martedì 24 aprile 2007

Accadde con la "nuova" repubblica

Nuovo Fronte 256

La beffa di Gianfranco Chiti
Accadde con la “nuova” repubblica

‑ Fulvio Candia ‑


Bisognava assegnare un "Aiutante di Campo" al neo eletto Capo di Stato Maggiore.

"Voglio un ufficiale in gamba che conosca bene il mestiere, che sappia organizzare e comandare al momento opportuno. Voglio un uomo sul quale poter fare pieno affidamento!".

Così si raccomandò ai suoi collaboratori il Generale appena eletto a quella prestigiosa carica. I suoi ufficiali si riunirono per consultarsi. Si fecero dei nomi, ma poi decisero di interpellare la "Matricola Ufficiale". Si scorsero decine e decine di nomi, ma alla fine si trovarono tutti d'accordo su un nominativo: il maggiore Gianfranco Chiti con alle spalle un brillante curriculum militare, decorato al valore, eccellente preparazione professionale, elevate capacità di comando, ottimo organizzatore, come più volte ebbe modo di dimostrare. Il nominativo venne sottoposto all'approvazione del Generale che, di fronte a quei precedenti, non ebbe difficoltà ad accettarlo e dispose subito affinché gli venisse presentato.

Il giorno dopo il maggiore Gianfranco Chiti venne annunciato al Generale che lo accolse subito calorosamente. "Maggiore Gianfranco Chiti, ai suoi ordini!" Il Generale non mancò di esternargli il suo apprezzamento per il suo passato e per le capacità più volte dimostrate, mentre lo osservava ammirato: il suo "aiutante" era un granatiere dal fisico alto e possente con numerose decorazioni sul petto. "Bene" ‑ concluse ‑ "sono lieto di averti con me, prendi subito servizio". Così dicendo lo licenziò, ma Chiti non si mosse, rimase rigido sull'attenti. "Che c'è ancora?" chiese il Generale. "Signor Generale ‑ rispose Chiti ‑ la ringrazio per l'onore e per la fiducia. Lei avrà in me un attivo e fedele collaboratore, ma ho il dovere di informarla che sono stato un combattente nella Repubblica Sociale Italiana". Il Generale sbarrò gli occhi, credette di non aver capito, restando con la bocca aperta, se lo fece ripetere. Chiti, impassibile, non ebbe difficoltà a ripeterlo. Si irrigidì meglio sull'attenti ed avendo cura di scandire le sillabe ripetè: "Signor Generale, io sono stato nella Repubblica Sociale Italiana!" disse con orgoglio. A questo punto il Generale si rese conto di aver ben
capito. Balzò in piedi col viso paonazzo mentre con la mano aperta cominciò a battere ripetutamente sulla pulsantiera piena di campanelli provocando un gran frastuono in tutto il piano a gran voce cominciò a gridare: "Fuoriiii! Fuori da qui!" mentre si precipitavano nella stanza tutti gli ufficiali attratti da quel fracasso e dalle grida dal Generale. "Cosa succede, signor Generale?" Ma questi non la smetteva di urlare: "Fuori da qui..." Poi, rivolto ai suoi ufficiali: "Voglio sapere chi me lo ha mandato costui, voglio subito il nome, e tu scompari dalla mia vista, esci subito e non farti più vedere". Era diventato cianotico, stava per venirgli un colpo quando esausto si accasciò sulla poltrona.

Gianfranco, per nulla scomposto, tornò al Reggimento alle sue funzioni di "Aiutante Maggiore". Non era vendicativo, lui francescano in pectore, ma pensò fra sé "deve venire il momento, forse un giorno...".

E quel giorno venne presto; si direbbe quasi... spontaneamente.

Il comandante del Reggimento, un vecchio colonnello prossimo alla pensione, un brav'uomo che si sentiva un po' il papà dei suoi granatieri, venne allontanato dal Reggimento per un incarico esterno non definito. Da quel momento assumeva il comando il suo "Aiutante Maggiore", Gianfranco Chiti, compito che, come suo stile, esercitò con il massimo impegno ottenendo eccellenti risultati. Ma il 24 aprile sera dal Ministero arrivò un ordine: "Domani il Reparto dovrà commemorare il 25 aprile! Alla fine della cerimonia comunicare l'eseguito". Significava che il comandante di reggimento, Chiti, in quel momento, doveva prendere la parola per esaltare quella data che significava: Resistenza, lotta di liberazione, ecc.Come poteva rifiutarsi? Come avrebbe potuto parlare di quel periodo senza offendere la memoria dei suoi ragazzi caduti al suo fianco? Come avrebbe potuto parlare contro quelli che erano i suoi sentimenti ed i suoi ideali per i quali aveva combattuto? Era giustamente orgoglioso di quel suo passato che non intendeva assolutamente rinnegare. Un grosso problema da risolvere in poche ore. Aiutato da un amico fedele, passò la notte a sfogliare libri ed enciclopedie e finalmente, alle prime luci dell'alba, trovò la soluzione.

