lunedì 23 aprile 2007

la leggenda di Robert Lee

Dal Secolo d'Italia Domenica 22 aprile 2007



































LA LEGGENDA
DI ROBERT LEE


Un libro di Alberto Pasolini Zanelli ricostruisce la storia della guerra di secessione americana, vista dalla parte delle giacche grige

Antonio Pannullo

E’curioso, ma nei programmi sco­lastici italiani la guerra di seces­sione americana (1861‑1865), che negli States preferiscono chiamare Guer­ra civile, Civil war, è menzionata solo di sfuggita, poche righe per dire che gli Sta­ti del Nord combatterono contro quelli del Sud ("ribelli") per abolire la schia­vitù. Poche infor­mazioni, e false, su quello che fu il pri­mo conflitto moder­no nella storia del­l'umanità, e delle sue guerre, che vide, per la prima volta in azione armamenti mai uti­lizzati prima, come ad esempio i som­mergibili.
La guerra di secessione ebbe tra l'altro un numero di vittime elevatissi­mo, circa u milione di persone tra mili­tari e civili. Per fare un paragone, i mor­ti americani nella Seconda Guerra mondiale furono poco più di 400mila.
Ma in realtà in Italia è la stessa storia degli Stati Uniti a essere poco approfon­dita nelle scuole: brevissimi cenni all'e­popea del West, da noi conosciuta soprat­tutto grazie ai film, la tragedia degli Indiani d'America, le storie, i protagoni­sti, le vicende politiche ed economiche: il tutto considerato dai nostri programmi ministeriali alla stregua di fenomeni poco più che folkloristici. E il panorama editoriale made in Italy non è che vada molto meglio: c'è solo la Storia della guerra civile americana di Raimondo Luraghi, oltre ad altri volumi dedicato però al 99 per cento alla storia degli Indiani. C'è però, in Italia, un sito atti­vissimo e serio, Farwest. it, che si occupa dell'800 americano in tutte le sue parti.
Tra l'altro, se gli studenti potessero studiare meglio le origini degli Stati Uni­ti e della loro mentalità così lontana da quella europea, potrebbero comprendere meglio certi fenomeni interni statuni­tensi e anche gran parte della politica estera di Washington...
A movimentare e a integrare il mono­tono panorama editoriale italiano sulla guerra tra "nordisti" e "sudisti", è uscito recentemente per i tipi della Leonardo Facco editore Dalla parte di Lee, "la vera storia della guerra di secessione ameri­cana", del giornalista e scrittore Alberto Pasolini Zanelli, autore molto attento alle vicende storiche "dimenticate": nel 1996 scrisse Il genocidio dimenticato. La Cina da Mao a Deng.
La storia guerra di secessione ameri­cana è tanto affascinante quanto com­plessa e sconosciuta: in quei quattro anni si dipanano vicende militari, perso­nali, economiche, strategiche, di costu­me. Furono compiuti atti di eroismo inimmaginabili, stragi orrende, emerse­ro personalità gigantesche: lo scontro dei mondi cambiò per sempre il volto degli Stati Uniti e in parte anche quello plane­tario. Gli Indiani d'America (i "nativi", come dicono oggi i "politically correct") conobbero i loro ultimi istanti di gloria prima dell'annientamento totale: il gene­rale confederato Stand Watie, un india­no, fu l'ultimo alto ufficiale sudista ad arrendersi, alcune settimane dopo la resa del generale Robert Lee al suo ex commilitone d'accademia di West Point Ulysses Grant ad Appomattox semplice­mente perché perché l'idea della resa non era ben comprensibile dalla mentalità degli Indiani.
Ma probabilmente mai vi fu, negli Sta­ti del Sud, i cosiddetti "secessionisti" un'adorazione pari a quella di cui fu ‑ ed è ancora oggi‑oggetto il generale Robert E. Lee, comandante in capo di tutte le for­ze confederate, che con un esercito infi­nitamente peggio armato, meno numero­so di quello dell'Unione, riuscì a tenere in scacco per quattro anni la più potente macchina da guerra di quel momento sto­rico. Oggi in decine, se non in centinaia, di piazze, parchi e vie di quella che fu la Confederazione, vi sono statue di quel­l'uomo calmo e fiero, dalla barba bianca, che cavalca sul suo fido Traveller, il suo famosissimo destriero che lo accompa­gnò anche all'appuntamento fatale del 9 aprile 1865 in Virginia: la resa.
Per capire ciò che Lee rappresentò per il popolo dei dixie, basti pensare che dopo il conflitto, che fu sanguinosissimo e sen­za quartiere, come tutte le guerre fratri­cide, Lee non subì alcun processo né per­secuzione: anzi, divenne preside del Washington College (oggi Washington and Lee University) a Lexington (Virgi­nia), già dal 2 ottobre 1865, dove tuttora riposa, nella cappella, dal momento della morte, avvenuta nell'ottobre del 1870.
Le ferite inferte dalla guerra avrebbero anche potuto essere ricucite, come avreb­be desiderato il presidente americano Abramo Lincoln (che mai e poi mai fu un abolizionista della schiavitù), che dichiarò pubblicamente che avrebbe ela­borato un piano per la riconciliazione, la pace e la ricostruzione del Sud, messo let­teralmente a ferro e fuoco dalle "pance blu" durante l'invasione.

