterranee Alleate, offre a voi, Italiani, l'ultima grande -occasione. FIANCHEGGIATA DALLA POTENZA DEGLI ALLEATI, L'ITALIA HA ORA LA POSSIBILITA DI VENDICARSI. DELL'OPPRESSORE TEDESCO, e collaborare alla cacciata dell'eterno nemico dal suolo italiano.
Italiani, ecco i vostri ordini di lotta per guaina case della guerra per la liberazione dell'Europa :
1. Ovunque sono forze Alleate, date loro la vostra cooperazione e piebedite esattamente gli ordini del Comandante della zona.
2. Ovunque sono forze tedesche, non aiutatele in alcun modo, Data prova della vostra unità nazionale e della vostra volontà di resistere, rifiutando disciplinatamente e unanimemente di essere complici del tiranno tedesco.
SOLDATI : fate la votra parte e ubbidite ai vostri ufficiali.
LAVORATORI : la vostra parte nella guerra è la e battaglia del • trasporti e. Chi vince la « battaglia dei trasporti vince la guerial. In questa battaglia, il popolo italiano e in particolare í lavoratori,''; dei trasporti (lavoratori ferroviari, lavoratori portuali, lavoratori stradali) possono avere ed avranno una parte dr4éGi,9i V R.
LAVORATORI FERROVIARI : non lasciate passare un solo treno che trasporti truppe o materiale tedesco.
LAVORATORI PORTUALI : non caricate nè scaricate una sola navi di truppe o materiale tedesco.
LAVORATORI STRADALI : nell'area in cui lavorate, impedite il movimento di qualsiasi autotreno carico di truppe o materiale tedesco.
ITALIANI : gli Eserciti Anglo-Americani della Liberarione, sono sbarcati nel cuore dell'Italia. Fate un eroico sforzo suprerao ora, nella prossima settimana, che sarà una settimana cruciale. Gole una resistenza disciplinata contro í Tedeschi, potete parallezare le linee di comunicazione dell'invasore tedesco e contribuire atta vittoria nella GUERRA ITALIANA Dl LIBERAZIONE.
Lo stesso manifestino, nel retro, incitava i civili alla ribellione e al sabotaggio.
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