A1 mattino il Reggimento sin dalle prime ore è pronto per la cerimonia, perfettamente inquadrato. Arrivano le autorità e dopo aver presentato la forza al comandante, si dà inizio alla celebrazione. Prende la parola Chiti mentre alle sue spalle certi ufficiali ‑ non propriamente amici ‑ sbirciano e commentano: "Lo hanno incastrato! Sarà costretto a rinnegare il suo passato e ad esaltare la guerra di liberazione! Vediamo come se la cava!".

Gianfranco ha percepito queste confabulazioni alle sue spalle e sicuro di sé pensa "alla fine vediamo chi se la ride". Parla, prende il discorso alla larga. Comincia a parlare delle glorie d'Italia e della sua storia. Si accorge che i giovani schierati lo seguono con attenzione e questo lo incoraggia a proseguire sul tema. Parla dell'ingegno degli italiani, popolo di grandi navigatori che hanno portato alla scoperta di nuovi mondi, di artisti di grande talento, autori di opere apprezzate in tutto il mondo, ed infine di scienziati e di inventori che con le loro scoperte hanno rivoluzionato radicalmente la vita degli uomini verso una nuova civiltà, portando onore e gloria alla nostra Patria. "Noi italiani dobbiamo essere fieri ed orgogliosi di tutto ciò ed in particolare di questa giornata, il 25 aprile" (qui sente un mormorio alle spalle: "ecco, ci è cascato, lo sta dicendo"). Ma lui senza scomporsi prosegue: "Perché oggi, 25 aprile, è una ricorrenza della quale noi italiani dobbiamo essere fieri. Il 25 aprile ricorre la nascita di un grande italiano, uno scienziato che è riuscito, attraverso l'etere a comunicare ed a riunire così i popoli di tutto il mondo con una grande invenzione: la radio. Quest'uomo si chiamava Guglielmo Marconi!". Quindi, rivoltosi ad un suo ufficiale: "Comunica subito al Ministero che abbiamo commemorato il 25 aprile". Poi, rivolto ad un altro: "Proseguire nella cerimonia secondo il programma; alla fine ordina il rompete le righe e disponi per un rancio speciale in onore di Guglielmo Marconi!"

Racconta Gianfranco: "Non passarono neanche dieci minuti che la notizia era già al Ministero, segnalata, evidentemente da... ignoti. Esplose come una bomba. Sembravano tutti fuori di testa. I centralini impazzivano, tutti correvano da una stanza all'altra per chiedere, per avere conferma di una cosa così inaudita. Ministro e Generali tempestavano di chiamate la Brigata per avere dettagli. In tutto quel trambusto, qualcuno che, ignaro, entrava al Ministero, chiese se era scoppiata la guerra. "E' uno che è stato nella Repubblica Sociale, un certo Gianfranco Chiti". "E voi date il Reggimento in mano al nemico?" strillò qualcuno. Il vec­chio Colonnello ‑ che era molto affezionato a Chiti ‑ venne subito fatto rientrare al Reggimento. Lo chiamò a rapporto e con la testa fra le mani (racconta Gianfranco ) si dispe­rava: "Figlio mio, figlio mio, che mi hai combinato!". Chiti rispose semplicemente che si era attenuto rigorosamente all'ordine di commemorare il 25 aprile, e che nell'ordine non si precisava quale 25 aprile bisognava commemorare. "Ma poi, signor Colonnello ‑ riprese ‑ ci pensa che se noi italia­ni non avessimo avuto quel grande genio che fu Marconi, oggi non avremmo la radio e tutto ciò che ne è derivato, e certamente staremmo ancora a comunicare con... segnali di fumo". "Basta, Chiti!" ‑ gli urlò il Colonnello. "Posso ap­prezzare il tuo passato, ma di quel passato i politici di oggi, i Generali, ed altri, non vogliono sentir parlare". "Signor Colonnello ‑ rispose Chiti ‑ lei sa benissimo che non avrei mai rinnegato i miei Caduti".
Ed il Colonnello non poté dargli torto.
Basco Grgioverde
Basco.Grigioverde@libero.it

2 commenti:

  1. Comandante dotato di grandi virtù. Sono onorato di averlo avuto come Comandante della Scuola Sottufficiali di Viterbo

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  2. 29° ASCO. GLI UNICI INSEGNAMENTI RIMASTI INDELEBILI NEL TEMPO LE SONO GRATO COMANDANTE.

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