Con la morte del presidente nordista Abramo Lincoln la Confederazione perse il suo migliore amico, perché era l'unico che credeva nella riconciliazione

Mala morte di Lincoln, il 15 aprile 1865, ucciso dall'at­tore John Wilkes Booth in un teatro di Washington, privò il Sud del suo più grande amico e protettore. Come raccon­ta Pasolini Zanelli, gli Stati confederati divennero teatro di violenze, speculazio­ni, estorsioni, confische più o meno ille­gali delle piantagioni, da parte degli affa­risti senza scrupoli del Nord, gli stessi che avevano scatenato la guerra civile non per amore degli schiavi negri, ma per la loro "emancipazione", in modo da poter ricattare gli operai bianchi del Nord dal punto di vista salariale. Il Sud si trasformò in una zona depressa, un mon­do e uno stile di vita erano morti e per­duti per sempre. Gli ci vorrà un secolo per riprendersi, anche se una riconcilia­zione formale fu celebrata nel 1913 sul campo di battaglia di Gettysburg, alla presenza di cinquemila veterani della Civil war.
È certo vero che storia la scrivono i vincitori, ma per la guerra di secessione americana non si è potuto impedire che la leggenda delle giacche grigie conti­nuasse a vivere nei film, nelle canzoni, nei libri americani. La storia politica ed economica invece la scrissero i vincito­ri, mistificando quelli che furono i motivi reali dello scontro tra due nazioni estre­mamente diverse e inconciliabili tra loro: il Nord e il Sud degli Stati Uniti.

SHERMAN
E LA PRESA DI SAUANNAH


Pur se non vi è in Italia aparte quello di Raimondo Luraghi, un serio e approfondito studio sulla guerra di secessione americana, tuttavia sono stati scritti moltissimi romanzi che hanno come sfondo, o contorno, la"Civil war" statunitense.
A cominciare naturalmente da Via col vento, che per molti anni ha dato la chiave di interpretazione, anche a noi italiani, del conflitto tra Nordisti e Sudisti.
Immensa è anche la mole di libri memorialisti, scritti dai generali protagonisti delle battaglie, e anche dai loro familiari.

Lo scrittore americano Ambrose Bierce vi inserì alcuni suoi racconti horror, con storie di soldati morti che resuscitavano sui campi di battaglia. Anche sul generale George Armstrong Custer (famoso però per Little Big Horn più che per il suo ruolo nell'esercito unionista), sono stati scritti libri sulla sua partecipazione alla guerra di secessione, quand'era colonnello, dove si batté con valore come avversario della cavalleria confederata guidata da suo omologo Nathan Bedford Forrest, altro oggetto di numerose biografie.

Nel mese di marzo è uscito un avvincente romanzo dello scrittore americano E.L. Doctorow, autore di Ragtime, da cui Milos Forman trasse il suo celebre film, libro intitolato La marcia, in cui si racconta l'altrettanto celebre avanzata del generale nordista William Tecumseh (sì, come il celebre capo indiano) Sherman da Atlanta verso Savannah, in Georgia, avvenuta alla fine del 1864, e conosciuta anche come "la marcia verso il mare". Tra l'altro, le Memorie di Sherman sono ancora oggi uno dei più attendibili affreschi della guerra civile.

Il generale Sherman nel settembre precedente aveva messo a ferro e fuoco la città di Atlanta, dalla quale partì con oltre 60mila uomini alla volta di Savannah, che conquistò pochi giorni prima di Natale, a prezzo di combattimenti sanguinosissimi. Sherman scrisse al presidente Lincoln offrendogli la presa della città confederata come "regalo di Natale"
An. Pa.

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