lunedì 23 aprile 2007

Da IL MATTINO ILLUSTRATO 1 febbraio1942 XX Eques Psicologia del Paracadutista


Da Archivio Z. Basco Grigioverde
Da IL MATTINO ILLUSTRATO Anno XIX, 1- febbraio 1942 – XX


PSICOLOGIA DEL PARACADUTISTA

Fra tutti i nuovi mezzi bellici che l’odierna tecnica della guerra ha rivelato - e non son pochi ‑ quello che maggiormente ha di colpo impressionato le folle é il paracadutismo. Bombardieri a tuffo, aerosiluranti, guastatori, mezzi d'assalto marittimi e terrestri: hanno rappresentato in questo conflitto una ulteriore selezione dell'arditismo nei confronti di quello delle passate guerre; costituiscono passi avanti In quella categoria gerarchica degli sprezzatori della vita al cui vertice estremo sta il suicida. I Giapponesi, che degli opposti valori della vita e della morte hanno un concetto etico tutto speciale, hanno, raggiunto questo limite spirituale offrendoci lo straordinario spettacolo di “proiettili umani” che ragionatamente, freddamente, si scagliano Imbottiti d'esplosivo su un obbiettivo e saltano con esso. Ma i Giapponesi, si sa, sono Giapponesi; cori la nostra mentalità. indole, religione ed educazione europea a simili estremi non possiamo di proposito giungere. vi giungeremo in magari in battaglia, nell'eccitazione della lotta; ma non possiamo generalizzare e sancire con un regolare reclutamento simili eroismi eccezionali.
Tornando all' argomento dei “nostri” arditi tornando alla numerosa gamma del ragazzi dl fegato sano che formano le nostre specialità di assalto. i paracadutisti ‑ dicevo ‑ sono quelli che piú hanno attratto l'appassionato interesse delle folle. E con ragione: poiché vi sono nell'azione bellica di questa nuova arma alcune caratteristiche che incidono sulla natura stessa dell’uomo, che si urtano ai lati più sensibili dello spirito di conservazione. Intendo parlare, precisamente. della necessità di superare il nostro radicato, atavico istinto di orrore per tre sensazioni: il “vuoto.”, la “fralezza” del corpo umano e la “solitudine”. Sono sensazioni che gli altri Arditi non provano o provano salo in parte o con l'ausilio di poderosi, rassicuranti congegni che noi paracadutisti, attaccati agli esili fili del nostro ombrello, non possiamo recare dal cielo con noi.
Le prime due sensazioni si riferiscono all'attimo del lancio. E' un attimo ma. agli effetti del tormento nervoso, vale quanto una vita. Tutti voi avrete compiuto l'esperienza di affacciarvi ad un sesto piano, osservare la strada sottostante e pensare: “E se ora cadessi giù...” Sentite istantaneamente il corpo che si liquefa e vi cola a mo di piombo entro le scarpe. Ebbene: moltiplicate per cento quella sensazione, aggiungetevi la complicazione spirituale che Invece di “cadere”, bisogna buttarsi, ed avrete un quadro approssimativo del tormento che un paracadutista deve superare all'atto del lancio. Naturalmente egli compie, prima di brevettarsi paracadutista, un lungo ed adeguato tirocinio preparatorio; ma questo, agli effetti spirituali, non gli diminuisce di molto la sgradevole sensazione da superare; gli insegna a superarla, ecco tutto. Si è sicuri ch'egli si lancerà senza alcuna esitazione, ed anzi con una certa spavalderia ciranesca; ma l'interna Impressione rimarrà tal quale.
Parlavo di fragilità corporea. E' la spiacevole sensazione che si ha precipitando nel vuoto. Il vostro corpo ha appena lasciato l'apparecchIo, con una energica distensione di tutti i muscoli, che vi sentite travolti da una specie di ciclone (la scia d’aria del velivolo) che vi porta via come una festuca. Se non vi siete lanciati a regola d'arte (corpo ad arco e braccia in croce) capriolate per di più su di voi stessi come un burattino disarticolato. ­E fino a che il paracadute non s'è aperto, e s'è aperto bene, vi sentite una povera piccola cosa, nuda ed inerme, in balia degli elementi e della legge di gravitazione universale. Vi garantisco che non è piacevole: provare per credere.
Aggiungerò subito che queste sensazioni sono compensate ad usura da quella veramente deliziosa, che si ha subIto dopo: sospesi e dondolanti nell'azzurro, col mondo ai vostri piedi e lo spirito leggero e soddisfatto per aver vinto quel tale Istinto di conservazione che vi rodeva le budella lassù, sull'apparecchio. Vi sentite una specie di angioletto e vorreste che la discesa mai non terminasse. La vista della terra che si avvicina con rapidità preoccupante e la necessità di prepararsi a quell'atto dl alta acrobazia ch'é 1'atterraggio, vi distolgono a malincuore dall'incantamento del momento.
Tutto ciò concerne il lancio, ossia l'atto che agli occhi della folla ha maggiore interesse spettacolare. Ma il lancio non è che il prologo, il semplice prologo dell'azione bellica del paracadutista. Il difficile viene dopo.
Si piomba intatti nel cuore del paese nemico: sconosciuto ed ostile. E non appena riordinatisi, si deve rapidamente orizzontarsi e procedere, con la maggior velocità consentita dalle proprie gambe, sui varii obbiettivi. Siete soli, in contrade, ignote in cui ogni cespuglio può celare un arma ed ogni riparo un'insidia. Nessuna possibilità di immediato soccorso o rifornimento dal tergo se le cose non vanno bene, dovrete trarvi d'impaccio da soli, sfruttando le vostre armi al massimo del Loro rendimento e dosando bene le cartucce. Se per disgrazia siete ferito non potete sperare in cure ed aiuti, che i vostri compagni non possono nè debbono attardarsi per voi. Se cadete nelle mani del nemico non c'è molto da contare su trattamento umano perchè con i paracadutisti ‑- chi sa mai perchè ‑‑‑ tutti ce l'hanno, barbari e civili, e si sfogano su quelli che acciuffano come se si trattasse di grassatori.
E' questa, insomma, la solitudine che annoveravo fra le sensazioni spiacevoli che il paracadutista ha da vincere. E chi di voi s'è mai trovato In guerra, disperso in territorio nemico, sa cosa io Intenda significare.
-- “Insomma è un gran brutto mestiere quello dei paracadutista”; dirà qualche lettore, Impressionato da queste mie descrizioni.
Al contrario: é bellissimo; è il più bello Che soldato possa, desiderare. Per un uomo di fegato non v'ha infatti destino migliore di quello che vi offra dei bassi istinti da controllore, dei pericoli da sormontare e del compiti difficili da assolvere. Il vero coraggio non consiste nel non aver paura (solo gli incoscienti non la provano) ma nel dominarla, Il paracadutismo vi dà molte occasioni d'aver paura; ma vi offre altrettante possibilità di strapparvela di dosso, di calpestarla come sensazione bassamente animale e dl gettarla via, con un calcio, dietro di voi.
Conosco molto molto Intimamente un certo paracadutista che, ogni volta che dalla carllnga s'avanza verso quella tale porticina che da nel vuoto, sente in fondo ai precordi una specie di brivido. E gli vien fatto di dirsi, con un risolino interno alla Turenne; -- “Tu tremi dunque, vecchia carcassa. Ma tremeresti ancor di più se sapessi ove ti porto...”
Val la pena di fare il paracadutista per potersi dire queste cose.

EQUES

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