venerdì 13 luglio 2007

PIONIERI DELL'ARIA


Dal Secolo d’Italia

STORIA DEL PARACADUTISMO

L'intuizione spetta a Leonardo. L'idea fu ripresa nel'600 da Fausto Veranzio, ma non ci sono prove di un suo lancio da una torre a Venezia. Nel'700 e nel secolo scorso gli «esperimenti» diventano più frequenti Ecco la storia di uomini che non ebbero paura di collaudare un'invenzione ad alto rischio


PIONIERI DELL’ARIA
I tentativi, gli insuccessi le tecniche più ingegnose nel corso dei secoli
ALDO GIORLEO


SALTARE con il paracadute da un aereo è un esercizio che oggi si può compiere con una certa facilità. Il sogno millenario dell'uomo, da Icaro in poi, quello di librarsi nell'aria, è diventato realizzabile con i moderni paracadute ad ala che permettono discese manovrate e atterraggi soffici. E anche un perfetto profano può sfidare la legge di gravità lanciandosi in tandem con un istruttore qualificato. Una cinquantina e passa d'anni fa non era certamente così. Poteva capitare che il paracadute si aprisse «a fiamma», e non c'era quello d'emergenza cui affidare la propria salvezza; poteva succedere di restare agganciati ai piani di coda dell'aereo, o di finire sugli alberi o, peggio, sui tralicci dell'alta tensione, senza essere in grado di effettuare manovre di «scivolamento». Tra i campioni l'audacia, lo sprezzo del pericolo avevano la meglio sulla tecnologia e l'allenamento metodico. Si faceva a gara a chi apriva più basso, e gli incidenti mortali costituivano una ricorrente tragica realtà.
Oggi i campioni di stile, di precisione, di canopy, di relative work, «lavorano» su basi scientifiche, ripassando al video le fasi registrate delle loro esibizioni. Eppure, nonostante ciò, le sensazioni che essi provano durante le discese non debbono essere molto diverse da quelle dei loro predecessori: una sorta di euforia, di pace interiore, di potenza fisica e, soprattutto, psichica che ti fa stare bene con te stesso, che ti fa pensare d'essere un tantino superiore agli «altri», a chi non sa vincere la paura dei vuoto. E questo perché il paracadutismo, prima che un fatto sportivo, è un'esigenza dello spirito; un'esigenza che risale ai primordi dell'uomo ma che vide la sua realizzazione solamente nel «secolo dei lumi».
L’intuizione, come per tante altre macchine del futuro», spetta al sommo Leonardo che, nel 1495, così descrisse il primo paracadute «virtuale» della storia: «Se un uomo ha un padiglione di panno intasato (cioè con i fori ostruiti per vernice o per colla) che sia di 12 braccia per faccia e alto 12, potrà gettarsi da ogni grande altezza senza danno di sé». E di questo paracadute a forma di piramide egli ci lasciò nel Codice Atlantico anche un disegno.
L’intuizione di Leonardo fu ripresa da Fausto Veranzio da Sebenico, filosofo e matematico, il quale ‑ ma il fatto è tutt'altro che provato ‑ nel 1615 o 1617 si sarebbe lanciato da una torre a Venezia appeso a un enorme paracadute rudimentale di forma quadrata.
Ma occorre attendere il risveglio scientifico del secolo successivo per arrivare a esperimenti positivi sui paracadute. I nomi degli sperimentatori sono tanti. Basti pensare a Sebastiano Fausti e Paolo Guidotti in Italia, o a Sebastien Lenormand, ai fratelli Montgolfier e Pierre Blanchard in Francia. Nel 1783 il chimico Lenormand progetta e costruisce un paracadute semirigido che collauda lanciando alcuni animali da una torre. Nel frattempo i Montgolfier avevano ideato e realizzato l'aerostato, capace finalmente di portare l'uomo in alto nel cielo.‑ E Joseph Montgolfier pensa subito a un paracadute costituito da due vesciche di maiale gonfiate con aria calda e collegate per mezzo di funi a una cesta di vimini. Sistema nella cesta una pecora, porta il tutto in alto con un aerostato e lo molla. Quel primordiale paracadute scende lentamente a terra: la pecora è salva. Successivamente, in collaborazione con il fratello, costruisce un altro paracadute con la calotta di carta a forma semisferica collegata alla navicella e, per aumentarne la portanza, piazza quattro vesciche di maiale e fa, collaudare lo «strumento» anziché da una pecora da un montone. E’ quindi la volta dell'aeronauta Blanchard a costruire un paracadute simile a un grosso ombrello con il manico fissato alla navicella dell'aerostato e a buttar giù, ripetutamente, il suo cane. Poi pare ‑ma non è affatto certo ‑ che, a causa di un'avaria dell’aerostato, fosse stato costretto egli stesso a salvarsi con l'ombrellone.

Trascorsero ancora un decina d'anni prima che il paracadute divenisse familiare.al grande pubblico.
Lo si dovette ai Garnerin, André, Jacques, Jean ed Elise, che si esibirono in tutta Europa suscitando entusiasmo a non finire. Il primo vero paracadutista della storia dev'essere, dunque, considerato André Jacques Garnerin, fisico ventottenne, che, dopo ripetute prove, il 22 ottobre del 1797 collaudò un paracadute di sua invenzione. La prova avvenne di fronte a una folla entusiasta radunata nel parco di Monceau. Ganierin sali in mongolfiera sino a circa 700 metri e, zac, tagliò le funi che legavano la navicella all'aerostato. Venne giù oscillando fortemente, ma indenne, salutato da un applauso frenetico. Dopo questo successo, André Jacques, con la collaborazione dei fratello Jean, apportò numerose migliorie al suo paracadute, fino a realizzare un modello simile a quelli attuali, vale a dire a costituzione floscia e, soprattutto, con un foro all'apice della calotta per farvi passare l'aria ed eliminare le oscillazioni.
La moglie di André Jacques, Jeanne, volle emulare il marito ma al primo lancio riportò uno shock tale da non voler più ritentare la prova. La nipote Elise, figlia di Jean, invece, dopo aver compiuto il suo primo salto a 16 anni, prosegui a lanciarsi insieme con il padre e con lo zio in Francia, in Belgio, in Italia (memorabile la discesa eseguita il 29 giugno 1827 a Torino alla presenza del re Carlo Felice e della corte), in Inghilterra, in Germania e in Russia, ottenendo riconoscimenti e sostanziosi premi.
L’elenco degli, appassionati del paracadutismo s'allunga. Dopo i Garnerin, anche l'inglese Hampton costruisce, nel 1839, un paracadute con il foro apicale. Due anni prima un altro inglese, Robert Cocking, s’era ucciso con un paracadute di tipo rigido a forma di cono rovesciato cui era appesa la navicella di vimini.
Un'altra donna irruppe sulla scena del paracadutismo nel 1849, madame Poitevin, che in tre anni, insieme con il marito, compì una serie di ardimentosi lanci, conquistando il record d'altezza con una discesa di 2.000 metri a Parma. Seguono altri audaci: nel 1850 il francese Godard effettua un lancio da 1.500 metri; Letour, altro francese, nel 1862 si sfracella al suolo al cospetto di centinaia di persone a Tottenham, presso Londra, non essendosi la calotta del paracadute distaccata dal suo supporto. E poi ancora Sivel (lancio riuscito da 1.700 metri), Robertson, Bourget, Sovis. Altro passo avanti nel 1887 Questa volta è un americano, il capitano Thomas Sacket Baldwin (che diverrà in seguito industriale aeronautico) ad apportare al paracadute una fondamentale innovazione: abolisce la navicella di vimini, che sino a quel momento era servita da abitacolo per il paracadutista, e costruisce una vera e propria imbracatura, simile a quelle odierne. Egli applica il paracadute, con la calotta già aperta e trattenuta da funicelle, alla cesta d'un pallone, afferra la parte terminale delle funi e si lancia nel vuoto. Con il peso, le funicelle si rompono, la calotta si distacca e, grazie all'aria che vi penetra, si gonfia e porta a terra il paracadutista. il primo lancio con questo sistema avvenne nei pressi di Rockway Beach, Baldwin finì in mare, venne ripescato e festeggiato.
Due anni dopo il paracadute comincia a interessare i militari. L’esercito tedesco invita l'aeronauta americano Leroux a compiere, presso il reparto aerostieri, prove pratiche con un paracadute derivato dal modello Baldwin. Leroux si esibisce a Schóneberg nei pressi di Berlino e il conte Schlieffen, capo di Stato Maggiore, dimostra vivo interesse. Nel frattempo i tecnici si danno da fare per migliorare il nuovo mezzo aereo. Il tedesco Herzberg cerca di utilizzare le oscillazioni della calotta per manovrare il paracadute; tentativi analoghi vengono compiuti dagli americani Leeds e Whise e in Inghilterra dal colonnello Marceroni, il quale progetta un paracadute con la calotta rovesciata che si risolve in un fallimento. Dal canto suo il corso Louis Capazza collauda un modello con la calotta reticolare, mentre il tedesco Lattemann utilizza nel lancio due paracadute. Un altro tedesco, Rose, brevetta un paracadute assai maneggevole col quale, il 27 maggio 1900, compie un lancio la prima donna paracadutista tedesca, la signorina Kate Paulus. Quando cominciano i primi esperimenti aerei, quando i fratelli Wright stupiscono il mondo con il loro breve volo a bordo dei mezzo «più pesante dell'aria», quando altri audaci, da Voisin a Bleriot, danno inizio all'era dell'aviazione, il paracadutismo trova una ragione pratica, e non più soltanto spettacolare, alla propria esistenza.
Nel 1911 si registrò un altro passo avanti nella storia del paracadutismo: il primo lancio da un aereo. Fino ad allora i lanci erano avvenuti da aerostati o da palloni frenati e per il paracadutista era quasi come gettarsi da una base di lancio fissa. Il tuffo da un apparecchio in volo era qualcosa di diverso, di più dinamico, e anche più affascinante. A compierlo per primo fu un americano, Clem Solin, che continuò poi a esibirsi in numerosi meeting aerei, finché, nel 1937, trovò la morte nel tentativo di un volo planato con ali di seta. Una sfida, quella del volo umano, che, nel tempo, fece parecchie altre vittime, come lo svizzero Bolhelm, il francese Vassard e, negli anni '60, un altro francese, il famoso «uomo‑uccello» Leo Valentin. Ultima vittima illustre sulle orme di Icaro, il campione di «skisurf» (acrobazie in caduta libera con una tavola da surf o con un paio di sci fissati ai piedi) Patrick De Gayardon, schiantatosi al suolo l'anno scorso nelle Hawaii mentre provava le sue ali da pipistrello.
Ma torniamo all'inizio dei nostro secolo. Dopo Clem Solm, altri paracadutisti si cimentarono nei lanci dall'aereo: Berry, Pegoud, Hengier, Schmetter, Glorieux, Loyal, Irving (che divenne poi uno dei più importanti costruttori di paracadute del mondo), Ors, ideatore di un ottimo paracadute collaudato nel 1914 con un lancio da 800 metri a Juvisy. «La discesa ‑ scrisse un cronista dell’epoca ‑ fu abbastanza breve. Appena la tela si apri, l'inventore si dondolò una quarantina di secondi nello spazio e si posò quindi sul suolo, come una foglia che cade dall'alto».

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